Senti la differenza: il Dantian, la differenza culturale e la rimappatura sensoriale

Da Paul Bowman, Feel the Difference: The Dantian, Cultural Difference, and Sensory Remapping, 2024

Traduzione di Storti Enrico

Posizionamento dei tre Dantian. Il Dantian o Campo di Cinabro inferiore è contrassegnato con la lettera C.

Riassunto

Questo lavoro affronta il problema di lunga data della differenza culturale tra Est e Ovest: le diverse concezioni di anatomia e biologia tra la moderna medicina scientifica/“occidentale” e la medicina tradizionale cinese. Per fare ciò, il lavoro si concentra su un solo esempio di differenza: la nozione cinese di dantian (丹田). Questo non è presente nell’anatomia o nella biologia occidentale. Sorge quindi la domanda sulla sua esistenza oggettiva: se la scienza occidentale non è in grado di rilevarlo, cosa significa dire che esiste? Un occidentale che non abbia mai avuto una tale nozione deve credere nel dantian? Qual è la validità di questa convinzione? Molti approcci a tali questioni si rivolgono a dibattiti di fenomenologia, epistemologia, traduzione e studi religiosi. Tuttavia, questo lavoro propone invece un modo più diretto di procedere. Propone che tali differenze emergano e possano essere utilmente comprese in termini di specifiche mappe sensoriali e campi del corpo che vengono sviluppati da specifici esercizi, discipline o regimi di allenamento (quelle che il filosofo Peter Sloterdijk chiama pratiche antropotecniche).

Parole chiave: Dantian; Taijiquan; Qigong; Differenza culturale; Discorso; post-strutturalismo

Ringraziamenti

Un sincero ringraziamento a Daniel Mroz, Douglas Wile, Adam Frank e ai due revisori anonimi di questo lavoro.

Mappa dei Meridiani del Corpo Umano secondo la Medicina Tradizionale Cinese

Introduzione

La scienza moderna (‘occidentale’) non è in grado di individuare concetti fondamentali della fisiologia, biologia, medicina e arti marziali cinesi come il qi (氣), i meridiani (經絡/经络, jīngluò: rete di canali) e il dantian (丹田, anche dāntián, e occasionalmente dantien).[1] Quindi, i dibattiti sulla loro esistenza sono spesso educatamente (o scortesemente) spostati nei termini di “rispetto” per la “differenza culturale”. Tuttavia, sebbene il rispetto (o il suo contrario) sia certamente una possibile risposta etica alle questioni relative alla differenza culturale, non risolve le questioni fondamentali, in particolare le questioni relative alla realtà oggettiva. Che sia posta correttamente o meno, esiste una convinzione occidentale radicata e tenace nell’idea dell’univocità o singolarità della realtà (vale a dire, che esiste una sola realtà) e che la scienza moderna detiene il monopolio nello stabilire, verificare e parlare di ciò che l’unica realtà è. Ci sono molti nomi per questa convinzione. Lo chiamerò scientismo. Detto senza mezzi termini, quando si tratta del corpo umano, se la biologia occidentale non è in grado di rilevarlo, allora lo scientismo sostiene che non deve esistere.

Tuttavia, né la scienza né lo scientismo detengono il monopolio del discorso occidentale sulla conoscenza e sulla realtà. Ad esempio, la teoria culturale contemporanea in molti campi del mondo accademico ha spesso criticato sia la scienza che lo scientismo, studiando allo stesso tempo le questioni della “differenza culturale”. Campi come il post strutturalismo sono in realtà ben attrezzati per sostenere l’esistenza di realtà contestuali multiple, eterogenee. Quindi, laddove la scienza (o lo scientismo) è sposata al singolare o all’unitario, la teoria culturale contemporanea è molto più a suo agio nel pluralizzare, moltiplicare e relativizzare. Diversi filoni della teoria culturale post strutturalista, ad esempio, hanno a lungo insistito sull’inevitabile coesistenza di diversi “contesti discorsivi”, “regimi di verità”, epistemologie (o “epistemi”) e così via, ciascuno stabilito all’interno, attraverso e per diversi apparati di potere/conoscenza.

Torneremo su questo. In questo momento introduttivo, limitiamoci a notare che ciascun campo (scienza e post strutturalismo) ha le sue forme di evidenza: la scienza mette alla prova, misura e verifica. Il post strutturalismo studia le lotte storiche contingenti, politiche e spesso violente tra diversi discorsi di “verità”. Nella modernità, sono le forme di prova stabilite nella scienza, attraverso il metodo scientifico, ad avere il maggior peso. In altre parole, se la scienza occidentale non riesce a trovare un modo per “vedere”, rilevare, verificare e misurare l’esistenza di qualcosa, allora non si può facilmente dire che esista affatto.

Ciò ci porta al problema del dantian come luogo della differenza culturale tra Est e Ovest. Come osserva Phillip Beach a proposito della mappa cinese dei meridiani (經絡/经络, jīngluò: rete di canali) all’interno della quale il dantian inferiore è un punto:

La bio-scienza ha cercato invano i meridiani, che sono meticolosamente mappati. Studi anatomici dissettivi, scansioni di tomografia assiale computerizzata (TAC), scansioni di risonanza magnetica (MRI), scansioni di tomografia a emissione di positroni (PET), immagini termiche, marcatura radioattiva, microscopia elettronica a scansione e così via: l’armamentario completo delle moderne tecniche investigative mediche che abbiamo non è riuscito a dimostrare un substrato fisico simile al meridiano. Ci sono accenni a qualcosa di lontano (come oppiacei endogeni, eruzioni cutanee, alcuni risultati clinici positivi, avvolgimento fasciale da aghi, ecc.) ma, ad oggi, la bioscienza non è stata in grado di immaginare una comprensione contemporanea della complessa mappa dei meridiani.[2]

Pertanto, egli osserva che abbiamo una situazione paradossale in cui “i meridiani sono ora descritti con meticoloso riferimento all’anatomia occidentale ma anatomicamente non sembrano esistere” (154). Come dice lui: “La situazione è in qualche modo analoga all’uso delle erbe prima della farmacologia: le erbe “funzionavano” ma non si sapeva come lo facessero” (155). Quindi, quando si tratta del dantian, non siamo semplicemente di fronte ad una questione di differenza culturale. Sembra che ci troviamo di fronte a una sorta di impasse che Jean-François Lyotard ha definito “differend” – cioè una differenza apparentemente irrisolvibile tra due campi – qui, la moderna medicina occidentale, da un lato, e la medicina tradizionale cinese, dall’altro.[3] Questi due campi si basano su paradigmi che coinvolgono concettualizzazioni radicalmente diverse e apparentemente incommensurabili dell’entità anatomica dell’essere umano.

Ciò apre a un mondo di problemi concettuali e pragmatici così complessi che molte persone potrebbero giustamente sentirsi impreparate a commentare. Tuttavia, quelle stesse persone sono in grado di incontrare e impegnarsi in pratiche che sono intrise di visioni del mondo biologiche, ontologiche e cosmologiche cinesi, come il T’ai chi ch’üan (di seguito taijiquan 太极拳, spesso abbreviato in taiji 太极) o Chi-gung (氣功, di seguito qigong).[4] In tali pratiche, il dantian non solo si presume esista, ma è funzionale ed essenziale per il progresso. Per questo motivo, in quanto segue, voglio proporre che l’esperienza dell’apprendimento del taiji o del qigong possa essere considerata come un incontro interculturale incarnato, in cui le questioni della differenza culturale sorgono all’interno del corpo del praticante, a livello esperienziale, affettivo, concettuale. e livelli interpretativi. È un incontro interculturale anche se lo studente non lascia mai la propria città natale, non importa in quale parte del mondo si trovi, e anche se non incontra mai un cinese. Questo perché sono le sensazioni e le domande che sorgono sui loro significati a costituire la “zona di contatto” in cui, indipendentemente dalla geografia, si potrebbe dire che l’Oriente incontra l’Occidente, in forma somaestetica.[5] E queste pratiche ed esperienze non sono di nicchia.

Taijiquan e Qigong in occidente

Meridiani del Corpo e i Tre Dantian

Le pratiche marziali cinesi salutari (e talvolta presumibilmente “spirituali” o “mistiche”) del Taijiquan e del Qigong sono diventate sempre più familiari e popolari in Occidente, almeno a partire dagli anni ’60.  [6]  Sebbene la loro popolarità abbia avuto alti e bassi in relazione ad altri esercizi concorrenti, pratiche “spirituali”, marziali e di “benessere” offerti in un dato momento, hanno recentemente beneficiato dell’enorme crescita del discorso (in gran parte con accenti positivi) [7] intorno al fiorente concetti di ‘benessere’ e ‘consapevolezza’ in Occidente.[8] Insieme ad attività come la meditazione, lo yoga, il “disconnettersi” dalla tecnologia, il “nuoto selvaggio”, le passeggiate e l’esperienza della sensazione e degli effetti dello stare all’aria aperta, sia il Taiji che il Qigong hanno ricevuto pubblicazione e pubblicità positiva nei media occidentali negli ultimi anni. In questo clima, così ospitale verso quelle che oggi tendono a essere presentate come pratiche di “benessere”, sempre più persone hanno maggiori probabilità e sono più capaci di avere l’opportunità di provarle.

Naturalmente, la recente crescita del discorso sulla “consapevolezza” in Occidente è stata in gran parte sradicata o disarticolata da molte delle pratiche meditative dell’Asia meridionale e orientale da cui le forme occidentali contemporanee derivano molte delle loro tecniche.[9] La Mindfulness contemporanea viene spesso presentata come un approccio razionale, scientifico e universale per migliorare la salute e il benessere mentale, a cui si può accedere con il minimo sforzo e a un costo minimo, anche senza un insegnante, con metodi come il semplice download di app per smartphone come Headspace. [10] Le proprietà o i risultati del “benessere” delle pratiche contemporanee di consapevolezza sono spesso descritti oggi in termini derivati dall’anatomia, dalla fisiologia e dalla psicologia occidentale, piuttosto che dalla medicina tradizionale cinese. Pertanto, se confezionati come parte di un approccio generale di “consapevolezza”, piuttosto che come particolari pratiche asiatiche, termini come qi, meridiani e dantian tendono a essere minimizzati o rimossi. Al loro posto, è più probabile che il discorso contemporaneo sulla meditazione “consapevole” evochi entità come il sistema nervoso autonomo (simpatico e parasimpatico), il sistema immunitario e il nervo vago. Ciononostante, anche nelle loro forme di “pillole” più “occidentalizzate” o sradicate, le pratiche meditative e gli esercizi di respirazione rimangono così fortemente associati all’Asia (grazie all’eredità duratura dell’orientalismo occidentale), che anche forme totalmente secolari di consapevolezza possono diventare porte d’accesso verso ulteriori esplorazione e coinvolgimento più profondo con le tradizioni asiatiche, come l’ampia gamma di pranayama yogico o Qigong cinese.

Anche la pandemia globale di Covid-19 del 2020-21 ha catapultato pratiche come queste sotto i riflettori dell’attenzione pubblica, poiché si sono rivelate estremamente facili da presentare e commercializzare come ad azione rapida, compatte, prive di apparecchiature, portatili  [11], e attività di benessere e cura di sé facilmente apprendibili. [12] È stato ampiamente affermato che tali pratiche sono utili per migliorare l’umore e mantenere o ritrovare la salute – caratteristiche e benefici particolarmente ricercati in tempi di pandemia. [13] A volte sono state fatte affermazioni ancora più allettanti: sulla capacità di tali pratiche di “rafforzare” il sistema immunitario e di mitigare gli effetti o addirittura di scongiurare il Covid-19. [14] In altre parole, durante e dopo la pandemia di Covid-19, queste pratiche – che sono sempre state viste positivamente (spesso in modo romantico o mistico) dalla stampa occidentale e da altri media [15] – hanno ricevuto un aumento di popolarità.

Alla scoperta del Dantian

Il punto Qihai 气海 che corrisponde alla posizione in cui all’interno del corpo immaginiamo abbia sede il Dantian Inferiore 下丹田

Nell’impegnarsi in attività come il Taiji e il Qigong, i praticanti prima o poi vengono introdotti a termini come qi e dantian. Vengono raccontati e guidati o portati a sentirli nei loro corpi. In questo modo, il corpo del professionista diventa un luogo o un punto di sosta di un incontro interculturale del tipo più incarnato. In esso, l’occidentale “incontra” un elemento dell’anatomia specificamente cinese, ed è incoraggiato a ospitarlo, nel proprio corpo. Ciò può avvenire in isolamento concettuale, senza una panoramica esplicativa più ampia della struttura anatomica all’interno della quale si dice che il dantian sia un’entità. Oppure gli istruttori possono fornire (o gli studenti possono cercare) un quadro più ampio dell’anatomia, della fisiologia e della cosmologia cinese. [16] In questo modo, alcune differenze fondamentali tra l’“Occidente moderno” e la “Cina tradizionale” prendono forma nelle menti, nelle sensazioni, nelle esperienze e nelle interpretazioni dei praticanti occidentali di Taijiquan e Qigong. Si tratta di attività strutturate secondo i termini e le coordinate di un campo concettuale non occidentale. Ai praticanti viene regolarmente ingiunto, in molteplici modi, di accettare e utilizzare termini come qi, che non esistono nel discorso occidentale; o il dantian, che non è una parte riconosciuta del corpo umano in termini occidentali.

Sebbene il qi sia il fenomeno più conosciuto e discusso, mi occuperò qui solo del dantian. Ciò non è semplicemente dovuto al fatto che ci sono già molti contributi ai dibattiti sul qi. Piuttosto, è perché si dice che il dantian sia una cosa (sostantivo-entità) che rimane in un luogo specifico (posizione/’parte del corpo’). Inoltre, utilizzare il dantian come caso di studio presenta altri vantaggi rispetto al qi. Tanto per cominciare, il qi è un’entità o un processo di livello relativamente alto. È qualcosa che non ci si può aspettare che i principianti e anche i praticanti intermedi di Taiji e Qigong da diversi anni abbiano imparato a percepire, sperimentare o “tenere a portata di mano” (sia in termini sensoriali che concettuali). In quanto tale, il qi è in qualche modo rimosso dall’esperienza generale e non è così “disponibile” per essere localizzato, percepito e considerato. [17] Infine, il qi non è statico e quindi non necessariamente determinabile o “trovabile” in un luogo specifico in un momento specifico.

Il dantian, invece, è decisamente più accessibile. È un luogo o una parte del corpo. Non si muove o “circola”, come si dice che del qi. In effetti, puoi premere il dito sulla pelle in un punto preciso del corpo umano e dire “eccolo – è lì, proprio lì”. Inoltre, il “dantian inferiore” sarà probabilmente anche una delle prime cose nuove, non occidentali, che i praticanti di Taiji e Qigong saranno incoraggiati a imparare a “sentire” o a svilupparne consapevolezza. Si dice che questo dantian sia situato all’interno del corpo, sotto l’ombelico. A parte il discorso dei medici specialisti, ogni volta che le persone parlano del “dantian” si riferiscono più comunemente a quest’area del basso ventre. Quindi, questo è il dantian di cui discuteremo qui. [18]

Primo Contatto

Esercizio che si chiama “Immobili come un palo nella posizione del Cavaliere”

Fortunatamente, il dantian inferiore – o almeno il luogo in cui si dice che sia – è relativamente facile da imparare a “sentire”, sebbene richieda un addestramento costante e diligente. Dopo un periodo di allenamento, la sensazione fisica è relativamente accessibile. Ciò avviene anche se l’entità apparentemente sperimentata è completamente estranea alla biologia e alla fisiologia occidentale. Allora, cosa sta succedendo qui? Da un lato, se imparare a sentire il dantian è un processo che consente ai praticanti occidentali di arti marziali cinesi e Qigong di accedere a un’entità o fenomeno totalmente estraneo, che non richiede viaggio, ma nasce all’interno dei loro stessi corpi, allora questo è notevole. Ma, d’altro canto, esiste un’interpretazione alternativa: in questa, l’esperienza di “sentire il dantian” potrebbe semplicemente essere un tipo o un altro di misconoscimento e interpretazione errata, che emerge come il risultato di suggestione, proiezione, pio desiderio, “pregiudizio di conferma” (conferma delle convinzioni acquisite), fantasia o desiderio. E questa è la posta in gioco: è incontro interculturale o è pura fantasia? Per esplorare questo, riflettiamo su alcune delle pratiche di allenamento utilizzate per imparare a sentire il dantian.

Molte arti marziali cinesi addestrano deliberatamente i praticanti affinché siano in grado di sentire il proprio dantian. Ciò è particolarmente vero nelle pratiche “interne” come il Taiji, così chiamate per la loro intensa attenzione a questioni interne come la postura, il rilassamento, le sensazioni fisiche e il qi. I loro programmi includono forme di Qigong in piedi o posturale, combinate con “respirazione inversa”, “addominale” o “respirazione addominale”[19] per questo specifico scopo. Tuttavia, anche le cosiddette arti marziali cinesi “esterne” (come gli stili molto atletici di Wushu e Shaolin kung fu) spesso cercano di aumentare la consapevolezza del dantian – tipicamente come parte dell’allenamento preliminare. Lo fanno, ad esempio, obbligando gli studenti a mantenere posture statiche impegnative per lunghi periodi di tempo. Questa è più comunemente la “posizione del cavaliere”, che prevede di posizionare i piedi divaricati (“il doppio della larghezza delle spalle” è un’istruzione standard), le dita dei piedi puntate in avanti, le ginocchia che spingono delicatamente verso l’esterno (in modo che non collassino verso l’interno, il che indebolisce la postura e aumenta il rischio di autolesionismo), rimanendo quasi direttamente sopra i piedi, con la colonna vertebrale tenuta il più verticalmente possibile.

Ho “sentito” per la prima volta il mio dantian tra il 2003 e il 2004, mentre eseguivo uno degli otto movimenti della routine baduanjin. Baduanjin (八段錦) ha varie traduzioni, tra cui “Otto pezzi di broccato”, “Broccato a otto sezioni”, “Otto movimenti di seta” e “Otto tessiture di seta”. È una sequenza di otto movimenti, la maggior parte dei quali comportano lo stretching durante l’espirazione e il rilassamento durante l’inspirazione, ma due dei quali includono un elemento di “rimbalzo” (espirazione). Uno consiste nel “rimbalzare” sui talloni, sollevandosi sulle punte dei piedi durante l’inspirazione e rimbalzando numerose volte durante l’espirazione (“Far rimbalzare l’aria fuori” era l’istruzione). L’altro prevede l’adozione di una posizione del cavaliere medio-alta, inspirando mentre si è rilassato e “neutro” (con il peso centrato e la testa e i fianchi posizionati in modo naturale), ma poi inclinando sia la testa che i fianchi dallo stesso lato durante l’espirazione e facendoli rimbalzare simultaneamente. A questo esercizio viene data un’ampia gamma di nomi diversi; ma quando l’ho imparato, lo abbiamo chiamato “scuotere l’acqua dall’orecchio”, poiché l’angolo e l’azione della testa e del collo assomigliano un po’ a questo è ciò che il praticante sta cercando di fare. Tuttavia, il movimento di rimbalzo della testa è in realtà guidato dai fianchi, che scivolano lateralmente e ritmicamente dallo stesso lato. Cioè, quando la testa è inclinata a sinistra, anche l’anca “rimbalza” o “scivola” verso sinistra. L’esercizio non è esattamente un allungamento, anche se la colonna vertebrale viene leggermente allungata da un lato o dall’altro ad ogni ripetizione (un po’ come il modo in cui un arco si flette e si allunga quando l’arciere tende la corda). Ma, cosa più importante, il “rimbalzo” laterale dell’anca invia una lieve onda d’urto attraverso il corpo che allenta il collo e le aree dell’anca e della parte inferiore della colonna vertebrale. Il movimento quasi invariabilmente diverte i principianti (e gli spettatori), poiché sembra strano e assomiglia in qualche modo alla caricatura di un giovane Elvis Presley che balla.

Quinta parte del Baduanjin 八段锦 detta “Oscillare la Testa e Scuotere la Coda rimuove il fuoco dal cuore” 摇头摆尾去心火

È stato durante questo movimento che ho “sentito” per la prima volta il mio dantian. Dopo averlo sentito durante questo movimento, l’ho sentito presto anche durante gli altri movimenti della sequenza baduanjin, e poi anche durante la forma Taiji. Le componenti chiave del programma che stavo studiando a quel tempo erano il taijiquan (forma solista e lavoro in coppia), baduanjin, qigong in piedi (站桩, zhan zhuang) e choy lee fut (蔡李佛) kung fu. [20] Ho riferito questa nuova sensazione al mio istruttore, che mi ha indicato di passare alla posizione successiva nella componente di qigong in piedi del nostro programma. Tuttavia, dopo l’eccitazione iniziale, ho cominciato presto a chiedermi: cosa provavo esattamente? Sapevo che il dantian non esiste nella biologia, fisiologia o medicina occidentale, se non come una sorta di “importazione”. Il termine non è nemmeno usato nella traduzione – che sarebbe qualcosa come “campo di elisir”. Piuttosto, viene mantenuto nella sua forma cinese originale (anche se normalmente pronunciata male).

Il mio investimento nel taiji a quel tempo era senza dubbio alimentato da fantasie orientaliste – dal desiderio di accedere e imparare come “usare” forze o “energie” quasi occulte che si immaginava fossero, essenzialmente, poco diverse dalla magia. Ma anche allora oscillavo regolarmente tra l’entusiasmo orientalista e il cinismo secolare. Mi sono chiesto abbastanza velocemente: sentivo davvero qualcosa che esisteva davvero, chiamato dantian? Oppure stava succedendo qualcos’altro, forse qualcosa di meramente muscolare ma riconcepito come diversamente “interno” in un processo di autoillusione causato da un mix di suggestione, fantasia e desiderio? “Qual è lo status teorico del dantian?” è diventata la mia domanda.

Il modo in cui rispondiamo a questa domanda ha importanti implicazioni per la comprensione della differenza culturale. Ad esempio, l’ostinata insistenza sul fatto che esiste una realtà – e che è completamente ed esaurientemente mappata dalla scienza occidentale sembra inutile. Tali prospettive minacciano di sminuire o screditare tutto ciò che non è visualizzato o visualizzabile dallo sguardo scientifico nel suo attuale stadio di sviluppo. Tuttavia, l’alternativa simmetrica a questa – quella di un relativismo totalmente flessibile – sembra altrettanto insoddisfacente. Tra la chiusura miope e l’apertura acritica deve esserci una via di mezzo.

Nel cercare una via di mezzo tra le questioni relative alla differenza culturale, gli studiosi spesso si rivolgono alla critica della scienza e dell’epistemologia occidentale, oppure al campo della fenomenologia. Gli studi critici della scienza hanno in vari modi portato alla luce questioni come le caratteristiche contingenti, limitate e distorte della conoscenza scientifica, la sua connessione con il potere, il suo investimento spesso inconsapevole in valori ideologici e i suoi episodici cambiamenti di paradigma – che aiutano a comprendere rafforzano la tesi secondo cui forse la scienza occidentale non sa tutto. In combinazione con ciò, il campo della fenomenologia offre un panorama concettuale e un vocabolario in grado di comunicare e aggiungere peso a una comprensione della realtà più complessa rispetto al rozzo binario obiettivo/soggettivo o fatto/finzione.

Tuttavia, questo approccio in due fasi: 1) decostruire la scienza; 2) aumentare la complessità della realtà fenomenica – potrebbe non essere l’unica o addirittura la più efficace via. A volte questo approccio può sembrare contorto ed equivoco.[21] Di conseguenza, in quanto segue, voglio invece offrire un approccio diverso – uno che sia (per prendere in prestito una frase di Bruce Lee) “semplice e diretto”. [22] Questo non si basa né su una decostruzione della scienza occidentale, né scava troppo in profondità in quello che alcuni potrebbero trovare essere il linguaggio impenetrabile della fenomenologia. Tuttavia, rimane debitore e allineato a tale lavoro. Evitando tali fasi, spero che il mio approccio non venga accolto come ingenuo o ignorante rispetto ai contributi precedenti. Inoltre, se le persone trovassero la mia argomentazione ovvia, mi limiterei a chiedere perché non ho visto più approcci come il mio – approcci che forse possono “affermare l’ovvio”, ma che lo fanno per chiarire la situazione. Le alternative offerte sembrano richiedere o un tuffo nella complessità o restare bloccate, in un vicolo cieco. Per iniziare a fare un passo fuori da questa situazione, perseguiamo una questione pragmatica.

Cosa ci fai con un dantian?

Questo è il Neijing Tu 内经图 (diagramma dello scritto interno), da qualcuno tradotto come Immagine del Mondo Interiore, in cui è rappresentato anche il Dantian Inferiore


Cosa fanno le persone con i loro dantian? Questa non è la stessa domanda di “cosa fa un dantian?” La prima è pragmatica o pratica; il secondo, teorico-anatomico. La domanda su cosa fa chiede cosa sia il dantian all’interno di un sistema biologico anatomico. La questione di cosa ne fanno le persone riguarda le scelte abitative, performative, tecniche, gli obiettivi e le attività. Inseguire la domanda teorica o ontologica (“che cos’è?”) è certamente la strada più percorsa. Ma forse questa è la domanda sbagliata, una domanda che ci sentiamo obbligati a porre solo perché rimaniamo sotto l’influenza dell’eredità della metafisica occidentale e della sua fissazione sulle questioni dell’”essere”. Questa è una fissazione che potrebbe essere nata solo a causa del potente status del verbo “essere” nelle lingue occidentali, piuttosto che la questione definitiva del perché  “è”. Quindi, affrontiamo invece la questione pratica. Cosa fanno effettivamente le persone con i loro dantian?

A rischio di sembrare tautologico: la cosa fondamentale che certe persone devono “fare” con il dantian è imparare a sentirlo. Queste “certe persone” sono praticanti di arti marziali interne e pratiche sanitarie intrise di anatomia cinese. Una volta ottenuta la percezione, i praticanti imparano a incorporare quella sensazione in un nuovo tipo di mappatura sensoriale del corpo e ad aggiungerne la consapevolezza a determinate questioni tecniche di movimento e immobilità. Ai praticanti di taiji, qigong e altre arti marziali cinesi viene insegnato come praticare vari tipi di “lavoro interno” o neigong, come posture in piedi combinate con esercizi di respirazione concentrati sull’area, insieme a vari esercizi di stretching e movimento come gli otto allungamenti del baduanjin o le varie routine circolari del ‘bozzolo di seta’.

Nell’eseguire tali esercizi, ai praticanti viene chiesto di prestare attenzione a una gamma apparentemente in continua espansione (o sempre perfezionamento) di questioni posturali e respiratorie – ciò che mi è stato insegnato a chiamare “esame della postura”. Questi variano da stile a stile e persino da istruttore a istruttore. I manuali di Taiji e qigong sono pieni di istruzioni posturali e di respirazione, spesso combinate con riflessioni dettagliate su cosa prestare attenzione (buono e cattivo) e cosa evitare (giusto e sbagliato).

La grande domanda che si nasconde dietro il “cosa?” è il “perché?”. Perché, all’interno di quali pratiche e con quali scopi o scopi, a quali fini, le persone “hanno bisogno” di sentire il dantian? Per semplificare (ma giustificatamente), le ragioni più comuni per voler fare cose con il dantian si dividono in due campi principali – almeno nel mondo occidentale moderno. Il primo riguarda l’esecuzione delle tecniche di arti marziali. La seconda riguarda la salute e il benessere. E, naturalmente, questi due ambiti si sovrappongono.

Il Maestro Hao Shaoru 郝少如, del Taijiquan stile Wu 武式太极拳, mentre pratica le spinte con le mani con un suo allievo

Prendendo innanzitutto considerazioni combattive: alcuni, ma non tutti i praticanti del taiji vogliono (o arrivano a volerlo) impararlo “come arte marziale”. Questo è un obiettivo che, una volta decodificato, normalmente si riduce al voler praticare lo sparring del taiji formalizzato con un partner. Questo è noto come spinte con le mani (tui-shou: 推手). È una pratica che quasi tutti gli stili utilizzano per migliorare l’equilibrio (nel cercare di sbilanciare un avversario che sta cercando di sbilanciare te) e il radicamento (nel cercare di interrompere la connessione con il terreno di un avversario che sta cercando di fare lo stesso con te), insieme ad alcuni altri obiettivi, come ad esempio “ascoltare” (聽勁, tīng jìn: maggiore consapevolezza, cioè imparare a percepire i movimenti del proprio partner e le aree di tensione muscolare o flaccidità, attraverso il solo tocco), come “attaccarsi” ‘ (o mantenere il contatto e la connessione senza aumentare, diminuire o perdere pressione), come ‘cedere’ (o non resistere a una forza in arrivo, senza tuttavia scontrarsi con essa, pur mantenendo il contatto con essa), come ‘neutralizzare’ ( sia ingaggiando una forza inviata prima che venga effettivamente emessa, o permettendole di seguire il suo corso e svuotarsi senza atterrare, magari tramite una leggera deflessione o re-indirizzamento), e come “emettere forza” (applicando una tecnica correttamente, senza utilizzare uno sforzo muscolare localizzato, ma piuttosto un approccio rilassato e coordinato).

Si possono anche allenare i tuishou e gli esercizi formalizzati con il partner per imparare a trasformare specifici movimenti e posture della forma taiji in applicazioni di combattimento. In alcuni stili, o in alcune fasi, il Tui Shou è altamente formalizzato, limitato da regole e circoscritto. Tuttavia, altri stili e praticanti progrediscono verso forme di spinte con le mani più libere e meno vincolate alle regole, soprattutto se hanno interesse per l’autodifesa, la competizione o il combattimento. Ma, in linea con la filosofia più o meno daoista che di solito (a torto o a ragione) viene attribuita o proiettata sul taiji [23], anche l’allenamento nel tuishou è considerato una pratica pedagogica preziosa anche per coloro che non vogliono avvicinarsi al taiji cin quanto ‘arte marziale’. Questo perché il lavoro di coppia consente ai praticanti di ottenere una postura, un equilibrio, una mobilità, una propriocezione e un’interocezione più raffinati, che alimentano direttamente i miglioramenti nel proprio allenamento da solista, nella pratica della forma individuale o nell’arte complementare del qigong.

In questo tipo di approccio “marziale”, imparare (attraverso l’allenamento) a sentire il dantian è parte di una rimappatura sensoriale fondamentale, fondativa e in definitiva pragmatica del corpo. Essere in grado di sentire il proprio dantian è solo una di un’intera famiglia di forme di interocezione (o entrocezione) e propriocezione che possono tradursi nella capacità di “fare” meglio il taiji. Essere in grado di “sentire” il dantian è una parte di un insieme di considerazioni sulla postura (“interne” ed “esterne”), che si sommano tutte a quanto è buono il tuo taiji. Ad esempio, se si riceve una forza – sotto forma di un tipo o di un altro tipo e angolo di colpo, spinta o trazione (in avanti o all’indietro, da un lato o dall’altro, verso l’alto o verso il basso, o in combinazione) – è la capacità di rispondere in un grado e tipo appropriati (che non è né eccessivo né insufficiente in relazione alla forza dell’avversario) che determina se si viene scompaginati (colpiti o lanciati in un modo che rompe la connessione radicata con il terreno e distrugge la propria postura ) o se l’uno scompagina l’altro. In tutto questo, il posizionamento dei piedi, il posizionamento delle ginocchia, la distribuzione del peso, il radicamento, il peso affondato, la rilassatezza, i gomiti bassi e rilassati, l’allineamento della colonna vertebrale, il coccige, l’allineamento della testa e del collo, la sensazione di certe qualità di tensione e/o rilassatezza in diversi regioni del corpo (o quelli che Phillip Beach chiama campi contrattili) del corpo e molte altre “considerazioni” – anche la posizione del mento, della lingua e se si è tesi o meno sul viso o sulla fronte – giocano tutti un ruolo. Tutte queste questioni posturali possono essere apprese solo attraverso la pratica, imparando a sentire e analizzando diligentemente e consapevolmente molte volte, ogni giorno, finché non diventano una seconda natura, o effettivamente inconsce e automatiche.

D’altra parte, se si vuole imparare il taiji o il qigong solo per motivi di salute o benessere, allora imparare a sentire il dantian diventa ancora più cruciale per la rimappatura sensoriale necessaria per progredire in questa direzione. In tali approcci, l’enfasi viene spesso posta sul concetto di qi. Qui, il dantian è considerato sia come una sorta di serbatoio che come una delle tante stazioni o punti nella “circolazione” del qi nei suoi flussi attorno al corpo. Ancora una volta, tutto questo deve essere appreso anche dal corpo – e, più specificatamente, “sentito”. Infatti, ogni volta che la “salute” o la “longevità” sono le ragioni principali per voler praticare il taiji o il qigong, queste motivazioni alla fine richiedono un impegno molto più concertato – e una fede nei – termini e concetti della medicina tradizionale cinese.

In altre parole: quando ci si riferisce al dantian in relazione al “combattimento”, si tratta fondamentalmente solo di un buon punto del corpo che è possibile sentire per eseguire tecniche di combattimento. In termini grossolani, è più difficile sradicare o lanciare qualcuno il cui peso è consapevolmente ancorato alle gambe e al basso addome, e il dantian “è” il punto di congiunzione tra la parte superiore e inferiore del corpo. Allo stesso modo, per poter imparare come eseguire un lancio con il fianco, ad esempio, o come sferrare un potente pugno inverso, anche una forte consapevolezza cosciente di questa stessa area è estremamente vantaggiosa. A questo proposito, quando si tratta di acquisizione di abilità combattive, il dantian non deve essere considerato affatto un’entità distinta: è solo una regione del corpo in movimento, il corpo allenato nella pratica, che viene sentito e attivato sviluppando una specifica connessione tecnica mente-corpo. Infatti, il suo aspetto cosmologico e anzi ontologico è irrilevante. Proprio come un centro di gravità, o fulcro di una leva, esiste effettivamente all’interno e come momento tecnico o operazione meccanica dell’organismo vivente. Quindi, nel discorso pratico sulle arti marziali, non è necessario credere molto al dantian. Qui esiste principalmente in termini pragmatici funzionali. Ma nel discorso e nell’universo concettuale delle pratiche di salute e longevità, il dantian è una coordinata allenata e manipolabile sulla mappa mentale, somatica e somaestetica della circolazione del qi. È in questo ambito della pratica che è necessario credere, sentire e imparare molto sul Dantian. [24]

Illustrazione del Ren Mai 任脉

Come afferma Phillip Beach:

Il meridiano Dai Mai attraversa la linea mediana ventrale nella regione da Ren-6 a Ren-4. Questa regione ha un significato speciale nella cultura cinese. Il Dantian (o campo del Cinabro, o Hara) è il luogo in cui risiedono le energie più profonde ed è la fonte di ogni movimento. Ricordo, da studente di aikido, l’insegnante che ci implorava di spostarci dall’Hara, ma non avevo la minima idea del perché. Dal punto di vista del CF [25] questa è anche una regione speciale di profonda interazione biodinamica. […] La nostra posizione bipede necessita di un rafforzamento del pavimento pelvico che è associato ad un meccanismo per generare sollevamento viscerale. Inoltre, i reni sono associati ad un modello di distribuzione del dolore dai lombi all’inguine. Poiché metà del peso corporeo si trova sopra questa regione addominale inferiore e metà sotto, ora posso capire perché la parte inferiore dell’addome è stata scelta per una considerazione così speciale per quanto riguarda il movimento, sia interno che esterno. [26]

In altre parole, potresti dire: quando fai Taiji, allora hai un Dantian. O meglio, devi svilupparne uno. Durante una manifestazione fisica del Taiji, “avrai” un dantian così come “avrai” altre qualità della fisicità del Taiji (come rotondità, lentezza, affondamento, radicamento o leggerezza del corpo), e avrai tutte le queste cose simultaneamente dentro e attraverso e come pratica del taiji. In quanto tali, queste qualità sono più eventuali, tecniche e contestuali rispetto a entità fisse o stabili. Ma lo è anche il Taiji. Pertanto, anche nel Taiji, lo è anche il Dantian. puoi sentirlo solo a volte. Forse, come un pugno, ce l’hai sempre (che giace latente, come potenziale), ma ce la fai solo qualche volta. Un pugno, una posizione, un calcio, un’agilità o una certa postura: sono tutte cose che sicuramente “hai”, ma che non sempre ci sono e che altre volte sono semplicemente delle propensioni virtuali o immanenti. Tradotto nei termini anatomici interculturali offerti dal fisioterapista e agopuntore Phillip Beach:

Ecco il collegamento tra campi contrattili e meridiani. Con il modello di movimento del campo contrattile ho potuto vedere come una puntura di spillo susciterebbe un movimento dell’intero corpo. Sul corpo vivente emergono poi delle linee (cioè i meridiani) che, se pungenti o premute, susciteranno lo stesso schema di movimento di base. Poiché i meridiani emergono dall’intera forma vivente, non si troveranno su un cadavere. In sostanza, penso che i cinesi abbiano imparato a influenzare in modo prevedibile la sottile forma del corpo utilizzando uno schema tridimensionale di puntini di spillo. Forma e funzione danzano strettamente insieme. [27]

Trasformare l’Essenza in Evento

Il lavoro del bozzolo di seta 缠丝劲, immagine presa da Spiegazione Illustrata del Taijiquan stile Chen 陈氏太极拳图说

Friedrich Nietzsche una volta dichiarò: “non c’è “essere” dietro il fare, l’effettuare, il divenire; “l’autore” è semplicemente una finzione aggiunta all’azione”. [28] In questa linea di pensiero, l’identità non è mai un “essere” statico, ma sempre un “divenire” processuale. “Noi” non esistiamo come entità “dietro” i nostri atti. Diventiamo ciò che siamo in e attraverso e come ciò che facciamo. Questa linea di pensiero definisce uno degli impulsi “anti-essenzialisti” (Butler, Laclau) o antimetafisici (Derrida, Deleuze) nel pensiero post strutturalista che molti hanno utilizzato come un modo per allineare o allineare la teoria culturale moderna (o postmoderna). affinità con un filone di pensiero cinese – più comunemente il Daoismo. [29] Offre numerose vie come vie di fuga praticabili per uscire dall’impasse ontologica o epistemologica Est-Ovest che stiamo attualmente affrontando “metonimicamente”, nella nostra considerazione del dantian.

Come accennato in precedenza, quasi tutti i noti pensatori post strutturalisti potrebbero essere evocati qui. Le nozioni di Michel Foucault di regimi discorsivi di verità o epistemi contingenti e variabili offrono un modo per spiegare la differenza. [30] La caratterizzazione di Jacques Derrida degli stili di pensiero occidentali come fissati sull’essere unitario ne offre un’altra. [31] La decostruzione di Roland Barthes dell’idea di un “autore” come (se) un’entità che esiste al di fuori e indipendentemente dall’atto di scrivere riecheggia anche il sentimento processuale anti-essenzialista nietzscheano di cui sopra. [32] Ma, forse in maniera più forte, la linea di studio che va da Spinoza attraverso Deleuze, fino al post strutturalismo contemporaneo e alla teoria degli affetti, spesso rifiuta di rendere essenziali eventi e processi (“verbi”) in entità apparentemente fisse (“sostantivi”). [33] La situazione è stata riassunta bene una volta dalla teorica culturale Eve Kosofsky Sedgwick, che si è chiesta se fosse attratta dalla teoria post strutturalista perché così persuasa dalle filosofie anti-essenzialiste del buddismo, dello Zen e del taoismo, o se fosse attratta dalla filosofia anti-essenzialista -filosofie essenzialiste del Buddismo, dello Zen e del Taoismo perché era così convinta dalla teoria “costruzionista” del post strutturalismo. [34]

Un esempio meno immediatamente o ovviamente rilevante – ma profondamente connesso – è l’opera fondamentale di Judith Butler del 1990, Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity. (Problemi di genere: il femminismo e la sovversione dell’identità.) [35] Questo lavoro ha una tale importanza che oggi ha lo status di uno dei lavori più conosciuti e citati di frequente in tutti gli studi culturali, femministi, di genere e sull’identità. Tuttavia, Gender Trouble è più comunemente citato per sostenere il punto che il genere è un costrutto culturale – che la mascolinità e la femminilità o la mascolinità e la femminilità sono culturalmente variabili. Eppure, anche se questo argomento è il motivo più comune per citare Butler, non è neanche lontanamente l’affermazione più radicale fatta nel libro. Infatti, oltre a sostenere che il genere è un costrutto, Butler sostiene anche che il sesso biologico stesso è un costrutto culturale. Cioè, il “maschile” e il “femminile” della biologia (e non solo il “maschile” e il “femminile” della cultura) non sono semplicemente fenomeni oggettivamente esistenti del mondo. Sono categorie costruite all’interno, dal e del campo scientifico della biologia. La loro presunta obiettività è semplicemente il risultato dello sguardo scientifico.

Questo è un punto difficile da tenere sotto controllo. Ma forse è più facile per il discorso dell’opinione comune riuscire a gestire la questione oggi rispetto ai primi anni ’90, grazie a una crescente consapevolezza delle questioni “trans”. Questi a volte (ma non sempre) comportano un appello a un’identità non stabile e non binaria. Quindi, sebbene molte persone considerino ancora la questione trans come una questione di identità di genere piuttosto che di sesso biologico “oggettivo”, alla radice, la dimensione più radicale di questo discorso si riferisce al fatto che certe identità trans offrono una dimostrazione performativa dei modi in cui cui il binario ‘bianco/nero’ del sesso biologico non è adeguato alla loro realtà oggettiva.

Questo breve accenno alla decostruzione della scienza (a cui ho detto di non voler entrare) è pertinente qui per un paio di ragioni. Il primo è collegare la mia argomentazione ad altre argomentazioni consolidate e spesso accettate che circolano all’interno e attorno alla teoria culturale; e di conseguenza per mandare il messaggio che il lavoro svolto qui cerca di aggiungere qualcosa di ulteriore a questo campo. Un altro è preparare il terreno per le mie conclusioni dimostrando fino a che punto l’argomentazione che sto sostenendo non è in realtà così radicale, scioccante o controversa rispetto ad altre argomentazioni ben consolidate e rispettate.

Tuttavia, spero anche di aggiungere qualcosa – una dimensione che manca in gran parte del discorso post strutturalista: vale a dire, le implicazioni della dimensione antropotecnica – la dimensione dell’allenamento. Perché, in definitiva, la mia tesi qui è semplicemente che il dantian esiste solo se lo fai, che è creato da pratiche culturali, e che quindi il ponte tra le culture e il percorso per comprendere la differenza culturale non è né meramente né interamente linguistico, né neutrale o oggettivo, né una questione di “relativismo”; ma è fondamentalmente ciò che il filosofo Peter Sloterdijk chiama antropotecnico. [36] Antropotecnica è il termine di Sloterdijk per il modo in cui gli esseri umani sono fatti: attraverso pratiche di allenamento fisico, disciplina, esercizio. Sloterdijk sostiene che tutte le capacità culturali sorgono come risultato della formazione e che le prospettive che possono emergere e le abilità che possono svilupparsi attraverso la formazione non sono in alcun modo afferrabili o addirittura concettualizzabili da posizioni precedenti o esterne alla pratica.

Costruiscili e arriveranno

Concentrazione mentale nel Dantian 意守丹田. Immagine presa da 阴平阳秘养生桩

Dove Sloterdijk argomenta ‘in generale’, lo studioso di arti marziali Daniel Mroz sostiene un approccio alla comprensione delle arti marziali specificamente in linea con questa prospettiva. [37] Per quanto riguarda alcuni dei fenomeni apparentemente intrattabili e ‘intraducibili’ dalle tradizioni cinesi e altre asiatiche, Mroz decostruisce e riformula la questione ontologica della loro esistenza oggettiva riferendo la questione alla formazione. Sostiene che punti come il Dantian sono costruiti. Devi costruire queste cose. Non li “apri”, “sblocchi” o “accedi” ad essi, come magicamente – come se la “spinta” del tuo desiderio alla fine costringa l’universo o la divinità a “cedere” e ad aprirti la porta. Piuttosto, li costruisci attraverso regimi di esercizi regolari e specifici che si concentrano su aree, campi, sensazioni, effetti e influenze specifici. Questi regimi sono sempre forme di lavoro posturale mente-corpo, respiro, concentrazione, immaginazione e visualizzazione.

Questo riferimento all’immaginazione e alla visualizzazione non vuol dire che gli effetti e le influenze siano immaginari. Come spesso ci ricordano molteplici letterature accademiche (che abbracciano tutto, dalla postura alla politica), non si può dire che esistano molte cose molto reali finché non se ne ha coscienza. In effetti, la coscienza è ciò che li “crea”; con la crescente consapevolezza che li rafforza. Consideriamo, ad esempio, lo sfruttamento o l’“esperienza delle donne”. Come disse Donna Haraway negli anni ’80: in realtà furono gli stessi movimenti internazionali delle donne a costruire l’“esperienza delle donne” – qualcosa che divenne un “oggetto collettivo cruciale” del femminismo. Eppure, questa “esperienza è una finzione e un fatto del tipo politico più cruciale”. [38] I teorici politici Ernesto Laclau e Chantal Mouffe hanno sostenuto lo stesso riguardo alla cruciale categoria marxista dello sfruttamento. Non esiste una misura, un momento o un grado oggettivo in cui si possa affermare che lo sfruttamento esista. Se i lavoratori accettano i termini del loro impiego, allora esistono solo rapporti di gerarchia e subordinazione concordati contrattualmente. Ma nel momento in cui i lavoratori decidono di essere sfruttati e si mobilitano di conseguenza, allora vengono sfruttati. [39] Lo sfruttamento come esperienza è sia un fatto che una sorta di finzione. È un costrutto, tuttavia sperimentato e vissuto come reale, ed è reale nella misura in cui è un’interpretazione consapevolmente appresa della situazione.

Vari punti importanti. In corrispondenza del Dantian Mediano, sulla schiena notiamo Jiabeiguan 夹脊关

Il lavoro di allenamento del taijiquan e del qigong costruisce sia la consapevolezza che l’efficacia dei punti chiave. Tuttavia, questo lavoro di costruzione non è tanto simile allo sviluppo di un muscolo quanto allo sviluppo, ad esempio, della capacità di stare su una gamba sola, camminare su una corda o fare il giocoliere. In effetti, la costruzione della consapevolezza di alcuni punti dei meridiani viene talvolta raggiunta attraverso lo sviluppo di abilità come l’equilibrio o la “leggerezza”: imparare ad “affondare il peso” (fino al dantian inferiore e al di sotto di esso) può migliorare significativamente il proprio equilibrio. ; combinando questo con la consapevolezza di un punto nella parte centrale della schiena (jiā jí guān, 夾脊關) si può aggiungere a questo una qualità di movimento chiamata “leggerezza del corpo”.

Facendo riferimento all’argomentazione di Phillip Beach secondo cui l’anatomia umana può essere pienamente compresa solo in termini di logiche e dinamiche di movimento e riposo imposte materialmente, il processo di allenamento può essere pensato come un tipo specifico di intervento della coscienza in ciò che egli chiama  “linee emergenti di controllo della forma” del corpo. [40]

“Linee emergenti di controllo della forma” è il suo termine per ciò che, secondo lui, è la mappa dei meridiani cinesi. L’anatomia occidentale, sostiene, è stata a lungo, sia metodologicamente che concettualmente, dominata dal primato dello studio dissezionato dei cadaveri. Tuttavia, i cadaveri non posseggono tutte le qualità e quindi le dimensioni oggettive dei corpi viventi. Fondamentalmente, osserva Beach: “sul corpo vivente emergono linee (cioè meridiani) […] che, se pungenti o premute, susciteranno lo stesso schema di movimento di base. Poiché i meridiani emergono dall’intera forma vivente, non si troveranno su un cadavere’ (5). Per Beach, i meridiani e i punti riflettono il movimento e le strutture di risposta al dolore, i campi di forza contrattile e le aree chiave e le relazioni all’interno e in relazione a tali campi. [41]

Nelle sue discussioni, Beach fa occasionalmente riferimento alle arti marziali, anche se principalmente in termini di logica e dinamica dei modelli di risposta al movimento del corpo, come illustrato dagli effetti di tecniche come le leve dei polsi. Questi, sostiene, sono prevedibili in modi che illustrano esattamente ciò che i meridiani mappano. Tuttavia, non prende in considerazione l’impegno attivo dei meridiani e dei punti chiave come il dantian nell’allenamento del qigong, o i riferimenti fatti ai meridiani e alle aree come il dantian nell’allenamento del taijiquan. Ma la mappatura attiva e reciprocamente rafforzante del corpo in termini di tali punti chiave è cruciale, specifica, particolare e forse anche singolare o unica per queste pratiche culturali.

Fusione Interculturale

Pagina di un libro legato al tempio Shaolin che contiene incantesimi

È importante notare l’unicità e la specificità al fine di evitare o correggere una forma comune di fusione interculturale. Vale a dire: è abbastanza comune per le persone confondere i punti e i processi nominati in una tradizione con quelli di un’altra. Ad esempio, i dantian e il qi della medicina cinese e delle arti marziali vengono spesso fusi o equiparati a quelli di altre tradizioni, come i chakra e il prana dello yoga indiano, come se fossero la stessa cosa. Ma questo è un errore. Mroz sostiene che questo tipo di fusione tende a verificarsi quando le diverse tradizioni antropotecniche vengono viste in quella che lui chiama “bassa risoluzione”. Le prospettive a bassa risoluzione sono quelle prodotte attraverso la mancanza di esperienza diretta o di comprensione delle diverse pratiche e campi. Tuttavia, se osservati con una “risoluzione più elevata”, suggerisce, diventa presto chiaro che prana e qi, punti dei meridiani e chakra sono in realtà diversi e riflettono diverse cosmologie, ontologie e le loro corrispondenti ortodossie e ortoprassie. Al contrario, le prospettive “ad alta risoluzione”, suggerisce, sono quelle informate dall’esperienza fisica prolungata dell’allenamento in una, nell’altra o in più tradizioni diverse, in modi supportati, rinforzati o reciprocamente costituiti da e attraverso un’adeguata conoscenza operativa dei loro campi concettuali.

La pratica del qigong produce esperienze, risultati ed effetti completamente diversi dalle esperienze e dagli effetti prodotti dal kundalini yoga; proprio come l’allenamento nel powerlifting produce esperienze, risultati ed effetti completamente diversi rispetto all’allenamento nel bodybuilding o nel cross-fit – e certamente effetti molto diversi rispetto all’allenamento nella corsa su lunga distanza. Questo perché ogni pratica è letteralmente – o meglio, fisicamente – molto diversa, e ciascuna fa riferimento, attiva e costruisce mappe concettuali e sensoriali del corpo estremamente diverse, ognuna lavorando verso fini diversi. Attraverso le tradizioni antropotecniche, i professionisti sono addestrati a “cercare”, sentire e fare cose completamente diverse.

L’impegno (occidentale) con diverse pratiche culturali di (ri)mappatura sensoriale è spesso espresso in termini religiosi, mistici o spirituali. Mroz lo descrive come la convinzione che “tutti i sentieri portano alla vetta della montagna”. In altre parole, le prospettive a “bassa risoluzione” (spesso occidentali), che appiattiscono, collegano e fondono diverse mappature affettive del corpo attraverso tutte le più conosciute tradizioni “mistiche” orientali, è una versione di ciò che Sophia Rose Arjana chiama “orientalismo confuso”. [42] Inoltre, è anche una forma di religionismo, in quanto interpreta tutte le forme di insolita esperienza somaestetica come prova di un qualche tipo di incontro con l’una o l’altra versione del (singolare) divino. Tale universalismo interpretativo a “bassa risoluzione”, non importa quanto New Age o controculturale, rimane tuttavia una forma di universalismo latentemente cristiano, che cerca e trova “un vero dio” ovunque.

Naturalmente, la risposta più cinica o scientista a tutto ciò sarebbe quella di interpretare tutte le diverse esperienze nelle diverse discipline antropotecniche in termini di un universalismo psicologico scientista, che considererebbe tutte le esperienze potenzialmente equivalenti in tutte le tradizioni del mondo come versioni e varianti di esperienze equivalenti non oggettive e puramente psicologiche (immaginario del qua). (Come molti hanno notato, tra cui Adorno, Horkheimer e Derrida: nel pensiero occidentale, l’“ebbrezza” allucinatoria è stata a lungo associata all’“Oriente” e alle sue pratiche.) [43]

Entrambe queste alternative sono ugualmente insoddisfacenti. Possiamo evitare di cadere nel religionismo universalista o nello psicologismo scientista se teniamo conto della duplice possibilità che qualcosa di specifico stia accadendo escludendo allo stesso tempo la possibilità che ciò implichi un contatto con il divino. Ciò richiede di mantenere la visione secondo cui non siamo né immersi nella pura fantasia o nell’ebbrezza dell’auto illusione, né siamo realmente in un viaggio spirituale che ci permetterà di accedere, comunicare e avere un incontro incarnato diretto con l’essenza spirituale dell’universo. Se mettiamo tra parentesi tutte le varianti di queste due interpretazioni uguali e opposte, allora saremo più in grado di chiarire le differenze tra pratiche e tradizioni e di vederle per quello che sono:

regimi di formazione antropotecnica che mappano diversamente un territorio per costruire e fare lì cose completamente diverse.

Conclusione: fare differenza culturale in modo diverso

Una tale posizione può essere accusata di nichilismo, da un lato, o di mancanza di rispetto culturale, dall’altro. Tuttavia, vorrei contrastare tali critiche con la proposta che comprendere queste venerabili pratiche provenienti da diverse tradizioni asiatiche come modi specifici e precisi di creare, sia rispettoso e abilitante. Ci offre un punto di ingresso in pratiche eterogenee che in modo vario e dinamico potrebbero permetterci di vedere, sentire, pensare, essere e fare più di quanto potremmo altrimenti. La formazione in essi può permetterci di incontrare altre culture e altre abilità in altri modi: nel nostro corpo, nel nostro respiro, sul nostro polso. Potrebbe permetterci di contenere moltitudini: di imparare più cose su più tradizioni in più modi di quanto altri approcci potrebbero consentire.

Naturalmente, il rischio insito nel tentativo di investire nelle potenzialità di numerosi sistemi di formazione antropotecnici culturali è che l’eterogeneità o la promiscuità formativa potrebbero portare al dilettantismo – e, peggio, al dilettantismo consumistico – o a quel tipo cliché di turismo controculturale in cui i “cercatori spirituali” occidentali ‘, come dicono Palmer e Siegler, ‘progresso attraverso una serie di tecniche disparate che vanno dal reiki allo sciamanesimo e dal tai chi alla Kabbalah’ in modi che mostrano una ‘sorprendente uniformità e standardizzazione’. [44]

In termini pragmatici: il tentativo di “fare troppo” può sempre essere considerato la fonte del raggiungimento di “troppo poco”. Il tentativo di coprire un numero eccessivo di pratiche può sempre essere considerato una ragione per non riuscire a coprirne abbastanza.

Naturalmente, è improbabile che la questione “quanti siano troppi” venga mai risolta. Allo stesso modo, la questione se il coinvolgimento di qualcuno in questa o quella pratica culturale sia “consumista” o “autentico” sarà sempre un campo minato concettuale. Quasi tutto comporta investimenti finanziari e/o ricompense; e la determinazione dell’“autenticità” è essa stessa, nella migliore delle ipotesi, una struttura contingente e contestuale del sentimento, e molto spesso un significante fluttuante altamente mobile. L’autenticità è principalmente una questione di esperienza e di gusto. [45]

Ciò che Sloterdijk chiama “antropotecnica” è ciò che produce abilità: sensoriali, affettive, tecniche, pratiche. In altre parole, piuttosto che immaginare che la differenza culturale tra Oriente e Occidente dipenda dall’accesso al soprannaturale rispetto allo scientismo cieco, è più appropriato affrontare la questione in termini di pratiche incarnate e di mappe sensoriali che producono.

Se non lo facciamo, noi (forse gli occidentali in particolare, forse tutti noi) siamo condannati a vivere nella ripetizione del gesto, cliché controculturale di spostare “Dio” da ovest a est, semplicemente per riscoprire “lui” in una guisa differente – trasformandolo da un vecchio uomo bianco con la barba sdraiato su una nuvola in un vecchietto cinese che fa taiji [46] o in un guru dalla pelle scura seduto nella posizione del loto. [47]

Note e Bibliografia

[1] Phillip Beach, ‘Decoding the Chinese Meridial Map’, in Muscles and Meridians (United Kingdom: Elsevier Health Sciences, 2010), 154.

[2] Beach, 154.

[3] On the differend (un libro che in realtà non tratta della differenza culturale Est-Ovest, vedi Jean-François Lyotard, The Differend: Phrases in Dispute (Manchester: Manchester University Press, 1988). Per un’efficace discussione iniziale su quella che potremmo chiamare la differenza tra la medicina occidentale e quella cinese, vedere Joseph Heath and Andrew Potter, The Rebel Sell: How the Counterculture Became Consumer Culture (Chichester: Capstone, 2006).

[4] Come spiega David Palmer: “È possibile impegnarsi in un’ontologia pragmatica senza conoscere un’ontologia concettuale associata, ed è possibile parlare di un’ontologia concettuale senza impegnarsi in modo pragmatico. Ad esempio, praticare il taijiquan significa trasformare il proprio corpo in un’espressione ed esperienza della cosmologia cinese. Tuttavia, per farlo non è necessaria alcuna conoscenza intellettuale di questa cosmologia. Al contrario, la cosmologia daoista è radicata in un’esperienza specifica del corpo. Molte persone hanno una conoscenza intellettuale della filosofia daoista, senza averla mai praticata o sperimentata in modo incarnato”. David A. Palmer, ‘Isomorphism, Syncretism, and Poly-Ontological Dynamics: The Implications of Chinese Religion for Covenantal Pluralism’, in The Routledge Handbook of Religious Literacy, Pluralism, and Global Engagement, 1st ed., vol. 1 (Routledge, 2022), 124, https://doi.org/10.4324/9781003036555-11. Ringrazio Daniel Mroz che mi ha segnalato quest’opera.

[5] Sul concetto interculturale di “zona di contatto” si veda Mary Louise Pratt, ‘Arts of the Contact Zone’, Profession, no. 91 (1991): 33–40.

[6] Si veda: Alexandra Ryan, ‘Globalisation and the “Internal Alchemy” in Chinese Martial Arts: The Transmission of Taijiquan to Britain’, East Asian Science, Technology and Society: An International Journal 2, no. 4 (2008): 525–43, https://doi.org/10.1215/s12280-009-9073-x; Adam Frank, Taijiquan and the Search for the Little Old Chinese Man: Understanding Identity Through Martial Arts (Palgrave Macmillan, 2006); The Professor: Tai Chi’s Journey West, 2016.

[7] I concetti di salute, benessere e consapevolezza sono presentati come indiscutibilmente positivi in sé e per sé, sebbene esista un numero crescente di collegamenti tra alcune convinzioni sul benessere e lo scivolamento nell’ideologia delle teorie del complotto. Vedi, per esempio: Derek Beres, Matthew Remski, and Julian Walker, Conspirituality: How New Age Conspiracy Theories Became a Health Threat (New York: Public Affairs, 2023); Sirin Kale, ‘Chakras, Crystals and Conspiracy Theories: How the Wellness Industry Turned Its Back on Covid Science’, The Guardian, 11 November 2021, sec. World news, https://www.theguardian.com/world/2021/nov/11/injecting-poison-will-never-make-you-healthy-how-the-wellness-industry-turned-its-back-on-covid-science; Richard Sprenger et al., ‘Has Wellness Become a Gateway to Conspiracy? A Sceptic’s Guide to the Industry – Video’, The Guardian, 21 November 2022, sec. Life and style, https://www.theguardian.com/lifeandstyle/video/2022/nov/21/has-wellness-become-a-gateway-to-conspiracy-a-sceptics-guide-to-the-industry; Eva Wiseman, ‘The Dark Side of Wellness: The Overlap between Spiritual Thinking and Far-Right Conspiracies’, The Observer, 17 October 2021, sec. Life and style, https://www.theguardian.com/lifeandstyle/2021/oct/17/eva-wiseman-conspirituality-the-dark-side-of-wellness-how-it-all-got-so-toxic.

[8] È emerso un vasto corpus di ricerche sul tema della consapevolezza, sulle sue pratiche, sugli effetti e sulla relazione con una serie di ideologie. Vedi, ad esempio: Steven Stanley, ‘Mindfulness’ (Springer, 2014), http://orca.cf.ac.uk/88005/.

[9] Peter Doran, ‘Mindfulness Is Just Buddhism Sold to You by Neoliberals | The Independent | The Independent’, The Independent, 25 February 2018, https://www.independent.co.uk/life-style/health-and-families/healthy-living/mindfulness-sells-buddhist-meditation-teachings-neoliberalism-attention-economy-a8225676.html; Catherine Wikholm and Miguel Farias, ‘Mindfulness Has Lost Its Buddhist Roots, and It May Not Be Doing You Good’, The Conversation, accessed 15 November 2016, http://theconversation.com/mindfulness-has-lost-its-buddhist-roots-and-it-may-not-be-doing-you-good-42526.

[10] Headspace è stato addirittura scelto strategicamente per dare a coloro che lavorano in molte università di tutto il mondo libero accesso alle sue funzionalità, a condizione che le persone che lo utilizzano diventino partecipanti a uno studio che cerchi di elaborare i vantaggi di Headspace. Il potere retorico e semiotico di un simile studio per il branding e il marketing dell’app è chiaro.

[11] Vedi al proposito: David A Palmer and Elijah Siegler, Dream Trippers: Global Daoism and the Predicament of Modern Spirituality (University of Chicago Press, 2017); Thomas J. Csordas, ‘Introduction: Modalities of Transnational Transcendence’, in Transnational Transcendence: Essays on Religion and Globalization, ed. Thomas J. Csordas (Berkeley: University of California Press, 2009), 1–30.

[12] vedi: Paul Bowman, Izzati Aziz, and Xiujie Ma, ‘Translating Tai Chi and Transforming Qigong in British Media Culture’, East Asian Journal of Popular Culture 9, no. 2 (2023): 173–90, https://doi.org/10.1386/eapc_00106_1.

[13] ‘Chinese Doctor in Hazmat Suit Teaches Coronavirus Patients Tai Chi to Help Them Exercise | Daily Mail Online’, 02 2020, https://www.dailymail.co.uk/news/article-8003703/Doctor-hazmat-suit-teaches-coronavirus-patients-Tai-Chi-help-exercise-quarantine.html.

[14] Sfortunatamente, quindi, a causa di tali speranze nei poteri preventivi, curativi e riparatori degli approcci “naturali” come il “pensiero positivo” e l’attingere alla saggezza delle antiche tradizioni olistiche, prospettive e pratiche di consapevolezza, benessere e regimi sanitari “alternativi” sono stati anche trascinati nell’orbita dei discorsi “anti-vax” e “anti-Big Pharma” – o del nuovo ibrido tra spiritualità occidentale e teoria del complotto, o ciò che ora viene chiamata “cospiritualità”. Charlotte Ward and David Voas, ‘The Emergence of Conspirituality’, Journal of Contemporary Religion 26, no. 1 (1 January 2011): 103–21, https://doi.org/10.1080/13537903.2011.539846; Beres, Remski, and Walker, Conspirituality: How New Age Conspiracy Theories Became a Health Threat; Wiseman, ‘The Dark Side of Wellness’.

[15] La rappresentazione mediatica estremamente popolare del taiji nel contesto del Regno Unito è descritta dettagliatamente in Paul Bowman, The Invention of Martial Arts: Popular Culture Between Asia and America (Oxford and New York: Oxford University Press, 2021). Vedi anche: Bowman, Aziz, and Ma, ‘Translating Tai Chi and Transforming Qigong in British Media Culture’.

[16] Nei miei studi, i miei istruttori tendevano a introdurre termini particolari – come qi, jin o shen – o posizioni del corpo – come il dantian o il meridiano yongquan – isolatamente, uno alla volta, e solo quando pertinente. ad un certo stadio della formazione.

[17] Daniel Mroz non è d’accordo con me su questo punto, sostenendo che in certi contesti si dice che siano necessari solo 100 giorni di pratica quotidiana di 40 minuti per iniziare a sentire il qi. Tuttavia, suggerirei che ci vuole un tempo considerevole per riuscire ad avvicinarsi a qualcosa come 100 giorni consecutivi di pratica del qigong di 40 minuti. Alla fine, però, forse questa differenza o disaccordo si riduce alle specificità dei diversi programmi. Nella scuola in cui ho studiato, si progrediva attraverso diverse fasi della forma taiji (quadrato, rotondo, continuo, lento, alto/basso, leggero), e ciò non sarebbe avvenuto fino a quando l’allenamento non avesse raggiunto il livello “lento” (qualcosa che richiedeva molti mesi o più). anche anni) prima che le “sensazioni” generate dall’allenamento di lentezza potessero essere direttamente collegate a quelle del qigong.

[18] Le pratiche “interne” come il taiji e il qigong identificano in realtà tre dantian, ciascuno situato in un punto diverso del corpo (testa, petto e parte inferiore della pancia). Ma tendono a fare riferimento più regolarmente a quello che viene chiamato dantian inferiore. (La distinzione tra arti marziali “interne” ed “esterne” è spesso problematica. Tuttavia, è utile in questa discussione nella misura in cui pratiche come il taiji sono caratterizzate da preoccupazioni per entità “interne” come il qi e il dantian.)

[19] In questa pratica, la parte inferiore della pancia viene contratta durante l’inspirazione, in un modo che viene utilizzato per “tirare” l’aria nel corpo. Durante l’espirazione, i muscoli leggermente più alti della pancia vengono utilizzati per massaggiare delicatamente l’aria.

[20] Studiavo in quella che allora veniva chiamata Associazione Yongquan Tai Chi Chuan, il cui nome fu successivamente cambiato in Associazione Yongquan per le arti marziali, per riflettere la gamma più ampia di stili praticati. Il mio istruttore era Graham Barlow. Sono diventato un istruttore certificato nel 2006, ma un catastrofico infortunio alla caviglia nel 2009 alla fine ha ostacolato i miei progressi successivi.

[21] vedi per esempio: Peter Skafish, ‘Equivocations of the Body and Cosmic Arts: An Experiment in Polyrealism’, Angelaki : Journal of Theoretical Humanities 25, no. 4 (2020): 135–48, https://doi.org/10.1080/0969725X.2020.1790845.

[22] Bruce Lee, ‘Liberate Yourself from Classical Karate’, Black Belt Magazine, 1971.

[23] Vedi al proposito: Douglas Wile, Lost T’ai Chi Classics of the Late Ch’ing Dynasty (New York: State University of New York, 1996).

[24] Esistono diversi altri motivi possibili per voler allenarsi in questo modo e per cercare o imparare queste cose: taiji e qigong sono associati a varie forme di pratiche di salute e benessere, medicina terapeutica e complementare, meditazione e consapevolezza, ognuna delle quali può essere più o meno connessa o separata dalle credenze “orientali” in fenomeni come il dantian, il qi e così via.

[25] CF sta per “campo contrattile”. Questo è il termine con cui Beach definisce la sua teoria dell’anatomia del movimento umano: “Il modello CF esplora il modello innato trovato nel sistema neuromuscolare umano. Sulla base di un’analisi del movimento dei vertebrati, ho identificato il numero minimo di CF interattivi necessari per i modelli di movimento umano primari. Beach, ‘Decoding the Chinese Meridial Map’, 2.

[26] Beach, 182–83.

[27] Beach, 5.

[28] Friedrich Nietzsche, On the Genealogy of Morals (Penguin, 2013), 33.

[29] David Hall, ‘Modern China and the Postmodern West’, in Culture and Modernity: East-West Philosophic Perspectives, ed. Eliot Deutsch (Hawaii: University of Hawaii Press, 1991), 50–70. Eve Kosofsky Sedgwick, Touching Feeling: Affect, Pedagogy, Performativity (Durham and London: Duke, 2003).

[30] Michel Foucault, Discipline and Punish: The Birth of the Prison (New York: Pantheon Books, 1977); Michel Foucault, The Order of Things: An Archaeology of the Human Sciences (London: Tavistock Publications, 1970).

[31] Jacques Derrida, Of Grammatology, trans. Gayatri Chakravorty Spivak (Baltimore ; London: Johns Hopkins University Press, 1976).

[32] Roland Barthes, Image, Music, Text, trans. Stephen Heath (London: Fontana, 1977).

[33] Gilles Deleuze, Dialogues, European Perspectives Series (New York: Columbia University Press, 1987).

[34] Sedgwick, Touching Feeling: Affect, Pedagogy, Performativity.

[35] Judith Butler, Gender Trouble : Feminism and the Subversion of Identity (New York ; London: Routledge, 1990).

[36] Peter Sloterdijk, You Must Change Your Life: On Anthropotechnics, trans. Wieland Hoban (London: Polity, 2013).

[37] Mroz sta attualmente lavorando a una monografia per la Cardiff University Press che tratta l’argomento in dettaglio. Ho potuto vedere le prime bozze dei suoi capitoli. Sono debitore al suo pensiero in ciò che segue e per quanto riguarda i contorni generali della mia argomentazione nel corso di questo lavoro. Vedi anche il suo episodio podcast per il podcast The Martial Arts Studies, del 20 novembre 2023. Questo episodio è disponibile come video sul canale YouTube di The Martial Arts Studies: https://www.youtube.com/watch?v=0rrbQsdTxD4&list=PLywv_DP-EcGaB2h_dPop3ozM8r2MzjSWX&index=164&t=193s. È disponibile anche come podcast audio: https://open.spotify.com/episode/3AexQC7n8BE4PkvwK6YfMD?si=O3wE-fQqRZyG_kjLzivW6g

[38] Donna Haraway, ‘A Cyborg Manifesto: Science, Technology, and Socialist Feminism in the Late Twentieth Century’, in Simians, Cyborgs and Women: The Reinvention of Nature (New York: Routledge, 1991), 149. La mia enfasi.

[39] Ernesto Laclau and Chantal Mouffe, Hegemony and Socialist Strategy: Towards a Radical Democratic Politics (London: Verso, 1985).

[40] Phillip Beach, Muscles and Meridians: The Manipulation of Shape, 1st ed. (London: Elsevier Health Sciences, 2010), 5, 59, https://doi.org/10.1016/C2009-0-38569-4.

[41] Beach, 155–83.

[42] Arjana, Buying Buddha, Selling Rumi.

[43] Vedi: Theodor W. Adorno and Max Horkheimer, Dialectic of Enlightenment, 2nd ed. (Verso, 1986), Odysseus or Myth and Enlightenment; Jacques Derrida and Elisabeth Weber, Points - : interviews, 1974-1994 (Stanford, Calif.: Stanford University Press, 1995), ‘The Rhetoric of Drugs’.

[44] Palmer and Siegler, Dream Trippers: Global Daoism and the Predicament of Modern Spirituality, 97.

[45] Jonathan Culler, ‘The Semiotics of Tourism’, in Framing the Sign: Criticism and Its Institutions (Oklahoma: University of Oklahoma Press, 1990), 1–10; Heath and Potter, The Rebel Sell.

[46] Prendo in prestito questa immagine direttamente da Frank, Taijiquan and the Search for the Little Old Chinese Man.

[47] Jane Naomi Iwamura, Virtual Orientalism: Asian Religions and American Popular Culture (New York ; Oxford: Oxford University Press, 2011).

Il “Maestro nazionale di Taijiquan” Wu Tunan ha effettivamente falsificato! Tutto, dall’età alla eredità marziale, è falso…

Articolo di Mengya Yule, dal titolo “太极国手”吴图南竟然也造假!从年龄到传承都是假的…, del 20.11.2018

Traduzione di Storti Enrico

Nota del Traduttore: questo articolo è interessante ai fini della mistificazione a cui sono state sottoposte le arti marziali in maniera spesso premeditata. Chiaramente l’autore fornisce alcune fonti. Per altre cose, come il giudizio su Yang Shaohou si lascia andare a considerazioni personali. Ringrazio il Maestro Smolari Fabio per avermi segnalato l’articolo.

Wu Tunan può essere definito “Maestro nazionale del Taiji”. Visse fino a 105 anni. La sua maestria nel Taiji era una combinazione dei grandi conseguimenti di Wu Jianquan, il fondatore del Taiji stile Wu, e di Yang Shaohou, il maestro “mille mani di Guanyin” 千手观音 di terza generazione dello Stile Yang. Egli è stato un personaggio di spicco del mondo del Guoshu molti decenni or sono.

Sfortunatamente, per qualche ragione, sia l’età di Wu Tunan, sia il suo livello che la sua eredità di studio marziale sono state “abbellite”.. Per dirla senza mezzi termini, sono stati falsificati.

Questo è l’attestato di partecipazione al primo Guokao che si tenne nel 1928 in cui è scritto che Wu Tunan in quel momento aveva 26 anni (perciò sarebbe nato nel 1902)

Sì, Wu Tunan ha manipolato la sua età di nascita. Ha detto di essere nato nel 1884, ma in realtà è nato nel 1902. Le prove sono certamente abbondanti. Innanzitutto partecipò al primo esame nazionale di arti marziali nel 1928 e superò solo l’esame preliminare. Il certificato dell’esame attesta che è nato nel 1902. In secondo luogo, il genero di Wu Jianquan, Ma Yueliang, una volta disse: Wu Gongyi, il figlio maggiore di Wu Jianquan, e Wu Tunan, sono nati quasi nello stesso anno. Ma Yueliang e Wu Gongyi sono nati nel 1901. Se Wu Tunan è nato nel 1884, è possibile?
Naturalmente è impossibile, quindi questa affermazione conferma che la certificazione dell’esame nazionale di arti marziali di quel momento era corretta. Non c’è dubbio che Wu Tunan sia nato nel 1902. In altre parole, Wu Tunan visse fino a 87 anni, non 105.

Wu Tunan, da un suo libro sul Taijiquan del 1931

Ma la domanda è: perché Wu Tunan ha mentito sulla sua età, dicendo di essere “nato” 18 anni prima?

Ciò comporta un’altra sua falsificazione: il motivo per cui voleva falsificare la sua età era quello di falsificare anche la storia del suo apprendistato, perché così poteva essere stato apprendista non solo di Wu Jianquan, ma anche di Yang Shaohou.

Yang Shaohou è un maestro di terza generazione di Taiji stile Yang. Il suo kung fu è stato insegnato personalmente da suo zio Yang Banhou, detto “Yang l’Invincibile” 杨无敌. È il maestro più puro di Tajiquan di terza generazione, di cui si racconta che battesse tutti tra “Heng e Ha” 哼哈, che quindi era il prescelto del Taijiquan in quel momento.

Certo, il kung fu di Yang Shaohou era molto migliore di quello di Wu Jianquan, ma sfortunatamente insegnava il pugilato alla vecchia maniera, quindi non ci furono molti discepoli, e ancora meno imparano l’essenza. Quindi, se vuoleva arrampicarsi sul grande albero di Yang Shaohou e raggiungerne “ragionevolmente” l’eredità, Wu Tunan doveva ovviamente fingere di avere l’età giusta…

Pertanto, è stata messa in scena una commedia [l’articolo usa 戏剧, cioè Dramma Teatrale] , Wu Tunan ha prima detto di aver imparato il Taijiquan con Wu Jianquan per 8 anni, e poi di essere andato da Yang Shaohou per ulteriori studi. Dopo una pratica di circa 4 anni, Yang Shaohou avrebbe detto: la tua maestria è completa, non ho più nulla da insegnarti, vattene…

Ciò che Wu Tunan vuole dire è molto semplice, il suo livello di Taijiquan è stato riconosciuto da Yang Shaohou, e alla fine, ha raccolto i grandi conseguimenti di Yang e Wu ed è diventato “Maestro Nazionale del Taiji”.

La vera trasmissione marziale è un casino, la maestria di Taijiquan di Wu Tunan era ovviamente molto buona, e poteva anche essere definito con il titolo di “maestro nazionale”, ma il requisito più elementare di integrità non è stato soddisfatto……

Altre letture consigliate

Il problema della verifica storica nelle arti marziali cinesi

Misteriosamente la Lapide di Guo Yunshen non Menziona lo Xingyiquan

Immagine della stele apparsa in un articolo su WeChat del 2016

Articolo in Cinese di Sun Changjiang 孙长江; Presidente dell’Associazione Hengshui Wushu, ottavo duan di arti marziali cinesi.

Foto per gentile concessione di: Wei Zhenguo 魏振国, Kang Zengduo 康增铎, Wu Zong 武踪 , altre foto prese da WeChat

Traduzione Storti Enrico

Il manoscritto è diviso in 6 paragrafi sulla base di informazioni dettagliate di prima mano.


(1) il Maestro Li Ziming ha ordinato la ricerca, 

(2) Sun Changjiang e altri hanno scavato per la prima volta,


(3) Tutti i colleghi hanno lavorato insieme per scoprirlo,

(4) Dopo ventotto anni di colpi di scena,


(5) Di nuovo in piedi nel 2015,

(6) Le riflessioni storiche e i misteri a proposito della lapide;

Altra immagine del 2016 in WeChat


Questo scritto racconta la storia di come la lapide del maestro Guo Yunshen, generazione di Xingyi, che è un tesoro storico e culturale delle arti marziali, fu trattata come i “Quattro Vecchiumi” 四旧, trasformata in spazzatura, usata per rinforzare una chiusa dei canali , sepolta sottoterra, lasciata sdraiata e dimenticata, all’aria aperta, spostata nella polvere, ripetutamente abbandonata, ecc. Allo stesso tempo, solleva quattro domande a proposito dell’iscrizione sulla lapide di Guo Yunshen.

Basandosi sull’esperienza personale e su ciò che ha visto e sentito, l’autore ora raccoglie in un documento gli alti e bassi di 28 anni della lapide originale di Guo Yunshen, il grande maestro dello Xingyiquan: fu sepolta sotto terra, portata alla luce, riscoperta, abbandonata molte volte, e ricostruita, per tutti coloro che la possono apprezzare.

1.L’insegnante Li Ziming ha ordinato di fare ricerche

Il 7 luglio 1987, il maestro Li Ziming 李子鸣 ci ha inviato una lettera da Pechino (una fotocopia della lettera è allegata all’articolo), con due foto di Che Yizhai 车毅斋 e Guo Yunshen 郭云深 e ci ha incaricato di andare alla stele di pietra della tomba di Guo Yunshen a controllare le date di nascita e di morte di Guo Yunshen. Sono andato immediatamente al Comitato sportivo del distretto di Hengshui 衡水(la prefettura e la città non si erano ancora unite, quindi l’Ufficio sportivo si chiamava Comitato sportivo) e ho parlato con Ma Youlu 马有录, il capo del gruppo responsabile del lavoro sulle arti marziali. Ma all’epoca era il vice segretario generale dell’Associazione Wushu di Hebei e vicepresidente dell’Associazione Wushu del distretto di Hengshui). Ma ha poi riferito ai capi del comitato sportivo, che hanno preso la cosa sul serio. Essi hanno inviato Ma Youlu e Wang Runtian 王润田 a lavorare con me per cercare la lapide di Guo Yunshen nella contea di Shen 深县. Da quel momento in poi, sotto la guida dell’insegnante Li Ziming, il silenzio di oltre 20 anni in cui si nascondeva la lapide di una generazione di maestri Xingyi fu rotto e iniziò la grande impresa di cercare e riportare alla luce la lapide di Guo Yunshen.

Lettera di Li Ziming che ordinava di cercare la stele di Guo Yunshen

2. Sun Changjiang e altri hanno scavato per la prima volta

Nel pomeriggio del 21 luglio, il Maestro Song della mia stessa unità guidò un’auto Lada Xiaojiao e portò me, Ma Youlu, Wang Runtian e Meng Zhenkun 孟振坤 nella contea di Shen per indagare. Liu Xiling 刘西岭, capo sezione del gruppo del comitato sportivo della contea di Shenxian, ci ha organizzato la visita alla casa ancestrale di Guo Yunshen nel villaggio di Dong’an 东安庄, nell’insediamento rurale a Ximazhuang  e alla casa ancestrale di Wang Xiangzhai nel villaggio Weilin 魏林村per cercare la lapide di Guo Yunshen e indagare sulle date di nascita e morte di Guo Yunshen. Per prima cosa siamo andati al villaggio di Dong’anzhuang, la città natale di Guo Yunshen. I discendenti di quinta generazione del signor Guo, Guo Wanzhang 郭万章 (73 anni all’epoca), Guo Wanyuan 郭万元 (più di 70 anni all’epoca), Guo Heixiao 郭黑宵 (più di 50 anni all’epoca) e altri ci hanno fatto sapere che la lapide del signor Guo è stata abbattuta nei primi giorni della “Rivoluzione Culturale”. Le lapidi abbattute durante la “Distruzione dei Quattro Vecchiumi” furono utilizzate per costruire una chiusa del canale. Successivamente, la chiusa del canale fu abbandonata e, quando il terreno fu sgombrato per la costruzione di terreni agricoli, la lapide fu sepolta sotto terra e la sua ubicazione è sconosciuta. A causa del passare del tempo, nessuno di loro riusciva a ricordare il luogo esatto in cui fu sepolta la lapide. Non abbiamo avuto altra scelta che scavare e cercare in due o tre luoghi in base ai possibili luoghi di sepoltura identificati da Guo Wanzhang e altri in base ai loro vaghi ricordi, ma della lapide non è stata trovata alcuna traccia. Sebbene la lapide non sia stata trovata, gli scavi di Sun Changjiang e degli altri hanno dato inizio e innescato successivi scavi dei membri del clan Guo e della sua sciola, per trovare la lapide.

Sebbene la lapide non sia stata trovata, Guo Wanzhang e altri ci hanno descritto i loro ricordi sulla lapide. Hanno raccontato nella parte anteriore della stele in alto erano scritti i quattro piccoli caratteri “Maestro di Pugilato”  e sotto i sette grandi caratteri  “Tomba del signor Guo Yunshen”. Anche il vecchio pugile Song Zhihong 宋志红 ha detto la stessa cosa. Poi siamo andati al villaggio Ximazhuang, dove si trovava la casa del suocero di Guo Yunshen. Questo è anche il luogo in cui Guo Yunshen ha vissuto a lungo, su Balilu 八里路, a ovest della città di Shenzhou. Nel villaggio di Ximazhuang abbiamo incontrato Li Zhanma 李占马, il figlio dell’amato discepolo di Guo Yunshen, Li Bao 李豹. Li Zhanma ci ha detto: Il suocero del signor Guo era del villaggio di Ximazhuang e poiché suo suocero non aveva discendenti, Guo si stabilì nel villaggio di Ximazhuang. Morì di vecchiaia in quel villaggio e suo padre, Li Bao, portò il suo feretro a Dong’an. Sfortunatamente, non è riuscito a stabilire le date specifiche di nascita e morte di Guo Yunshen. Siamo anche andati al villaggio di Weilin, la casa ancestrale di Wang Xiangzhai, e abbiamo intervistato il vecchio pugile Yuan Laoyi 袁老一 (più di 70 anni all’epoca). il maestro di Yuan Laoyi era Ma Yuenan 马跃南, a sua volta allievo di  Li Peiyuan 李培元 (Kuiyuan 魁元) e anche un tempo di Guo Yunshen. Abbiamo cercato di capire attraverso di lui le date di nascita e di morte del signor Guo, ma senza successo. Ha detto solo che Guo Yunshen non aveva figli nella sua vita, ma aveva adottato un figlio adi nome Guo Yuan 郭园, che fu ucciso. C’era una ragazza che si sposò in Xiaoxijie 小西街nella contea di Shenxian e imparò lo Xingyiquan. Anche il vecchio pugile Song Zhihong ha detto la stessa cosa.

3. Molti compagni unirono le forze per riportarla alla luce

Nel 1993 e nel 1994, il personale competente del Comitato sportivo della contea di Shen e dell’Associazione Wushu era guidato da Wei Zhenguo 魏振国, direttore del Comitato sportivo, e con l’aiuto entusiasta degli abitanti del villaggio di Dong’anzhuang, trovarono la posizione approssimativa della chiusa del canale. La gente scavò una fossa profonda più di un metro. Song Guangyin 宋广印,  discendente di quarta generazione di Guo Yunshen, ha fatto dei carotaggi con dei trapani. All’improvviso Song Guangyin ha gridato che c’era qualcosa di duro sotto. Gli abitanti del villaggio Guo Qiuchang 郭秋长, Guo Daquan 郭大圈, Guo Heishui 郭黑水, Guo Wanzhang 郭万章, Kang Bingju 康炳居, Kang Bingxun 康炳训, Kang Ruhuai 康汝怀 e altri raccolsero picconi e pale e scavarono con forza, e presto trovarono una pietra. Song Guangyin saltò nella fossa e strappò via il terreno con le mani, rivelando un bassorilievo di pietra che raffigurava il dio della longevità 老寿星. Disse con entusiasmo: non ci possono essere errori, questo è il monumento del signor Guo. Perché Song Guangyin ricorda ancora chiaramente una dio barbuto della longevità inciso sul retro della stele di pietra del signor Guo. Tutti hanno lavorato insieme per portare alla luce la lapide del signor Guo Yunshen, che era rimasta sepolta sotto terra per decenni. Questo prezioso tesoro storico e culturale delle arti marziali poté finalmente essere recuperato e riportato alla luce. A quel tempo, Wei Zhenguo 魏振国, Zhang Yulin 张玉林 e diversi importanti discendenti della famiglia Guo scattarono foto insieme nel luogo in cui fu portata alla luce la lapide (le foto scattate in quel momento sono allegate). Il sito di scavo della lapide di Guo Yunshen ha fatto emergere informazioni storiche estremamente preziose.

La lapide originale di Guo Yunshen giaceva sul terreno aperto coperto di foglie, erbacce e immondizia

4. Ventotto anni di colpi di scena

Immagine del nuovo padiglione presa da un articolo di WeChat del 23.06.2016

La lapide di Guo Yunshen, un prezioso tesoro storico e culturale delle arti marziali, è rimasta nascosta sotto terra per più di 20 anni, dal 1987, quando Sun Changjiang e altri scavarono la prima pala di terra per trovare la lapide, fino al 2015, quando Zhao Zhongye. e altri ricostruirono il padiglione ed eressero il monumento. Un viaggio difficile e tortuoso durato 28 anni. Alla fine, la lapide di Guo Yunshen, un prezioso tesoro storico e culturale delle arti marziali, fu portata alla luce e tornò in piedi. Spetta alle generazioni future rendere omaggio all’impegno di costoro e ricordare le loro virtù.

Per comprendere a fondo i dettagli di questo viaggio difficile e tortuoso e per ottenere informazioni di prima mano, l’autore ha successivamente intervistato Xu Jianchao 徐建超, il capo sezione dell’Ufficio per l’educazione e lo sport di Shenzhou, il vecchio pugile Song Guangyin, il discendente di quarta generazione di Guo Yunshen e l’ex comitato sportivo di Shenxian, l’ospite del direttore dello scavo della lapide Wei Zhenguo, il segretario della sezione di Dong’anzhuang Kang Mingyue, Kang Bingxun (75 anni), l’unico partecipante vivente allo scavo della lapide, Kang Zengduo 康增铎 (più di 60 anni), figlio di Kang Bingju (deceduto), un partecipante allo scavo della lapide e altri.

La mattina del 10 gennaio 2018, sono andato al villaggio Xiwu 西午村 a Shenzhou per intervistare il vecchio pugile Song Guangyin, successore di quarta generazione di Guo Yunshen (co-intervistatori Sun Yongsheng 孙永生e Zhao Yuquan 赵玉泉). Disse: “La situazione riguardo allo scavo della lapide di Guo Yunshen era che lui personalmente aveva aveva effettuato carotaggi, presso la chiusa del canale nel sud del villaggio di Dong’an con un trapano da latterizi facendo emergere la stele. A quel tempo, dozzine di persone vennero per partecipare all’attività di scavo della lapide. Alcune persone come Wei Zhenguo, all’epoca direttore del Comitato sportivo di Shenxian, guidarono personalmente lo scavo della lapide. La fossa fu scavata a più di 1 metro di profondità. Successivamente fu recuperata dall’esterno del villaggio Yangwo 羊窝村 e ricostruita in un monumento nel villaggio di Dong’anzhuang Oltre alle persone che hanno inciso l’iscrizione sul padiglione della stele, Chen Hua 陈华, che era stato il direttore dell’ufficio di pubblica sicurezza, ha partecipato all’erezione della lapide .”

Il 17 e 18 gennaio 2018 ( co-intervistatori Han Fenghai韩凤海 e Sun Yongsheng), al mattino sono state condotte due interviste a Wei Zhenguo, il conduttore dello scavo della lapide ed ex direttore del Comitato sportivo della contea di Shen. Wei Zhenguo, alto 1,8 metri e con una figura imponente, ci ha accolto calorosamente nella sua residenza a Lijing Mingyuan 丽景名苑. Sebbene avesse già 81 anni, il suo aspetto non è né piegato né incurvato e il suo corpo è dritto e forte. Questo vecchio forte e possente, dal viso e dal cuore gentile ha una mente veloce e una memoria forte, e la sua conversazione è elegante e amabile. Ci ha raccontato in modo obiettivo e approfondito lo scavo delle lapidi da lui condotto e altre situazioni correlate. Ha detto: “Il periodo in cui la lapide fu escavata fu intorno al 1993 o 1994. Io andai in pensione nel 1995, e fu portata alla luce un anno o due prima del mio pensionamento. A quel tempo, una persona di nome Tian 田 era nell’Ufficio Culturale e Storico o Ufficio umanistico del comitato del partito della contea. Tian era un calligrafo e voleva scrivere di Li Laoneng 李老能; lo scrittore originario di Hengshui aveva scritto di Ma Chun 马春di Heilonggang, e voleva anche scrivere di Li Laoneng dello Xingyiquan, ma necessitava di troppo tempo ed era troppo lontano per fare ricerche, perciò lo indirizzò su Guo Yunshen. A quel tempo, anche diversi fratelli giurati di Song Guangyin volevano trovare la lapide di Guo Yunshen. Conducemmo un’indagine sulla situazione della stele di Guo, a cui partecipò Zhang Yulin 张玉林 che era il presidente dell’Associazione Marziale. La gente nel villaggio di Dong’anzhuang ha riferito che la stele era stata utilizzata per riparare la chiusa del canale. Nel villaggio ho trovato la persona che ha condotto le riparazioni del canale, e cercando in molti luoghi possibili alla fine l’ho trovata veramente. Dopo averla escavata, inizialmente la tavoletta di pietra fu messa nel corridoio dell’Ufficio del Comitato Sportivo. Mi sembra ricordare che qualcuno venne da Pechino per fare una riproduzione dell’iscrizione. Più tardi, Zhang Yulin divenne il direttore del comitato sportivo, e quando il comitato sportivo originale fu smantellato e spostato, Zhang Yulin ottenne di trasferirla nel cortile dell’istituto di protezione culturale (in allegato c’è una foto della lapide conservata nel cortile del centro di protezione culturale). In seguito fu trascinata a Yangwu, ma invece di erigerla nuovamente, fu gettata a terra e lasciata lì sdraiata. La gente di Dong’anzhuang nottetempo l’ha portata via da Yangwu”. Il vecchio espresse l’idea di voler preservare la scena dello scavo in cui fu portata alla luce la stele dandoci delle fotografie di gruppo di coloro che avevano partecipato agli scavi.

Il 31 gennaio 2018, accompagnati da Han Guangtai 韩广泰, il direttore della palestra di arti marziali di Taihe 泰和, siamo andati al villaggio di Dong’an per visitare il segretario della sezione di villaggio Kang Mingyue, Kang Bingxun ( 75 anni) e i partecipanti allo scavo delle lapidi, Kang Bingju (deceduto), il figlio Kang Zengduo (all’epoca più di 60 anni) e altri. Hanno fornito informazioni rilevanti che erano sostanzialmente coerenti con ciò che hanno detto Song Guangyin e Wei Zhenguo. Kang Zengduo si ritirò dalla Cooperativa di fornitura e marketing di Shenxian ed era bravo in calligrafia. Aveva alcune qualità culturali, era gentile e amichevole con gli altri ed era serio e meticoloso nel gestire le cose. Ha trovato per noi tre foto accuratamente conservate di suo padre Kang Bingju, che ha scattato una foto di gruppo nel sito quando è stata scavata la lapide, affinché potessimo riprodurle.

当年发现郭老墓碑时留影

5. Di Nuovo Eretta nel 2015

Nel 2015, Zhao Zhongye 赵中业, Chen Xuejie 陈学杰, Luo Shuangli 骆双力, Song Guangyin 宋广印, Zhao Pingtuo 赵平托 e altri parenti del clan Guo, i discendenti della famiglia Guo e il comitato del villaggio di Dong’anzhuang hanno lavorato insieme per ricostruire la lapide di Guo Yunshen nel villaggio di Dong’anzhuang. La lapide di Guo Yunshen, un prezioso tesoro storico e culturale delle arti marziali, è stata completata ed è stata posta di nuovo davanti al mondo, dando un contributo immortale. Il padiglione della stele di nuova costruzione riporta: “Guo Yunshen 1820-1900, da giovane prese Li Luoneng come suo insegnante. Ri-eretta per opera del comitato del villaggio Dong’an, assieme ai membri del Clan Guo e a Song Guangyin 宋广印 e Zhao Pingtuo 赵平托 membri della scuola Xingyi dello stile Guo, dopo diversi colpi di scena per ritrovare la lapide al di fuori del villaggio di Yangwo. Zhao Zhongye 赵中业, Chen Xuejie 陈学杰, Luo Shuangli 骆双力”.
Essi hanno dato un contributo importante allo sviluppo delle arti marziali nella città di Hengshui nell’area di Shenzhou, e alla promozione e allo sviluppo dello Xingyiquan e delle arti marziali cinesi. Dovremmo ricordare queste persone che hanno compiuto sforzi e si sono impegnati per ricostruire la lapide di Guo Yunshen. Sono esempi di rispetto degli insegnanti e di rispetto della moralità e sono modelli della promozione e lo sviluppo della causa dello Xingyiquan.

Il padiglione della lapide ricostruito al villaggio Dong’an nel 2015
Nuova lapide eretta a Yangwu

6. Riflessioni e misteri sulla storia delle lapidi

形意同门重立郭老墓碑

Agli albori della Rivoluzione Culturale, la gente considerava la lapide di Guo Yunshen come le “quattro vecchie” scorie feudali, e la usò come normale lastra di pietra per costruire chiuse del canale, per poi abbandonarla e seppellirla sottoterra per 30 anni. Sebbene in seguito sia stata conservata in un centro di conservazione culturale, era ancora lì per terra. Fu lasciata sul terreno nel cortile all’aperto, esposta al vento, al gelo, al sole e alla pioggia e poi fu lasciata tra la polvere del villaggio. È davvero triste e disdicevole. Mi sento triste e dispiaciuto, e mi sento triste dopo averne sofferto. Il motivo per cui la lapide di Guo Yunshen, un prezioso tesoro storico e culturale delle arti marziali, è stato trattato così freddamente e devastato in ogni modo possibile non è altro che la tendenza estrema dell’ideologia, l’ignoranza e l’indifferenza, che hanno portato alla distruzione del tesoro, considerato come “quattro vecchiumi”, ridotta in feccia, usata per costruire chiuse di canali e sepolta sottoterra, dissepolta senza farne un buon uso , lasciata alla mercè degli elementi naturali, ecc. Dovremmo trarne insegnamenti profondi. Non si può permettere che le tragedie storiche si ripetano.

Sebbene la lapide sia stata ricollocata, ci sono ancora diverse questioni piene di mistero e meritevoli di studio e discussione approfonditi.

  • Guo Yunshen è un maestro di Xingyiquan famoso in tutto il mondo per il suo pugno che colpisce infrangendosi in mezzo passo 半步崩拳打, tecnica dello Xingyiquan. Perché non c’è nemmeno una parola sullo Xingyiquan nella sua iscrizione? Nella sua iscrizione, ci sono quattro riferimenti all’esperienza di pugilato che ha imparato, ma tutti questi riportano che la scuola di pugilato praticata da Guo Yunshen era Yue Wumu Yiquan 岳武穆义拳 (pugilato giusto di Yue Wumu [1]). I quattro punti nell’iscrizione la descrivono in questo modo: “‘… Ha fatto alcuni viaggi per trovare insegnanti, visitare amici e fare amicizia ovunque a Yannan 燕南 [2] ottenendo di esaminare profondamente il manuale del Pugilato Giusto delle Sei Combinazioni di Yue Wumu, afferrando il profondo mistero del Pugilato Giusto’, ‘…ha fatto sì che il Pugilato Giusto fosse chiaro e agile’, e ‘. …ha impostato il Pugilato Giusto di Wumu come una scienza’”; perché? Potrebbe essere che la tecnica di pugilato praticata da Guo Yunshen non fosse Xingyiquan? Ovviamente no! La lapide fu eretta nell’ottobre del 21° anno della Repubblica Cinese (1932). Lo Xingyiquan era noto da tempo per essere popolare nel mondo. Inoltre, esisteva già un’incredibile quantità di libri che diffondevano lo Xingyi Quan. Solamente le pubblicazioni pubblicate in possesso dell’autore dell’articolo sono: “Xingyi Quan Xue” di Sun Lutang nel maggio del 4° anno della Repubblica di Cina, “Dettagli del pugilato Xingyi” di Liu Dianshen nel 9° anno della Repubblica di Cina, e nell’aprile del 18° anno della Repubblica di Cina, Jiang Yongqiao scrisse “Xingyi Muquan”, nel settembre del 18° anno di Repubblica di Cina, Jiang Yongqiao scrisse “Xingyi Zazai Pai”, nel novembre del 18° anno di Repubblica di Cina, Xue Dian, Gao Zhiren, Jiang Xinshan hanno compilato gli “Appunti delle lezioni di Xingyiquan” e altri libri. Perchè non un singolo carattere della stele “eretta per rispetto da moltitudini di discepoli e vari colleghi” dice che Guo Yunshen praticava Xingyiquan? È davvero sconcertante. Inoltre forse queste “moltitudini di discepoli e vari colleghi che hanno eretto rispettosi” avevano scarso interesse nello Xingyiquan;  a proposito di queste persone che non siano esse realmente “moltitudini di discepoli” di Guo Yunshen? Questi cosiddetti “moltitudini di discepoli e colleghi tutti, ecc.” sono potenti contraffazioni? È una bozza o ci sono altre questioni segrete non ancora comprese?In breve, questa è una questione difficile da comprendere che non può trovare nè una soluzione nè una persona che ci guidi ad essa.
  • Perché la data di nascita e morte di Guo Yunshen non sono segnate sulla lapide? La data di nascita e di morte sono solitamente scritte sulla lapide. Ciò va contro il formato convenzionale per erigere una lapide e allestire una biografia. Ma perché il responsabile della lapide non ha annotato le date di nascita e morte di Guo Yunshen quando ha eretto la lapide il 21 ottobre della Repubblica Cinese? È davvero sconcertante! Ad oggi, le date di nascita e morte di Guo Yunshen rimangono un mistero storico. Finora, non esiste materiale dettagliato e affidabile per supportare e spiegare completamente il momento esatto della nascita e della morte del signor Guo. Quando è nato e morto Guo Yunshen?
  • Perché nell’iscrizione sul lato inferiore della stele non c’è un elenco delle persone ” moltitudini di discepoli e vari colleghi che per rispetto hanno eretto “la lapide?  Allo stesso modo non c’è traccia di chi siano tutte le persone indicate nella “lista di chi con i propri condiscepoli donarono proprietà, denaro e materiali per erigere la stele in memoria”? Queste sono tutte pratiche che violano il formato convenzionale di allestimento di un monumento! Perché? Queste sono tutte pratiche che violano il formato convenzionale di allestimento di un monumento! Perché?
  • Chi è “Yu” 余 di cui si parla nell’ultimo paragrafo dell’iscrizione: “Citando gli scritti di Yu Yindi 余因涤 infilzo con la penna per divenire immortale”? Deve essere colui che “ha composto e riunito il libro, cioè il Vecchio Uomo del Loto e il Figlio raffinato”. Ma perché non ha scritto il suo cognome e dove si trova la sua città natale? Ma è stato scritto solo “Liansou Qingxuzi 莲叟清虚子 (Vecchio Uomo del Loto e il Figlio raffinato)”. Questo non è il nome della persona che ha creato l’iscrizione, ma il suo “alias”. È rimasto solo l’ “alias” e il vero nome e la città natale non sono scritti. Anche questa è una questione difficile da comprendere.

Le quattro questioni di cui sopra che vanno contro il senso comune di erigere monumenti e iscrizioni sono davvero sconcertanti! Lascia le persone con pensieri infiniti! Forse sono ignorante e miope, ma spero che chi mi conosce sia così generoso da illuminarmi e chiarire i miei dubbi. Lavoriamo insieme per rettificare la fonte e dare il dovuto contributo alla promozione e allo sviluppo dello Xingyiquan e alla promozione e allo sviluppo delle arti marziali cinesi.

Note

[1] Si riferisce a Yue Fei
[2] Zona a sud di Pechino, cioè l’area dove si trova Shenzhou

Allegati

Riflessione sulla funzione di Difesa ed Allenamento al Combattimento del Meihuaquan e del Wushu

Continua da

Funzioni del Meihuaquan

Basi per una Nuova Teoria dell’Utilità Psicologica del Meihuaquan e delle Arti Marziali Cinesi

Basi per una Nuova Teoria dell’Utilità Psicologica del Meihuaquan e delle Arti Marziali Cinesi (seconda parte)

Di Storti Enrico

Sia YanZjie (2008), Yin Y.M. e Liu, Q. (2022), dalla prospettiva del Meihuaquan, che Wu Bin, Li Xingdong e YuGongbao (1992), dal punto di vista del Wushu in generale, riportano come funzione la preparazione al Combattimento.


YanZijie (2008) parla di “Difendersi ed allenarsi al combattimento”.


Wu Bin, Li Xingdong e YuGongbao (1992) parlano di “Attacco e difesa”:


I praticanti di Wushu possono padroneggiare vari attacchi e tecniche di difesa del combattimento armato e disarmato per la difesa personale attraverso un gran numero di esercizi di allenamento. Molte delle tecniche di Wushu possono essere utilizzate anche nei programmi di addestramento militare e di polizia.


L’esigenza di sopravvivere, dettata dalle condizioni sfavorevoli dell’ambiente Cinese nel corso dei secoli, ha determinato il bisogno per gli adepti del Meihuaquan (e non solo) di sviluppare un sistema di difesa e di attacco, che è realizzato attraverso tappe ben precise, che cercherò di elencare velocemente:

  • Fondamentali e sequenza (jiazi) svolta individualmente;
  • Sequenza svolta in coppia;
  • Sequenza ed esercizi svolti in coppia, introduzione di varianti dei movimenti;
  • Sequenza svolta in gruppo esercizi svolti in gruppo (duilian, spostamenti, ecc.);
  • Sequenze casuali, spostamenti casuali, simulazione di scontri di gruppo.


Naturalmente nel Meihuaquan si preferisce evitare le situazioni che potrebbero portare a doversi difendere, concetto universale nel campo dell’autodifesa.


Yin, Y.M. e Liu, Q.(2022) spiegano che siccome nel Meihuaquan l’allenamento si basa su una simulazione del combattimento reale, l’intensità dell’impegno fisico non può essere controllata arbitrariamente, come avviene normalmente nello sport. Secondo me gli autori si riferiscono al fatto che nell’allenamento del Meihuaquan si usano i Bianhua (cambiamenti) e continuamente il praticante deve adattarsi a ciò che fanno gli altri in maniera libera.


Per la nostra esperienza nel Meihuaquan, questo stile coinvolge e sviluppa la capacità di reazione ed anticipazione, capacità di trasformazione del movimento, migliorandole. La capacità di orientamento spazio-temporale e la capacità di ritmo sono anch’esse molto sollecitate nella pratica del Meihuaquan.


Ciò coinvolge naturalmente la respirazione, il ritmo, la capacità di resistenza, la forza muscolare, l’utilizzo di tattiche e strategie, etc.
Confrontandosi con il concetto di Difesa Personale o Autodifesa emergono questi concetti che a mio parere sono interessanti:


Mantovan (DEAscuola) differenzia tra Autoprotezione e Autodifesa.

  • Autodifesa è l’insieme delle gestualità (dunque delle vere e proprie tecniche) che possono consentirci di resistere ad un’aggressione (offesa) e possibilmente vanificarla.
  • Autoprotezione è tutto quanto precede ed eventualmente segue ad una aggressione.


Nell’autoprotezione sono importanti alcuni concetti quali quello di spazio vitale e di fare minaccioso. Da una parte, per difenderci e prevenire un attacco, dobbiamo preservare il nostro spazio vitale, dall’altra dobbiamo osservare il comportamento degli altri.


Mantovan ci dice che è fondamentale la capacità di percepire l’ambiente circostante e averne consapevolezza, mantenendo un buon livello di attenzione.


Come abbiamo visto sia nel libro “Meihuaquan, L’Uomo in Comunione con il Cielo”, sia nell’articolo precedente sulla funzione Psicologica del Meihuaquan, questo stile presta moltissima attenzione a sviluppare la capacità di osservazione, la saggezza (intesa anche come capacità di discernere le situazioni e gli eventi e di utilizzare la strategia), nonché l’utilizzo dello spazio-tempo.


Dal punto di vista strategico il saper riconoscere le caratteristiche del terreno e del luogo, delle posizioni vantaggiose e svantaggiose, del momento migliore per colpire, il non mostrare i propri punti deboli, sono tutte caratteristiche utili ai fini dell’autoprotezione. Il Meihuaquan lavora tantissimo sulla capacità di mantenere la distanza sia per difendersi che per attaccare, prepara i suoi praticanti ad avanzare ed indietreggiare, tenendo conto degli spostamenti degli altri sia in una situazione a due che in una situazione di gruppo.


Per quanto riguarda l’Autodifesa,Mantovan spiega che è necessario utilizzare la reazione istintiva-automatica. Il Meihuaquan costruisce questo tipo di reazione tramite il Pugilato dei Cambiamenti (Chengquan) in cui si impara a sentire l’altro e a “cambiare” le tecniche. Se una tecnica non funziona perché l’altro ce la impedisce si prova a portarne un’altra, magari un’altra zona del corpo, cercando il punto debole dell’avversario in maniera rapida ed efficace. In questo è molto importante saper riconoscere dove il nostro opponente mette la forza e indirizza la sua presenza mentale. Se l’avversario irrigidisce un braccio e si concentra nel farlo è probabile che sia senza forza nelle gambe o nell’altro braccio.


Un altro articolo in cui ho trovato elementi interessanti è “Difesa personale, prevenzione del bullismo e sicurezza sociale”. Questo articolo presenta un progetto di Difesa Personale, come dice il titolo stesso, che si è svolto in alcuni licei italiani. Nel testo troviamo questa spiegazione:


Il Progetto presentato è perfettamente coerente con quanto previsto dalla Legge 107 del 13/07/2015, Art. 1 comma 7, in particolare con riferimento a: 1. potenziamento delle discipline motorie e sviluppo di comportamenti ispirati a uno stile di vita sano, con particolare riferimento all’alimentazione, all’educazione fisica e allo sport, 2. sviluppo di comportamenti responsabili ispirati alla conoscenza e al rispetto della legalità 3. prevenzione del bullismo e di ogni forma di discriminazione di genere.


Come si può notare c’è un riferimento ai comportamenti responsabili che sono ascrivibili anche al Wude, che analizzeremo. Anche la prevenzione del bullismo e delle discriminazioni di genere fanno parte di questa sfera morale. Tutto il resto afferisce alla preparazione psicofisica che nel Meihuaquan ha anch’essa una grande rilevanza.


Alla fine del testo “Difesa personale, prevenzione del bullismo e sicurezza sociale” troviamo uno schema in cui sono definiti gli obiettivi concreti di apprendimento del corso divisi per area:

  • Scienze Motorie
  • Area Giuridica
  • Area Tecnica (in questo caso reiterata dal Krav maga)


Dell’area delle scienze motorie e dell’area giuridica ne riparleremo a proposito di Fortificare il corpo per essere in buona salute, Sviluppare l’intelligenza e la saggezza e del Wude.


L’area tecnica si declina in
– Cercare superare la paura del contatto
– Migliorare la condizione emotiva nell’affrontare situazioni di stress
– Migliorare le reazioni fisiche ed emotive in situazioni di pericolo
– Conoscere semplici elementi di anatomia per individuare i vari punti vulnerabili e sensibili del corpo
-Acquisizione delle tecniche di base di difesa personale, conoscenza dei principali mezzi di difesa (mano, ginocchio, gomito, piede) e delle posizioni da assumere, degli spostamenti, delle schivate e delle parate.


Nelle arti marziali cinesi e nel Meihuaquan,questo ultimo punto può essere descritto con il quadrinomio Ti Da Shuai Na (Calciare, Colpire con le Mani, Cadere o anche Proiettare, Afferrare), riassumendo così tutte le tecniche possibili, anche quelle non elencate. Il Chengquan, tramite lo studio delle tecniche di presa e di colpo, studia anche il corpo dell’avversario, insegnando ad individuare i punti che ne rendono più agevole la sopraffazione e a proteggersi dagli attacchi altrui in quei punti.

PS piu’ procedo sull’analisi delle funzioni del Meihuaquan, piu diventa chiaro che non c’è una separazione così netta tra un campo ed un altro, ma che essi si compenetrano e si completano, influenzandosi reciprocamente.

Bibliografia

Vedi anche quella degli altri articoli correlati


Difesa personale, prevenzione del bullismo e sicurezza sociale, in https://www.scuolanobel.it/index.php/difesa-personale-prevenzione-del-bullismo-e-sicurezza-sociale/


MantovanDavide, Autodifesa, in https://zonascienzemotorie.deascuola.it/discipline-sportive/sport/sport-di-combattimento/autodifesa/

Basi per una Nuova Teoria dell’Utilità Psicologica del Meihuaquan e delle Arti Marziali Cinesi (seconda parte)

Prosegue da Basi per una Nuova Teoria dell’Utilità Psicologica del Meihuaquan e delle Arti Marziali Cinesi

Di Storti Enrico

Esercitare il Sistema Nervoso

Yin, Y.M. and Liu, Q. (2022) asseriscono:


Nell’allenamento, i praticanti devono rispondere ai cambiamenti della sequenza, delle applicazioni e della tipologia di terreno, migliorando la sensibilità e la flessibilità del sistema nervoso… In effetti, questo è un processo di pensiero flessibile e abituato al cambiamento, al fine di formare la capacità delle persone a diventare adattabili… Rispetto ad altri sport, il Meihuaquan ha un impatto maggiore sul sistema nervoso. Ad esempio, anche quando si fa jogging, la capacità del sistema nervoso nel suo complesso sarà migliorata, ma l’impatto del jogging sul sistema nervoso è quasi passivo. Il Meihuaquan è attivo nel regolare l’eccitazione del sistema nervoso e può migliorare la prontezza, la coordinazione e l’equilibrio del sistema nervoso.”


Questi due autori sottolineano come il Meihuaquan è un ottimo sistema di sollecitazione del sistema nervoso sia nei giovani che negli anziani. Durante l’adolescenza il sistema nervoso conclude il suo percorso di formazione e la sensibilità, l’eccitamento e l’attività dei nervi sono al loro apice. Il Meihuaquan favorisce uno sviluppo più completo. Nella mezza età, quando iniziano ad apparire i segni dell’invecchiamento, con il mantenimento di un allenamento minimo ma continuativo e costante, mantiene i nervi sollecitati, equilibrati e flessibili e pone buone basi per la salute da anziani. Rispetto a molte altre attività motorie e sportive il Meihuaquan (ma è un discorso estendibile al Wushu in generale) richiede l’utilizzo di molte più abilità sia fisiche che mentali.


Per la nostra esperienza nel Meihuaquan, questo stile coinvolge e sviluppa la capacità di reazione ed anticipazione, capacita’ di trasformazione del movimento, migliorandole. La capacità di orientamento spazio-temporale e la capacità di ritmo sono anch’esse molto sollecitate nella pratica del Meihuaquan.

Funzione Psicologica di Regolazione Emozionale

Per Yin, Y.M. e Liu, Q. (2022)

L’allenamento del Meihuaquan fornisce uno sfogo per le emozioni e regola le emozioni disfunzionali come la depressione. La boxe del fiore di prugno è uno sport antagonista. Se ti senti arrabbiato o insoddisfatto, puoi sfogare i tuoi sentimenti attraverso la boxe o i sacchi di sabbia. In particolare, l’impulso reattivo generato può cambiare l’atteggiamento per evitare comportamenti o conseguenze estreme.


In questo caso a differenza della psicologia sportiva, che tende a vedere la Regolazione Emotiva come strumento per migliorare le prestazioni agonistiche, il Wushu Vernacolare, come il Meihuaquan può essere un mezzo di Regolazione. Come descritta da Yin, Y.M. e Liu, Q. questa regolazione avviene tramite la possibilità di dare sfogo a emozioni disfunzionali, cosa che avviene anche tramite un’attività sportiva intensa. Non tiene però conto del fatto che tramite l’attività fisica si producono sostanze benefiche che favoriscono la regolazione emozionale e tramite il lavoro costante, l’autodisciplina, migliorano alcune zone del cervello preposte al controllo degli impulsi. Di ciò se ne accenna, sotto altri aspetti, nel paragrafo successivo.


Il movimento stesso è utilizzato nel Meihuaquan come meditazione e può esserlo anche in altri stili di Wushu. Spesso sentiamo dire che il Taijiquan è una “meditazione in movimento” ma non viene spiegato cosa significa nel concreto questa definizione. Ren Junmin (1992) descrive che nel Meihuaquan si usa il detto “Chu er you yi zhong er wu yi” (初爾有意終無意 “all’inizio è pensiero alla fine non c’è pensiero” oppure “all’inizio con intenzione, alla fine senza intenzione”) su cui l’autore afferma:


Questa frase descrive un metodo comunemente usato dai praticanti delle arti interne, per calmare la mente, per liberarla dai pensieri casuali.

In altre parole il Meihuaquan tramite la concentrazione sul movimento e sulle azioni con attenzione al loro nome poetico (come spiega Ren nel suo articolo) usando quindi anche la “visualizzazione”, crea una situazione di “Vuoto” mentale che ha il potere di rilassare e di distogliere dalle ruminazioni.

Funzione Psicologica nell’incremento della Volontà

Il duro lavoro, la fatica, l’intensa competizione sono le caratteristiche del fiore di prugno. La pratica sportiva è sempre accompagnata da una forte esperienza emotiva e da una chiara volontà di lavorare sodo. Pertanto, essa aiuta a coltivare il coraggio, la resistenza, la resilienza, la costanza, l’arguzia e il carattere fermo delle persone e mantenere un atteggiamento positivo. (Yin, Y.M. e Liu, Q. 2022)


La Volontà è la capacità di controllare o trattenersi di fronte alla gratificazione immediata per raggiungere obiettivi a lungo termine.Si tratta cioè di una regolazione consapevole di determinati impulsi per raggiungere nel tempo una maggiore soddisfazione. (GuidaPsicologi, Come aumentare la nostra forza di volontà?…)


Come ha dimostrato l’esperimento condotto da Walter Mischel nel 1960 e dalla successiva verifica del 1974, chi ha una “Volontà” più sviluppata ha maggiori probabilità di successo

nelle performance scolastiche, nelle abilità sociali e nella popolarità (Unicusano, Forza di volontà: ecco come allenarla e non perderla mai).

Il Meihuaquan di per sé non porta beneficio in questo campo, cosa che ha invece luogo con la sua pratica costante. Praticare ogni giorno una sequenza di movimenti che dura circa 40 minuti e che sollecita moltissimo il corpo chiaramente fortifica la volontà, facilitati da un gruppo di persone che pratica con noi. Approfondiremo questo aspetto nell’ articolo sul Wude.

Funzione Psicologica nel miglioramento della Conoscenza di Se

L’allenamento della boxe del fiore di prugno può rendere le persone più forti, più flessibili, più coordinate, più soddisfatte, più sicure di sé e più rispettose di sé. La competizione farà anche riconoscere alle persone il loro valore sociale unico. Poiché il Pugilato del Fiore di Prugno rivela i propri pregi e difetti, le persone rivedono sempre la loro comprensione e le loro azioni, danno pieno gioco alle loro possibilità e vantaggi, superano le loro carenze, correggono le loro mancanze e trattano correttamente il successo e il fallimento. (Yin e Liu, 2022)


Naturalmente anche la conoscenza di sé ha un valore nella regolazione emozionale, infatti conoscere le proprie emozioni, cosa causano nel nostro corpo e nella nostra mente, aiuta in questo campo.


Catherine Despeaux (1996) spiega che il quadro teorico delle emozioni occidentale si differenzia da quello cinese:


Una prima classificazione quinario riunisce i “cinque sentimenti naturali”, wuxing 五性 che sono la virtù dell’umanità, il senso del dovere, la ritualità, la chiaroveggenza e la sincerità, emananti dai cinque visceri e partecipando così al sistema di corrispondenze dei cinque elementi. Una seconda classificazione raggruppa le “sei inclinazioni”, liuqing 六情, che sono gioia, rabbia, dolore, piacere, affetto e avversione, associate anche a parti del corpo e al ritmo delle stagioni. Ecco come il “Compendio dei Cinque Agenti” esprime la disposizione dei cinque sentimenti e delle sei inclinazioni: “I sentimenti naturali risiedono all’interno, trasmettono lo yang e si depositano nei cinque visceri. Le inclinazioni siedono esternamente, trasmettono yin e sono concentrate nelle sei parti del corpo (testa, tronco e quattro arti). Ecco perché quando le inclinazioni sono dominate dai sentimenti naturali, sulla persona regna l’ordine. Quando, al contrario, le inclinazioni prevalgono sui sentimenti naturali, subentra il disordine. I sentimenti naturali provengono dall’interno del corpo, mentre le inclinazioni vengono introdotte dall’esterno. La loro compenetrazione è tale che tra loro non c’è nemmeno lo spazio di un filo”


Sarebbe interessante capire la ricaduta pratica di questa teoria.
Della Funzione Psicologica dell’Efficacia e delle Moderazione dei Comportamenti ne parlerò a proposito del Wude, cioè la morale marziale che esaminerò in un altro scritto.


Anche nel caso dello studio condotto da Yin e Liu, gli autori non collegano direttamente le tesi che riportano a altri studi e a ricerche, inoltre la traduzione in Inglese contiene sicuramente delle inesattezze che influiscono malamente sul significato italiano.

Conclusioni e Confronti

Come preannunciato all’inizio di questo scritto, al di là di fornire elenchi di benefici del Meihuaquan, ci interessa il confronto con le altre discipline sportive. Anche Wu Bin, Li Xingdong e Yu Gongbao (1992) che parlano di Wushu in generale vedono l’Intelligenza come elemento importante.


Lo studio però che ci ha più colpito è quello di Weinberg e Gould (2007, traduzione Vitali, 2010) secondo cui un regolare esercizio fisico, quindi di qualsiasi tipo si tratti, ha una serie di effetti positivi sulla psiche:

  • riduce ansia e depressione
  • migliora l’umore
  • aumenta la percezione di benessere psicologico
  • migliora l’autostima
  • protegge contro lo stress (psicologico e fisiologico)
  • sviluppa l’intelligenza nei bambini (Piaget)
  • migliora la performance cognitiva nel tempo

Quindi, ad un primo approccio possiamo affermare che c’è una sostanziale comunanza tra gli effetti della pratica costante del Meihuaquan dal punto di vista psicologico, con quelli di qualsiasi attività fisica eseguita regolarmente. Il Meihuaquan potrebbe avere un influsso speciale sulla capacità di intuizione e sulla concentrazione, sulla conoscenza di se, più di altre discipline, ma dovrebbe essere sottoposta a ricerche e studi comparativi approfonditi.

Continua in Riflessione sulla Funzione di Difesa ed Allenamento al Combattimento del Meihuaquan e del Wushu.

Note

[1] Yan Zijie descrive queste funzioni: 1. Fortifier le corps pour être en bonne santé; 2. Se défendre et s’entraîner au combat; 3. Guérir la maladie; 4. Développer l’intelligence et la sagesse


[2] Vedi ad esempio la DBT, cioè la Terapia Dialettico-Comportmentale

Bibliografia

Catherine Despeux, Le corps, champ spatio-temporel, souche d’identité, l’Homme, Anno 1996, numero 137 pp. 87-118


Chan, A. S., Cheung, M.C., Chan, Y. L., Yeung, D. K. W., & Lam, W. (2006). Bilateral frontal activation associated with cutaneous stimulation of Elixir Field: An fMRI study. The American Journal of Chinese Medicine, 34, 207-216


Chīxīn Méi 痴心梅 (pseudonimo, 2009) “Qiǎntán méihuāzhuāng wǔgōng jiàzǐ duànliàn de yàodiǎn 浅谈梅花桩武功架子锻炼的要点” (breve discorso sui punti essenziali dell’esercizio fisico della struttura nel lavoro marziale della scuola dei pali del fiore di prunus mume), in http://blog.sina.com.cn/s/blog_5e9f94920100czzs.html, 2009-05-09,traduzione di Storti Enrico in https://meihuazhuang.wordpress.com/2019/04/02/%E6%B5%85%E8%B0%88%E6%A2%85%E8%8A%B1%E6%A1%A9%E6%AD%A6%E5%8A%9F%E6%9E%B6%E5%AD%90%E9%94%BB%E7%82%BC%E7%9A%84%E8%A6%81%E7%82%B9-breve-discorso-sui-punti-essenziali-dellesercizio-fisico-della-struttu/


GuidaPsicologi, Come aumentare la nostra forza di volontà? 9 strategie che ti aiuteranno, in https://www.guidapsicologi.it/articoli/come-aumentare-la-nostra-forza-di-volonta-9-strategie-che-ti-aiuteranno


GuidaPsicologi, Psicodinamica dell’Intuizione, https://www.guidapsicologi.it/articoli/psicodinamica-dellintuizione


Ma Yongsheng 馬永勝, Tantui Explained 彈腿講義, 1935, e Brennan Paul (traduzione), 2020


McGrath Michelle, Course Text: Theories of Personality, chapter 13: Rotter and Mischel: cognitive aspects of social learning theory,in https://open.baypath.edu/psy321book/chapter/c13p3/


Mischel Walter e Yuichi Shoda, A Cognitive-Affective System Theory of Personality: Reconceptualizing Situations, Dispositions, Dynamics,and Invariance in Personality Structure, Psychological Review, 1995, Vol. 102, No. 2, 246-268

Michael Stanley-Baker, “Qi” in “Critical Terms for Religious Studies”, 2019


Storti, Bizzi e Furlini, Meihuaquan, L’Uomo in Comunione con il Cielo, 2019


Storti Enrico, Funzioni del Meihuaquan, 2018, in https://meihuaquan.jimdofree.com/2018/07/05/funzioni-del-meihuaquan/


Unicusano, Forza di volontà: ecco come allenarla e non perderla mai, in https://pescara.unicusano.it/studiare-a-pescara/forza-di-volonta/


Vitali Francesca, I Contributi della Psicologia dello Sport e dell’Esercizio Fisico all’Insegnamento Motorio e Sportivo,2010 in https://lazio.coni.it/images/liguria/VITALI_-_psicologia_dello_sport_insegnamento_sportivo_-_APP_PF2.pdf


Ren Junmin, Chu er you yi zhong er wu yi初爾有意終無意 (“All’inizio (c’è) il pensiero, alla fine (c’è) il non pensiero”oppure “all’inizio con intenzione, alla fine senza intenzione”), Jinan 1992, tradotto in Inglese da Raymond Ambrosi 1994, Traduzione e note in Italiano di Enrico Storti, 2003, in https://meihuaquan.jimdofree.com/2018/07/21/chu-er-you-yi-zhong-er-wu-yi/


Wang Zhizong, Han Jianzhong e Yan Zijie, Five Ganzhi Meihuazhuang Tecniques, Haifeng


Weinberg e Gould , Foundations of sport and exercise psychology, 2007
Wu Bin, Li Xingdong e Yu Gongbao, Essentials of Chinese Wushu, Foreign languages press, Beijing, 1992


Yan Zijie, Les Fonctions du Meihuazhuang, 3 agosto 2008


Yin, Y.M. e Liu, Q. (2022) Research on Fitness Value of Plum Blossom Boxing Basic Skill (Ricerca sul Valore delle Abilità di Base del Pugilato del Fiore di Prugno per la formazione della forma fisica). Open Access Library Journal, 9, 1-10. doi: 10.4236/oalib.1108981; traduzione in Italiano Storti Enrico, in https://meihuazhuang.wordpress.com/2022/11/26/ricerca-sul-valore-delle-abilita-di-base-del-pugilato-del-fiore-di-prugno-per-la-formazione-della-forma-fisica/

Basi per una Nuova Teoria dell’Utilità Psicologica del Meihuaquan e delle Arti Marziali Cinesi

Di Storti Enrico

Questo articolo è un approfondimento critico dell’articolo già pubblicato sulle Funzioni del Meihuaquan. Sarà il primo di una serie di articoli che metteranno a confronto le funzioni ed i benefici del Meihuaquan con la pratica sportiva.

L’immagine si riferisce alle ricerche di Chan, A. S., Cheung, M.C., Chan, Y. L., Yeung, D. K. W., & Lam, W. , 2006, che collegano il Dantian al Cervello.

Rileggendo vecchi articoli e traduzioni sulle Funzioni del Meihuaquan (Storti,2018), ho deciso di approfondire lo sguardo critico che avevo cercato di avere a tale proposito. In particolare parto analizzando il tema dei Benefici che possono avere la nostra Psiche e il nostro Cervello dalla pratica del Meihuaquan e quanto tali benefici sono esclusivi di questo stile o appartengono a tutte le arti marziali e tutte le attività sportive. Infatti, un limite che ritrovo sempre nei discorsi sulle arti marziali, è quello di non avere un metro comparativo, trasformando questi racconti in slogan pubblicitari. Solo dal confronto può emergere la particolarità e la specialità di una pratica, piuttosto di un’altra. La mia disamina non fornirà degli elementi definitivi, infatti vuole solo essere l’inizio di un discorso che altri potranno integrare ed arricchire. Per i temi psicologici dell’articolo ho utilizzato principalmente articoli presi dalla rete internet, perciò necessiterebbero un ulteriore verifica su testi scientifici.
Partiamo quindi da una funzione descritta da Yan Zijie (2008) [1], cioè Sviluppare Intelligenza e Saggezza.

Sviluppare l’intelligenza e la saggezza

Secondo il Professor Yan, il Meihuaquan favorirebbe lo sviluppo della mente e potenzierebbe la capacità di sfruttare al meglio le funzioni cerebrali, nonché le parti più recondite della psiche umana. Egli ha osservato nei propri studenti l’aumento delle capacità di attenzione, concentrazione, osservazione, risoluzione dei problemi ed un incremento dell’energia mentale. Yan Zijie non fornisce però nessuna bibliografia o ricerca come supporto alle sue affermazioni, perciò cercherò di associare alcuni temi riportati anche dalla psicologia ed in particolare da quella sportiva.


Il primo discorso di Yan Zijie, legato alla capacità di sfruttare meglio le funzioni cerebrali, secondo me, si può ricollegare alle pratiche “esoteriche” del Meihuaquan in cui si prevede il futuro tramite l’osservazione degli incensi che bruciano ed in cui si curano le malattie. Queste pratiche sono spesso messe in collegamento alla capacità intuitiva. Se analizziamo i termini Intelligenza e Saggezza, attraverso le teorie psicologiche accreditate oggi [2], la Capacità Intuitiva può essere identificata in quella forma di intelligenza che mette in connessione Mente Razionale e Mente Emotiva, in quella che è definita Mente Saggia. In altre parole i due emisferi del cervello collaborano alla soluzione dei problemi.


Psicodinamica dell’Intuizione (GuidaPsicologi) asserisce:

L’atteggiamento che favorisce l’intuizione è un’attenta ma non focalizzata osservazione che si avvicina quasi a una contemplazione, una visione d’insieme e una neutralità affettiva.


Nelle arti marziali cinesi l’osservazione e l’attenzione la ritroviamo nella formula Shou Yan Shen Fa Bu 手眼身法步, in quello che è definito Metodo o Tecnica degli Occhi (Yen 眼, appunto).


Per esempio Ma Yongsheng (1935) descrive così il Metodo degli Occhi 眼法


Quando lo si utilizza, la consapevolezza 精神 deve essere completa, controllando ogni cosa attorno a sé stessi. Se individui un bersaglio, in un attimo immediatamente raggiungilo. Le mani e gli occhi si susseguono, eseguendo fulmineamente. È molto importante di essere sicuri di non chiudere gli occhi e disperdere lo spirito.


Anche la pratica del Meihuaquan prevede proprio questo tipo di osservazione vigile, attenta all’insieme e alla visione laterale…


Wang Zhizhong ed altri (1989) descrivono come si utilizzano le cinque aperture del corpo, avvicinandosi all’utilizzo dei cinque sensi che oggi è teorizzato nella Mindfulness, e rispetto agli occhi dice:


gli occhi guardano con consapevolezza;


Io, Bizzi e Furlini (2019), spieghiamo che

lo sguardo è rivolto in avanti, concentrato ed attento: qualsiasi cosa entri nel campo visivo deve essere guardata, ma senza porre su di essa una reale attenzione. Occorre consapevolezza della sua presenza, pur evitando di occupare la mente con la sua immagine.


Che la pratica del Meihuaquan sia anche una forma di Meditazione è confermato anche da Chīxīn Méi 痴心梅 (pseudonimo, 2009) che riferisce


L’essenza del lavoro marziale della scuola dei pali del fiore di prunus mume… può essere riassunta in quattro caratteri: “allungare la schiena e camminare nel cortile” (艮背行庭)…
“allungare la schiena” è anche detto metodo di “purificare il cuore liberando la mente dalle preoccupazioni” (洗心涤虑) o “allungare la schiena per fermare i pensieri”(艮背止念).


In ogni caso nel Meihuaquan (almeno nella versione di Pechino), nelle cosiddette Cinque Posture si pratica una forma elementare di Meditazione in cui si controlla il respiro e sappiamo che la Meditazione ha degli effetti sul cervello, così come la emissione di sostanze dovute a qualsiasi tipo di attività ginnica. Come accade in tutti gli stili di Arti Marziali Cinesi c’è un’attenzione a coinvogliare il Qi nel Dantian inferiore.


Oggi stanno emergendo studi (Chan, A. S., Cheung, M.C., Chan, Y. L., Yeung, D. K. W., & Lam, W. ,2006) che iniziano a collegare il Dantian ad aree del cervello, che quindi potrebbero in futuro spiegare una correlazione tra una respirazione profonda, una sensazione di “energia”, spinta idealmente nel Dantian e le conseguenze a livello cerebrale.

Qualche anno fa ho tradotto uno studio cinese dal titolo “Research on Fitness Value of Plum Blossom Boxing Basic Skill” (Yin, Y.M. e Liu, Q. , 2022). Gli autori di questo studio parlano di

  • Esercitare il Sistema Nervoso”.
  • Funzione Psicologica di regolazione delle Emozioni, nell’incremento della Volontà, nel miglioramento della Conoscenza di Se e dell’Efficacia e della Moderazione dei Comportamenti”.

Continua in Seconda Parte

Analizzeremo questi ultimi temi e faremo un confronto con cosa succede nelle altre pratiche sportive.

La necessità di sistemi prepianificati

Contesti di violenza: Una classificazione del combattimento come predicato per una tipologia di arte marziale (quinta parte)

Da Jamie Acut, Contexts of Violence: A Typology of Combat as a predicate for a Typology of Martial Art, https://www.academia.edu/resource/work/111943017


Tradotto da Storti Enrico

Continua da Quarta Parte

Gli omicidi rappresentano circa 20.000 morti ogni anno negli Stati Uniti, con 4,2 crimini violenti (aggressioni, rapine e stupri) che si verificano ogni anno per ogni gruppo di 100 persone di età superiore ai 12 anni. Nel Regno Unito, il Ministero degli Interni [19] ha registrato un totale di 696.400 episodi di violenza contro la persona, tra gennaio e settembre del 2008. 324.700 di questi incidenti sono stati registrati come lesioni [20]. Secondo le stesse statistiche, nelle interviste condotte nel periodo 2006-2007, su 47.789 intervistati il 16% ha dimostrato di essere significativamente preoccupato per la minaccia di violenza. In una statistica simile del 2007-2008, tra 28.011 intervistati, il 14% ha dimostrato di essere preoccupato per i crimini violenti. Tra il 2006 e il 2007 si sono verificati 3.989 casi di “crimini personali”, riguardanti rapine e violenza interpersonale.

Nonostante i tentativi legislativi di controllare il numero di crimini commessi con coltello (KEC) nel Regno Unito[21], è stato dimostrato un aumento del 60% nel numero di crimini con coltello tra il 1999 e il 2004. Tra aprile e settembre 2008, sono stati registrati 20.160 casi. di crimini che coinvolgono coltelli. Come afferma la pagina web del Ministero degli Interni sulle linee guida sulle migliori pratiche per il crimine con coltello: “La criminalità effettuata con l’uso di coltello continua a causare gravi danni alle vittime e crea paura nelle nostre comunità”.

Queste statistiche moderne evidenziano semplicemente la continua esistenza della violenza all’interno della società, anche in presenza di istituzioni come la polizia e il governo che tentano di limitarla e controllarla. Inevitabilmente, tali istituzioni sono come l’acqua sul fuoco, possono essere in grado di gestirne l’esistenza a livello sociale, ma non riescono a mitigare le cause della sua accensione a livello psicologico. Storicamente, le società (in particolare le società feudali portatrici di armi) hanno sempre avuto problemi con questo tipo di crimini, e possiamo immaginare che questi livelli fossero uguali se non superiori alle nostre statistiche moderne.

Gli individui, di fronte al rischio osservabile nella società, così come le esperienze personali di questi rischi, potrebbero essere stati costretti a ispirarsi a inventare una sorta di sistema per aumentare le loro possibilità di sopravvivenza in un simile evento. L’introduzione di metodi ideati per superare un altro organismo è quindi logica. Per parafrasare MacYoung, le armi sono state inventate per far pendere la bilancia delle probabilità a proprio favore, avere armi migliori di quelle del tuo avversario aumenta ulteriormente il tuo vantaggio, così come il sistema che consente di farlo in modo rapido ed efficace. In quanto tale, quindi, il vantaggio tecnologico attraverso le armi ci consente di garantire maggiore sicurezza, diminuire il rischio connesso e facilitare l’eliminazione di un organismo avversario. Cercare il vantaggio nei numeri, nel territorio e nelle armi è quindi inevitabile, e porta forse a un’escalation preparatoria senza fine, o a quella che i biologi hanno definito la “corsa evolutiva agli armamenti” (Dawkins & Krebs, 1979). Questo è noto anche in Cibernetica come Il Principio della Regina Rossa, dal nome di un’osservazione del personaggio di Alice nel Paese delle Meraviglie (Van Valen, 1973).

È forse questa misura che definisce i requisiti delle azioni viste nei combattimenti ricreativi, ludici o agonistici e la loro differenza da quelle richieste nei combattimenti seri, ad alta intensità o antagonisti. Se un avversario tenta di colpirci alla gamba con il pugno, potremmo considerarlo un valore patrimoniale basso con un fattore di esposizione basso. Tuttavia, se l’avversario ha una spada e la sua intenzione è quella di penetrarla attraverso l’orbita dell’occhio, sia il valore del bene che il fattore di esposizione sono molto alti. Inoltre, se l’avversario è armato, allora ogni azione offensiva che compie contro di noi ha un costo elevato, molto più alto rispetto ad un assalto disarmato. Ad esempio, in uno scontro armato, la probabilità del rischio è 1,0 e il costo dell’eventualità è molto alto. Ciò significa che il rischio è “estremamente alto” e anche altri fattori coinvolti in tali incontri ad alto rischio hanno il loro effetto. Nei combattimenti di gioco, come nel litigio con un fratello, potremmo considerare l’essere feriti come il massimo del rischio potenziale dell’incontro, in cui, che sia “frequente” o “improbabile”, il rischio complessivo è molto basso e il livello biochimico anche l’effetto della SSR sarà basso. Utilizzando il calcolo del rischio, possiamo considerare il rischio effettivo coinvolto nella definizione di un combattimento. Se il combattimento è ricreativo, la probabilità di rischio sarà bassa e il costo dell’eventualità sarà inferiore a quanto previsto in una rissa o in un duello armato. Utilizzando questo modello, possiamo capire che il rischio potenziale è legato alla nostra capacità di negarlo o di ridurlo attraverso le nostre azioni ideate.

Il paradigma del campo di battaglia presenta il livello di rischio più elevato; non solo la probabilità è molto alta, il costo è molto alto, ma anche l’aspettativa di perdita singola e cumulativa è elevata. In un combattimento singolo, il rischio è singolare, ma sul campo di battaglia, circondato da avversari armati, il fattore di esposizione viene moltiplicato per il numero di avversari e diviso per il tasso di decadimento dell’abilità dovuto alla perdita di energia. In altre parole, il rischio aumenta man mano che si riducono l’energia e la resistenza. Questo è forse il motivo dell’armatura sul campo di battaglia; non (come suggeriva Castle) perché l’armatura fosse di difesa e l’arma fosse di offesa, ma piuttosto il rischio era maggiore a causa del numero di stimoli richiesti da affrontare, non certo perché il Sistema di Combattimento fosse inefficace. In effetti, l’uso dell’armatura potrebbe essere stato utilizzato per proteggersi dal lancio di frecce, da attacchi gratuiti da dietro, ecc., variabili che semplicemente non possono essere affrontate tutte contemporaneamente. Inoltre, il rischio aumenta man mano che la battaglia continua. In tal caso, la tua capacità di applicare le abilità pre-progettate del Combat System è relativa sia alla differenza di abilità tra te e il tuo avversario, ma anche al livello di resistenza e al livello in cui si trova all’ingresso del combattimento ( cioè se stai combattendo da un’ora e il tuo avversario è appena entrato nel campo di battaglia, il tuo rischio è maggiore perché sarai più stanco e quindi avrai meno probabilità di continuare a rispondere in modo accurato).

Più frequenti sono gli attacchi contro di noi, maggiore è il rischio. Per questo motivo, in un assalto armato molti Sistemi di Combattimento mantengono una strategia preventiva o proibitiva nei confronti dei combattimenti gravi. Vedremo più avanti, quando ci avvicineremo alla composizione dei Sistemi di Combattimento, che questo è un tratto comune tra quei sistemi sviluppati per i combattimenti seri. Ancora più importante per la nostra discussione, anche il vantaggio nei comportamenti è inevitabile, e un sistema di comportamento che serve a consentire un vantaggio, a proteggersi o a imporsi su un avversario, che è sufficiente a fornire un quadro per l’interazione comportamentale significa che le applicazioni di tali vantaggi saranno molto più efficienti. Ciò riduce effettivamente il rischio, aumentando allo stesso tempo la facilità con cui si possono dominare coloro che lo circondano per garantire la propria conservazione.

Conclusioni

Era mia intenzione dimostrare come, nel definire i tipi di combattimento, possiamo mostrare come essi pongono richieste diverse a coloro che ne sono coinvolti, e come quindi stabiliscono precondizioni e clausole sulle arti marziali. Ho anche mostrato come esista evidentemente una scala di rischio coinvolta in questi tipi di combattimenti, da combattimenti ricreativi relativamente sicuri a combattimenti senza restrizioni seri e letali [22]. Questa scala di rischio pone anche precondizioni e condizioni su un’arte marziale progettata per far fronte a questi rischi. Questi risultati suggeriscono che c’è stato un valore implicito nel “grado di fertilità” di questo approccio, che coinvolge non solo l’analisi interculturale, ma anche quella storica.
Fatte queste considerazioni ed esposte le caratteristiche di questi combattimenti, sarà ora necessario indagare in che misura gli attributi fisici di un fondatore possano contribuire a dettare le sue scelte per l’invenzione della sua soluzione. Le sue dimensioni personali, resistenza, forza, ecc., e in relazione ai suoi avversari, hanno contribuito a modellare la sua arte marziale e a dettare la selezione delle abilità che compongono la sua arte marziale? Risponderò a questa domanda in un prossimo articolo.

Note

[19] Fonte: Bollettino statistico del Ministero degli Interni. Crimine in Inghilterra e Galles: aggiornamento trimestrale a settembre 2008, 22 gennaio 2009, seconda edizione. La polizia ha registrato statistiche sulla criminalità sulla base dei dati di tutte le 44 forze in Inghilterra e Galles (inclusa la polizia dei trasporti britannica).


[20] Le statistiche sottolineano che la “violenza contro la persona ferita” comprende l’omicidio, il tentato omicidio, la distruzione intenzionale di un feto vitale, la morte per guida pericolosa/guida imprudente sotto l’effetto di alcol o droghe, ferite più gravi o altri atti che mettono in pericolo la vita. (incluse lesioni personali gravi con e senza intento), morte per furto aggravato di veicolo e ferimenti meno gravi.


[21] Legge sulla prevenzione del crimine (1953), legge sulla restrizione delle armi offensive (1959), legge sulla giustizia penale (1988), legge sulle armi offensive (1996), legge sui coltelli (1997), legge sulla riduzione dei crimini violenti (2006).


[22] Il tema del rischio è stato trattato a lungo altrove: Acutt (2015); Rischio nel combattimento corpo a corpo: applicazione di un modello di valutazione del rischio operativo per comprendere meglio la funzione delle arti marziali, in IQ IMAS Journal, volume 004 numero 004, autunno 2015, pp. 26-79.

Collegamenti

Prima Parte

Seconda Parte

Terza Parte

Quarta Parte

La doppia scala del combattimento umano

Contesti di violenza: Una classificazione del combattimento come predicato per una tipologia di arte marziale (quarta parte)

Prosegue da: Terza Parte

Immagine presa da https://narraredistoria.com/2022/10/26/per-dio-per-legge-o-per-onore-la-storia-del-duello/

La civiltà umana ammette gli stessi tipi di combattimenti, ma con l’ulteriore considerazione sull’impatto delle convenzioni sociali e dell’ortodossia. Questa considerazione aggiuntiva crea in realtà un’aggiunta al nostro modello e una scala che di fatto divide in due la scala dell’intensità. Da un lato ci sono i combattimenti civili, sanzionati dalla società con l’obiettivo di controllare i combattimenti tra individui. Dall’altro lato ci sono i combattimenti guidati dalla biologia che si riscontrano tra gli animali, e spesso “l’ultima risorsa” in cui i combattimenti civilizzati spesso degenerano. Questo tipo di combattimento può ancora essere rintracciato all’interno della civiltà umana nonostante i tentativi legislativi e morali di sradicarlo.

Figura 1 – Le due dimensioni di Scala e Sanzione.

Il combattimento umano è molto più complesso del combattimento tra animali. Potremmo considerare le suddette tipologie di combattimento come correlativi ai concetti di combattimento Interspecifico (cioè Modello Competitivo, tra animali della stessa specie, spesso dello stesso gruppo) e Intraspecifico (cioè Modello Predativo, tra animali di specie diverse). . Poiché gli esseri umani sono animali molto più complessi, capaci di unità sociali complesse nonché di divisioni basate su concetti fondamentali, possiamo considerare che i combattimenti umani siano tipizzati da quelli degli animali più altri tipi unici della specie umana.


La lotta per la sopravvivenza, nei termini di quella che chiamiamo “autodifesa”, coinvolge sempre almeno un istigatore della lotta, un aggressore che provoca una reazione emotivo-fisica da parte di un essere avversario, provocandolo al conflitto fisico. Armstrong (2007) suggerisce due forme biologiche di combattimento basate sul tipo di motivazioni coinvolte. Ponendo fermamente la sua tesi sui tipi di combattimenti tra animali osservabili, Armstrong suggerisce che ci sono due tipi di combattimenti basati sul tipo di motivazioni aggressive coinvolte: Aggressione Affettiva (Reattiva) e Aggressione Predatoria (Proattiva). Naturalmente, questi si correlano bene con la nostra proposta di questi tipi aggressivi manifestati nei combattimenti di competizione e predazione. Glasl (1997) ha anche presentato i tipi di escalation che aumentano da un basso livello di aggressività ad un alto livello di aggressività, per estensione, da “lotta per gioco” a “lotta seria”; o da un conflitto fisico a bassa intensità (basso rischio) a uno ad alta intensità (alto rischio).

Figura 2 – Una dimostrazione delle due forme di combattimento basate sullo “stato di natura” che sono guidate biologicamente e quelle che sono forme sanzionate o istituzionalizzate di quei modelli di combattimento naturali. Ho poi cercato di dimostrare che la lotta naturale e la lotta socialmente sanzionata si presentano anche nelle due forme di cui ho discusso in precedenza; Combattimenti seri e giochi di combattimento. Entrambi i tipi di combattimento guidato dalla biologia possono essere trovati in natura e dimostrati tra gli animali. I modelli socialmente sanciti devono essere condizionati alla lotta.

Antagonista:

1. Il modello predatorio serio – spesso combattimenti uomo-donna, caratterizzati da istigatore e vittima gratuiti, caratterizzati come “ad alto guadagno, a basso rischio”
2. Il modello competitivo serio – Combattimenti intermaschili
A. A guida biologica si chiama Brawling o Scrapping
B. Socialmente sancito si chiama Duello


Agonistico:

1. Il modello competitivo del gioco
A. A guida biologica si chiama Tussling
B. Socialmente sancito e sanzionato si chiama Sparring
2. I modelli astratti – Uno qualsiasi dei precedenti, ma in formato astratto.
A. Narrativa; Ai fini della dimostrazione si chiama Performing Art, sia nel formato della danza, sia nel combattimento prestabilito. L’antica danza greca Pyrriche, moresca, Dirk e persino il balletto hanno avuto origine nella narrativa di combattimento. A volte solitario.
B. Collaborativo, coreografato per l’intrattenimento.
C. Ai fini pedagogici è chiamato Istruttivo, progettato allo scopo di instillare un certo principio Funzionale in uno o più individui.

Uno che cerca di imporsi contro uno che cerca di imporsi equivale a un combattimento di logoramento, mentre uno che si difende contro uno che cerca di imporsi equivale a un combattimento di difesa (o “autodifesa”). La designazione di questi tipi di combattimenti può essere intesa in termini di vantaggi naturali del combattimento (dimensioni, forza, territorio ecc.) così come della predisposizione dei maschi ad essere i costituenti più comuni di uno Spazio di Lotta (cioè l’ambiente e l’evento in cui hanno luogo i combattimenti).

Combattimento predatorio: un combattimento serio

Banditi cinesi dell’epoca Repubblicana

Come abbiamo accennato in precedenza, la presenza di coloro che hanno il RHP (Potere di detenzione delle risorse) determinerà la necessità di proteggere la risorsa. I combattimenti predatori sono definiti dal tentativo da parte di un componente con basso RHP di tentare di acquisire una risorsa mediante la selezione delle vittime e l’uso della sorpresa come strumento primario. Nella nostra epoca di consumismo, questa risorsa potrebbe forse essere il denaro, o la tecnologia ed è il mezzo attraverso il quale l’aggressore, il “deviante”, potrebbe acquisire la risorsa uscendo dai mezzi istituzionalizzati (cioè attraverso il furto).

Yoshitsune (Ushiwakamaru) sconfigge il bandito Kumasaka Chohan nel 1174, Immagine da https://mkt.artcloud.com/art/yoshitsune-ushiwakamaru-defeats-the-bandit-kum-by-kunisada


Per questo motivo, questo tipo di combattimento può essere riconosciuto da comportamenti premeditativi da parte dell’attaccante, dalla selezione di un avversario più debole, il tutto nel tentativo di accumulare il vantaggio in gran parte a proprio favore. Il motivo dietro la scelta della preda da parte del predatore si basa sul concetto “massimo guadagno-minimo rischio”. Questa regola “alto guadagno – basso costo” sottolinea la dinamica del modello predatorio. Per questo motivo rappresentano la preda più facile per il predatore. Possiamo quindi osservare i ruoli di:

• Istigatore: il predatore che seleziona la sua “vittima” o “preda” secondo la regola dell’“alto guadagno, basso costo”.
• Mitigatore: la preda che è stata selezionata perché percepita come la “minaccia minore”.

I principali dispositivi vantaggiosi sfruttati dal predatore sono:
• Uso della sorpresa (sfruttando l’effetto negativo dell’SSR [11]),
• Uso di armi,
• Uso dei numeri (superare in numero la preda utilizzando degli alleati),
• Inganno.

Questo uso della sorpresa, dell’imboscata e della selezione delle vittime è stato osservato nei predatori del regno animale. Di conseguenza, il ruolo di Mitigatore sarà significativamente svantaggiato e sarà eventualmente selezionato specificatamente per quegli svantaggi percepiti,

• più debole,
• più piccola,
• inconsapevole,
• da soli (o in numero minore) e
• disarmato (o meno armato).


Nel contesto urbano, possiamo vedere che il rapinatore [12] seleziona una vittima che è ricca, percepibilmente più debole, sola o ignara in una zona isolata (come un vicolo). A causa di questa naturale dominanza dell’istigatore e della selezione di una “preda” più debole, possiamo considerare questo combattimento come un tipo di combattimento interattivo tra uomini e donne [13]. A causa degli enormi ostacoli e svantaggi a carico del difensore, questi ha molto lavoro da fare per rimediare allo svantaggio. Tutte le situazioni di legittima difesa possono quindi essere definite come un’elevata percentuale di combattimenti tra un aggressore più forte e gratuito e una vittima più debole e colta di sorpresa.

Gruppo di Banditi

Poiché la sorpresa è una delle principali fonti di vantaggio dell’istigatore nei combattimenti predatori, è importante affrontare la reazione allo stress di sopravvivenza (SSR). L’effetto serio della SSR è importante per lo studio del combattimento realistico applicabile a modelli di combattimento serio guidati biologicamente e socialmente sanzionati. Laur (2002) suggerisce che questa risposta è progettata per imprimere nell’organismo la necessità di agire rapidamente per sopravvivere in situazioni pericolose. Manifestandosi come una “risposta di sussulto” o un “riflesso di minaccia”, questa reazione autonomica è il risultato di processi neurali che facilitano la risposta, noti come potenziamento del riflesso somatico (SRP). Laur ha elencato vari meccanismi di comportamento protettivo istintivo progettati per proibire e ridurre l’effetto di stimoli esponenziali dannosi:


1) allontanare,
2) spingere via con un movimento all’indietro/girare via, (deflettere)
3) allontanarsi,
4) allontanarsi con una svolta indietro/girare via,
5) accovacciarsi con le mani alzate per proteggere la testa,
6) accovacciarsi con le mani in alto per proteggere la testa con la schiena/girarsi dall’altra parte.

Sebbene queste azioni riflesse manifestino la necessità di proteggersi, c’è anche un effetto biochimico sottostante che modifica il “cocktail chimico” (Kernspecht, 2011) del corpo. L’effetto di tali stimoli di minaccia è stato studiato a lungo da Artwohl e da altri studiosi come Soloman e Horn (1986), Hoenig e Roland (1998), Klinger (1998) e Grossman (1995). Questo effetto può essere osservato in altri combattimenti seri che hanno anche una risposta adrenalinica di tipo “lotta o fuga”. Questi effetti sono dovuti a un aumento degli ormoni dello stress progettati per facilitare la lotta o la fuga, ma possono avere un effetto debilitante se consentito di aumentare oltre i livelli normativi (Wallhausen, 2010, 119). Il cuore è forse la traccia più comunemente osservabile di questo effetto, come è stato notato da Grossman e Thompson.

Banditi Sconfitti


Tra 60 e 80 battiti al minuto sono considerati una frequenza cardiaca a riposo normale o sana. Quando si verifica una situazione sotto pressione, il corpo entra in un processo di sopravvivenza, aumentando la pressione sanguigna per facilitare il rilascio di ormoni essenziali per aiutare a migliorare le capacità di fuga. A 115 bpm, la capacità del corpo di svolgere le capacità motorie fini si deteriora. Tra 115 e 145 bpm è la velocità ottimale alla quale le reazioni visive, cognitive e motorie raggiungono il loro picco. Questo è il periodo di “eustress” in cui le abilità combattive possono essere applicate al meglio, ma l’aumento della frequenza cardiaca può spesso continuare oltre questo punto, portando rapidamente alla cosiddetta “scarica di adrenalina” (Kernspecht, 1985). Tra i 115 e i 175 anni è un periodo che facilita il “volo” in cui le abilità motorie grossolane (cioè la corsa) sono maggiormente favorite. Tuttavia, è in questo periodo che riscontriamo anche lo svuotamento delle feci e della vescica, il congelamento (o la mancanza di capacità psico-fisiche), nonché un deterioramento dei processi cognitivi. In tal caso, 115 – sopra è un periodo dannoso (“distress”) per qualsiasi insieme di abilità logiche di combattimento.
Tanto che questo effetto dannoso è stato delineato da Grossman dopo aver intervistato militari che avevano sperimentato una situazione di “uccidi o sarai ucciso” in cui erano quindi tenuti a uccidere. I risultati del suo studio rivelano gli effetti fisici di questi processi autonomici quando hanno raggiunto il loro apice:

• L’84% ha riscontrato una diminuzione del suono (esclusione uditiva)
• Il 79% ha sperimentato una visione a tunnel (restringimento periferico)
• Il 74% ha sperimentato il “pilota automatico” con poco o nessun pensiero cosciente
• Il 71% ha riscontrato chiarezza visiva
• Il 62% ha sperimentato movimenti al rallentatore [tachipsichia]
• Il 52% ha subito una perdita di memoria per parte dell’evento
• Il 46% ha sperimentato una perdita di memoria per alcuni dei propri comportamenti (amnesia da stress critico)
• il 39% ha sperimentato dissociazione; senso di distacco o irrealtà
• Il 26% ha sperimentato pensieri intrusivi e distraenti
• Il 21% ha sperimentato di aver visto, sentito o sperimentato distorsioni della memoria.
• Il 17% ha sperimentato tempi di movimento veloce
• Il 7% ha avuto una paralisi temporanea


Tutti i combattimenti ad alta intensità condividono in una certa misura questo fattore SSR, con il Brawling (rissa) che è l’esempio di evento più vicino possibile al modello predatorio. Procediamo ora a discutere di questo tipo di combattimento.

Rissa: un combattimento serio e antisociale

Immagine presa da https://www.laleggepertutti.it/367182_conseguenze-legali-per-rissa

In precedenza abbiamo descritto il RHP degli organismi e come questo fattore abbia influenzato la decisione di intensificare o abbandonare il conflitto. Il tipo di combattimenti tra animali della stessa RHP può essere testimoniato nel tipo di combattimenti che io chiamo “Rissa”.

Tutti gli animali, compresi gli esseri umani, sono inclini ai combattimenti guidati biologicamente. Questo tipo di combattimento è la base su cui spesso i combattimenti recedono in una certa misura. Quando i dettami sociali vengono abbandonati, si manifestano comportamenti di derivazione biologica. Quando Thompson (1998) fa riferimento ai “rituali di aggressione” e ai “rituali pre-combattimento”, si riferisce generalmente al tipo di postura comunemente esibita nel combattimento competitivo tra uomini guidato biologicamente. Questi comportamenti, strettamente legati alla comunicazione non verbale e tipicamente maschile dell’aggressività, sono osservabili e appaiono in modo prevedibile prima dell’istigazione del combattimento guidato biologicamente.

La rissa a volte si manifesta a causa di interpretazioni malfunzionanti dell’impeto sociale, che avviene quando (almeno) un essere umano (aggressore) si avvicina a un altro e provoca una reazione emotivo-fisica da parte di un altro essere umano (Benson e Archer, 2002)[14]. Come ha osservato il pugile Jack Dempsey, la rissa è una cosa primordiale ed è un evento naturale implacabile che ha descritto basandosi sull’esperienza diretta.

Quando inizia una scazzottata, tuttavia, viene informalmente programmata per la sua “fine”. Non c’è tregua, né tregua, finché uno dei contendenti [l’autore utilizza scrapper] non viene messo KO o picchiato così duramente da abbandonare. Non si vince una scazzottata ai punti. A volte gli amici o la polizia interrompono uno scontro di strada, ma non si può contare su tale interferenza. Quando un ragazzo si prepara ad una scazzottata, dovrebbe essere preparato a finirla…

Dal momento che una scazzottata non ha supervisione, può trasformarsi in una situazione violenta in cui tutto va bene. Non c’è nessuno che impedisca colpi bassi, colpi, calci, cavamenti di occhi, morsi e strangolamenti. Quando i combattenti arrabbiati cadono in un clinch (legatura), non c’è nessuno che li separi. Spesso segue il wrestling. Un individuo può essere gettato a terra, sul pavimento o sul marciapiede. Può essere martellato quando è a terra, o addirittura “preso a stivalate” – calci in faccia a meno che qualche spettatore umano non interferisca. E non puoi contare sugli spettatori. (Cap. 5)

La lotta continua finché non viene sferrato un colpo decisivo, o finché uno non viene neutralizzato – come ha ricordato Dempsey, è destinato a finire. Successivamente, quando un combattimento inizia, è un continuo procedere verso la fine – appunto ad ogni azione; entrambi i combattenti stanno manovrando per porre fine al combattimento a proprio favour[15]. Si può quindi considerare che si tratti letteralmente della lotta tra elettori verso una soluzione egoistica e che favorisca i propri interessi.

Rissa in Galleria, quadro del 1910 di Boccioni


Durante le lotte più estreme, la “Volontà di Sopravvivenza” dell’individuo (per preservare sé stesso) significherà che tutte le azioni saranno compiute a spese dirette dell’altra persona, e quindi l’aggressività sarà diretta specificamente verso il componente avversario. Egoisticamente, un’azione che disabilita l’avversario, causando effetti a lungo termine (paralisi, forse anche morte) o a breve termine (che inducono dolore), può talvolta essere utilizzata “sul momento” con relativa indifferenza, senza pensare alla persona a cui viene inflitto. Viene descritto da chi lo ha vissuto da vicino come un fenomeno che richiede di “uccidere o essere ucciso”[16]. Tuttavia, in conformità con la legge morale, l’entità del danno a lungo e a breve termine dovrebbe generalmente essere proporzionato al livello di minaccia percepita [17].


Le risse, come potremmo aspettarci, spesso coinvolgono maschi competitivi. Il combattimento ha una discutibile funzione evolutiva, dobbiamo considerarlo nel contesto proposto da Walklate (1995, p.160) quando suggeriva che una considerazione dell’aggressività puramente maschile dovesse:

…mettere in discussione gli uomini, il loro rapporto e l’esperienza della violenza.

Questo studio “orientato al genere” della violenza e dell’interazione di organismi aggressivi nell’evento che chiamiamo “combattimento” è essenziale per inquadrare la nostra immagine del combattimento. Secondo i nostri imperativi per l’esistenza biologica della lotta tra organismi, (per proteggere i loro interessi, per espandere i loro interessi dove possibile (per sfruttare le opportunità che si presentano), e per imporre ad altri organismi dove la loro presenza impone su a. e b) e al posto delle tipologie di strategie elaborate dagli etologi, possiamo dedurre un certo numero di interazioni che ci permettono di identificare le tipologie di lotte che potrebbero esistere.
È forse per questo motivo che i criminologi considerano il Controllo una delle principali funzioni sociali dei comportamenti violenti devianti. Brookman (2000) offre un’utile definizione della funzione dell’aggressività maschile dal punto di vista della criminologia:

Controllare il comportamento degli altri
o Eliminare le minacce di violenza
o Stabilire la “giustizia”
o Per ottenere la conformità
Controllare lo status maschile
o Proteggere lo status maschile
o Affermare lo status maschile
Controllo: potere e piacere

Hudson (1997, 451) sostiene questa visione suggerendo che “il controllo sociale è un concetto importante in sociologia, probabilmente uno dei più importanti”. In tutta la storia dei combattimenti tra uomini (del tipo che si può trovare nell’epica greca di Omero, nelle saghe norrene, nelle opere cavalleresche di De Troyes, Malory o Spencer) possiamo riconoscere i temi ricorrenti dell’uso dell’aggressività e della forza. come facilitatore del senso maschile di Controllo.
La funzione individualista dell’aggressività è la sopravvivenza personale e, nell’interesse della sopravvivenza, controllare e influenzare gli altri affinché rispettino tali interessi. La frustrazione, una delle cause degli atti violenti, è definita come causata dalla contrarietà o dal deficit tra circostanze estranee all’“ideale” o aspettativa interna dell’aggressore. L’allontanamento perpetuo o continuo delle circostanze da questo ideale aumenta i livelli di aggressività all’interno del Soggetto, come Glasl (1997) definisce “indurimento”. Inevitabilmente, questo genera una maggiore probabilità di un incontro fisico.


La violenza maschile è ai livelli più alti contro altri maschi, e poi secondaria nella violenza domestica nei confronti delle donne. Le statistiche sugli omicidi negli Stati Uniti mostrano che gli atti di violenza da parte di uomini sono più comunemente nei confronti di un partner intimo in casa, o fuori casa, verso altri maschi. Daly e Wilson (1988) hanno condotto indagini approfondite elencando trentacinque studi sugli omicidi tra persone dello stesso sesso. Questi studi erano basati su studi nordamericani, islandesi, tedeschi, danesi, indiani, brasiliani, zairesi, botswani e keniani in cui la dimensione del campione variava tra 10 e oltre 3.000. In tutti gli studi, gli omicidi tra persone dello stesso sesso hanno rappresentato oltre il 91% degli omicidi. Questi studi sono supportati anche dall’esame di esempi tratti dalle statistiche sulla criminalità dell’FBI e dai registri della polizia. Harries (1974) dimostrò che nel 1971, secondo le statistiche sulla criminalità dell’FBI, oltre il 90% dei reati coinvolgeva uomini. Allo stesso modo, Dobash e Dobash (1977-78) hanno dimostrato, in un’analisi di oltre 3.000 reati violenti a Glasgow ed Edimburgo, che il 51,8% dei casi riguardava violenza tra uomini e un altro 39,5% riguardava violenza maschile nei confronti delle donne. I dati relativi a Canada, Regno Unito, Chicago e Detroit (tra il 1965 e il 1986) dimostrano alti livelli di violenza tra i maschi di età compresa tra i 24 e i 27 anni (Daly e Wilson 1990: 92-3). Dyck (1980) concorda nel ritenere che si tratti di scambi tra maschi di età compresa tra 18 e 25 anni.


Tra i giovani maschi, ciò che spesso inizia come uno scambio verbale tra individui non associati si trasforma spesso in un’offesa all’autostima e alla reputazione (Archer 1994, p. 121). Dyck (1980) riteneva inoltre che l’impulso a una rissa fosse spesso dovuto a un percepito insulto alla dignità di un uomo o all'”identità da bar”, che poteva coinvolgere questioni apparentemente banali, come “sguardi duri” scambiati tra uomini o il versamento accidentale di una birra. Sono state formulate molte ipotesi su questo fenomeno, molte delle quali applicabili non come ragioni separate, ma piuttosto in concentrazioni variabili.
Wolfgang (1958) tentò di indagare sui motivi dietro l’omicidio e basò il suo studio sull’analisi dei registri del Dipartimento di Polizia di Filadelfia sui casi di omicidio. Wolfgang ha riassunto gli eventi (come riportato da Daly e Wilson 1988) come basati su “… un alterco di origine relativamente banale: insulto, maledizione, spintoni, ecc.” Tuttavia, come osserva Archer (1994), sono stati condotti studi simili che supportano l’impeto banale dell’omicidio, ma questa conclusione ci dice di più sull’incomprensione dell’investigatore che sull’opinione soggettiva dei componenti della rissa. Detto questo, Latane e Richardson (1992) sostengono l’idea che l’aggressività derivi da un impulso esponenziale, cioè dalle parole, dalle azioni, dalla presenza o addirittura dall’apparizione di altre persone. Baron e Richardson (2004, p. 3) confermano che il comportamento aggressivo (almeno tra gli esseri umani) si verifica nel contesto dell’interazione sociale.


Questa interazione sociale trova la sua manifestazione nell’aggressione fisica. Benson e Archer (2002) hanno studiato in prima persona il tipo di dinamiche coinvolte in questo tipo di combattimento in un importante studio osservazionale sulle risse nel nord dell’Inghilterra. Il loro studio ha dimostrato l’alta frequenza di risse con un aspetto di “mascolinità” come impulso. La loro ricerca suggerisce che la “mascolinità” è davvero una risorsa preziosa, simile al tipo di “credito sociale” suggerito da alcuni studiosi nel contesto del duello. Innalzare il proprio status e il livello percepito di “virilità” era importante tra i gruppi studiati, in cui insultare con successo la mascolinità di un altro maschio da un altro gruppo aumentava effettivamente la percezione dell’insultatore all’interno del suo stesso gruppo. Diatribe monosillabiche e insulti erano comuni come “fottuto puffo”, “fottuta ragazza”, “maledetto queer” tentavano attivamente di sminuire le prospettive ortodosse della mascolinità e di isolare la vittima come bersaglio legittimo (alcuni degli studiati hanno osservato: “Stava chiedendo per questo”). Con l’aumento del consumo di alcol, le inibizioni nel provocare conflitti spesso diminuiscono e, di conseguenza, aumenta l’impulso a insultare gli altri. Come hanno notato Benson e Archer: “Più il posto era rumoroso, più affollato, più illuminato e più giovane era la clientela, maggiore era la valutazione e maggiore era la probabilità che sfociasse in risse”.

Rissa in Osteria. Immagine presa da https://www.dimanoinmano.it/en/cp224192/art/antique-painting/fight-in-the-tavern-central-european-school-oil-on-canvas-18th-century


Le caratteristiche comuni della rissa sono state delineate da Dyck (1980) che ha studiato la mascolinità e la violenza in una città canadese di taglialegna. Dyck ha suggerito che, per gli osservati, combattere o “demolire” (scrapping) fosse una forma di ricreazione, conformandosi alle opinioni di altri studiosi che hanno condotto studi simili più recentemente (Benson & Archer, 2002). Una frase comune usata dagli esaminati era “ci stavamo facendo una risata”, “era un po’ da ridere”.
Anche Dyck (1980), Tomsen (1997) e Archer & Benson (2002) hanno cercato di osservare il combattimento in prima persona. Dalle loro osservazioni, i combattimenti avvenivano più spesso in “ambienti naturali”, o in ciò che Tomsen chiamava “luoghi altamente violenti” che consistevano in pub, club e altri luoghi sociali dove spesso veniva consumato alcol. Volavka (1999, 308) spiega la correlazione tra alcol e violenza, spiegando che:

“I disturbi da uso di sostanze (alcol e droghe) svolgono un ruolo importante nei comportamenti violenti e suicidi. Negli Stati Uniti, il 34% del rischio di violenza auto-riferito dai residenti della comunità è attribuibile all’abuso di sostanze. I test delle urine sono risultati positivi per le droghe illecite nel 37%-59% dei maschi arrestati per crimini violenti nelle città degli Stati Uniti. Tra i maschi finlandesi, il 40% del rischio di omicidio è attribuibile all’alcolismo”.


L’impatto dell’alcol nel contribuire ai combattimenti e alla violenza è significativo, come spiegano Bushman e Cooper (1990):

MacDonald… ha esaminato 10 studi e ha scoperto che la percentuale di assassini che avevano bevuto prima dei loro crimini variava da. 19 a .83, con una media di .54. Studi più recenti hanno riportato risultati simili sia tra gli aggressori adulti… che tra quelli giovanili. Inoltre, l’intossicazione da alcol è stata collegata ad altri tipi di aggressione, come l’aggressione… l’abuso della moglie… e lo stupro”.

Archer & Benson (2002) hanno scoperto che l’alcol è stato un fattore esacerbante e ha aumentato la probabilità di conflitto che ha causato “situazioni che hanno semplificato” e, a sua volta, ha reso “comportamenti impulsivi più probabili”, tanto che il proprio “giudizio è compromesso”. . Questi fattori, uniti a “un esagerato senso di importanza personale e di capacità, e una ridotta sensibilità al dolore”, fanno sì che l’alcol funga da catalizzatore per rendere i combattimenti molto più rischiosi e instabili. Questi tipi di combattimenti “indotti dall’alcol” rappresentano una seria preoccupazione per le autorità di ordine pubblico come la Polizia. Questa preoccupazione ha portato alle indagini di Christensen (2010) che si è concentrato sul tipo di tecniche che potrebbero essere di uso pratico contro qualcuno resiliente al dolore, o quando il dolore non può essere utilizzato per costringere o scoraggiare.
Date le nostre considerazioni qui, possiamo riassumere l’ambiente contestuale specifico della rissa nei seguenti punti:

– Il combattimento inizia con rituali di machismo pre-combattimento guidati biologicamente, e quindi c’è poca propensione a istigare una “guardia” o un “ostruzione” pre-combattimento.
– Inizia a distanza e richiede metodi di posizione eretta e stabilità per rimanere nel raggio d’azione.
– Uso massiccio di spinte al petto prima dell’incontro, che spesso portano a un pugno oscillante iniziale. Elevata consapevolezza della portata per questo scopo.
– A causa della mancanza di una “guardia” formale, il comportamento in combattimento è diretto alla parte esposta del corpo.
– Poca o nessuna pressione per conformarsi alle regole, ma elevata pressione per aderire ai preconcetti di mascolinità (per “onore”, per “salvare la faccia”, mantenere il “rispetto”, punire la “mancanza di rispetto” et al.)

Duello: un combattimento serio e civilizzato

Immagine presa da https://www.vitantica.net/2018/03/09/processo-per-combattimento-duello-giudiziario/

Se la rissa è un combattimento tra uomini innescato da fattori accidentali o esacerbanti, e la conseguente azione su tali stimoli nel momento, allora dove possiamo spiegare i tipi di combattimenti singoli sanzionati/istituzionalizzati che ricordiamo dalla storiografia? Abbiamo accennato brevemente a una sorta di “capitale sociale”, come se tale ruolo di status all’interno di un gruppo fosse la sua stessa risorsa. Tanto che nei resoconti storici possiamo leggere di risse che assumono un formato istituzionalizzato.


Amberger (1996, 58-65) ricorda che secondo The Dictionary of the Devil di Ambrose Bierce, il duello era una “…cerimonia formale preliminare alla riconciliazione di due nemici. Per osservarla in modo soddisfacente è necessaria una grande abilità; se eseguito in modo goffo, a volte ne derivano le conseguenze più inaspettate e deplorevoli. Tanto tempo fa, un uomo perse la vita in un duello”. Questo è stato infatti il caso dei duelli combattuti tra uomini per trecento anni, come mezzo sanzionato attraverso il quale “l’incontro armato ritualizzato” veniva utilizzato per “risolvere questioni d’onore (sic)” (Amberger, 1996, 58). Hobbes sostiene la visione, come abbiamo suggerito in precedenza, secondo cui la “mascolinità” era una questione di RHP, e come tale “l’onore” è un aspetto o una componente di quella “mascolinità”. Egli descrive,

“…Valutare un uomo ad un livello elevato, è onorarlo; a un livello basso, è disonorarlo. Ma alto e basso, in questo caso, devono essere intesi in rapporto al livello che ogni uomo dà a se stesso…” (Hobbes, 1610, cap.10, 17.)

In tal caso, è relativo alla stima che ripone in se stesso, essendo:

“…qualsiasi possesso, azione o qualità è argomento e segno di potere…Né cambia il caso dell’onore se un’azione, quindi sia grande e difficile e di conseguenza segno di molto potere, sia giusta o ingiusta, poiché l’onore consiste solo nell’opinione del potere” (Hobbes, 1610, cap.10, 37; Amberger, 1996, 58).

Come Rawls (1993, 3) una volta affermò che “la giustizia è la prima virtù delle istituzioni sociali, come la verità lo è dei sistemi di pensiero”, possiamo osservare un legame intrinseco tra Istituzioni e Giustizia. Come suggeriscono Kingston e Wright (2009, 7), i duelli erano “…non risse da bar o scontri…spontanei…” come abbiamo visto da Dyke, “…ma piuttosto eventi attentamente pianificati”. Per estensione, possiamo riconoscere l’influenza delle istituzioni e del concetto di giustizia nel tentativo di “civilizzare” le risse guidate dalla biologia. La rissa, come abbiamo visto, tendeva ad essere sottolineata da rituali pre-combattimento “incivili” e “animalistici”, un inizio spontaneo che aumentava l’effetto dell’SSR così come le raffiche disordinate di azioni non coordinate e cariche di aggressività. Tali aspetti erano ovviamente sconvenienti per i gentiluomini borghesi per i quali tali zuffe rappresentavano, come descrive Amberger, “il valore interiore di un uomo…” e il “riconoscimento e il notevole rispetto di questo valore da parte degli altri”. In quanto tale, è quindi chiaro che tale condotta era necessaria per risolvere le questioni, ma la sua manifestazione richiedeva “civilizzazione”.

Per questo motivo, i duelli erano spesso non spontanei, il che significa che subivano l’influenza degli effetti debilitanti dello shock. Le sanzioni, anche se potrebbero essere restrizioni, non dovrebbero essere collocate all’interno dello stesso gruppo. Le sanzioni sono il risultato della codificazione istituzionale dei combattimenti naturali guidati biologicamente. Questa distinzione tra Rissa e Duello può anche avere un impulso sociale, in cui le confraternite dell’alta borghesia tentano di codificare il combattimento e di elevarlo a un livello adatto a una classe borghese “raffinata” e colta. Questo evento può anche essere considerato il caso nella differenza tra rissa e competizione ricreativa di seguito.

Il duello è una costruzione umana, essenzialmente un espediente civilizzato, sebbene in definitiva falso. La sua integrità dipende, in modo piuttosto vago, dall’accettazione di un insieme di regole codificate. Le convenzioni sociali, strettamente associate ai concetti di mascolinità, onore ecc. informano la condotta e il comportamento nel combattimento. Nel momento in cui un singolo elemento di quelle condizioni socialmente imposte viene abbandonato, viene generalmente accettato come permesso di abbandonarle allo stesso modo da parte di altri costituenti, così che si verifica un’escalation e la lotta raggiunge una qualità simile alla “Rissa”.
Le convenzioni sociali su cui si fonda il duello e il suo legame con i concetti antropici di “giustizia” sono stati notati da vari studiosi. Galas (2010a), evidentemente attingendo alla sua fonte in Miller (2008), e d’accordo con MacYoung (1989; 1996), usa il termine “Fair Fight” quando considera il contesto del duello. Egli nota che:

“Ogni volta che arriva il momento critico, è nella natura umana cercare un vantaggio ingiusto sul nemico, in termini di numero maggiore, sorpresa o armi superiori. Pertanto, la premessa stessa di un incontro competitivo (due avversari, squadrati, che iniziano a distanza, armati con armi identiche) è una situazione che raramente si verifica nella realtà. Molto più probabile che in un “vero combattimento” sia esattamente il contrario: più avversari; attaccare con l’elemento sorpresa; iniziare il combattimento da una distanza ravvicinata; e attaccare quando la vittima è disarmata, prima che possa estrarre la sua arma, o con armi di gran lunga superiori.

Forse è vero che le convenzioni sociali tentano di limitare il livello di aggressività e di comportamenti altamente “ingiusti”. Il set di regole è accettato con in mente un vantaggio; “se accetto di non farti queste cose, non me le farai” (Hey, 1784, 10). In tal caso, tale concessione può ridurre al minimo il rischio potenziale nel caso in cui l’evento prenda una piega a mio svantaggio. Tali convenzioni “non colpire un uomo se è a terra”, “non colpire un uomo mentre è voltato”, ecc. sono tutte basate sul concetto di garantire l’uguaglianza delle circostanze. Sono concepiti in modo che il combattimento venga deciso in base all’abilità nell’azione e nella reazione piuttosto che a particolari influenze esterne sul combattimento (come scivolate, eccessiva estensione della tecnica, ecc.). Considerato questo tipo di repressione di alcuni comportamenti, è difficile concepire un’azione che possa essere considerata “giusta”, poiché la lotta è per sua natura definita dallo svantaggio relativo.

Forse prima di poter classificare il “Duello” come un “Tipo” di combattimento, dobbiamo prima considerare alcuni esempi specifici e siamo fortunati che la rissa sanzionata secondo le convenzioni sociali abbia una storia antica. I Gladiatori dell’Impero Romano sono forse l’esempio più riconoscibile di questo tipo di duello. Tuttavia, il Gladiatore evidenzia per noi una curiosa preoccupazione; l’uso del duello per altri valori di risorse come fama, denaro o libertà. Lattuada (2003, 107) osserva come i combattimenti tra famosi gladiatori fossero un “duello tra stelle, ed il loro modo di combattere era, in sé, un esercizio di stile e di gusto…”, rivolgendosi universalmente agli spettatori del combattimento, espresso “ non tanto nel conflitto fisico per la difesa del proprio onore” ma per divertimento. L’attuazione delle sanzioni contro il Gladiatore era rigorosa (Kyle 2007, 282) e richiedeva il giuramento (sacramentum) che sarebbero stati “bruciati dal fuoco, legati in catene, picchiati, morti con la spada” come schiavi . Tale giuramento consentiva allo Stato romano di negare la responsabilità per il benessere degli schiavi. L’offerta allo schiavo era semplice; “duella per il nostro divertimento, duella bene per la tua libertà”. Il successo negli incontri dei gladiatori non solo consentiva agli schiavi di ottenere la grazia, ma li costringeva a diventare professionisti nel combattimento. Questo tipo di duello per ragioni diverse dall’onore rimase una corrente sotterranea per il successivo fenomeno del combattimento a premi.[18]

Ordalia, immagine presa da https://storiaglocale.com/lultimo-giudizio-di-dio-lordalia-del-1386/



Sebbene l’onore contribuisse in modo determinante all’inclinazione a combattere, serviva anche come mezzo per risolvere le controversie legali. Varie ragioni per queste sanzioni sociali possono essere derivate da influenze culturali, attraverso ragionamenti filosofici e teologici (cioè l’inizio del duello giudiziario nel 501 d.C. da parte di Gundebald, re dei Burgundi come “giudizio di Dio” dai codici di legge Gundebati, ( o Trial by Ordeal; Baldick 12, Morris, Baist 1890, 436-39 et al), o come risultato di cambiamenti tra gruppi culturali in via di integrazione (Holzhauer 1986, 277). Altri (come Kiernan, 1989, 33) ritengono che prima i duelli giudiziari venivano perpetuati e rivisti dalle generazioni successive per interpretare e accettare il ruolo del combattimento all’interno della società. In una certa misura, potremmo essere d’accordo con quest’ultima considerazione, in cui possiamo vedere che anche nella nostra epoca moderna il combattimento non è stato abbandonato, ma semplicemente escogitato in diverse forme competitive (e attenuate).
La questione del ruolo del duello giudiziario nel contesto della comprensione del combattimento è interessante, se non al suo apice complessa. Gli studi sul tipo di combattimenti presenti nelle opere dell’alto medio evo tedesco sono stati condotti da Bode (1909), ma come sottolinea Kellet (2008, 11), la maggior parte delle discussioni sull’argomento lo descrivono strettamente in termini di un dispositivo narrativo ( consentendo al pubblico di giudicare le virtù, il valore e l’abilità di un combattente), su una forma di combattimento di un singolo periodo di tempo o di un particolare paese. Kellet indica il tipo di discussioni che circondano ciò che Baldick (1970) chiama “Duelli giudiziari” e “Duelli di cavalleria” (variamente indicati come Duellum, Bataille o Zweikampf nelle fonti d’epoca, Kellet, 11) come avvenivano nel Medioevo, e non considera i successivi “Duels of Honor” (Baldick, 1970)
Una prima forma di duello giudiziario fu ampiamente utilizzata dai primi popoli europei. Uno di questi esempi è stata la pratica scandinava dell’“holmgang”. Una considerazione strutturata dell’Holmganga è stata delineata da Davidson (1962, 206; come menzionato da Kellet, 2008, 12), in cui specifica le sanzioni sociali:

• I combattenti accettano di combattere davanti ai magistrati.
• I combattenti si ritirano su un’isola (in antico islandese, “Holm”) per evitare interferenze (in conformità con le antiche leggi del duello giudiziario)
• I mantelli vengono stesi a terra per coprire una determinata area e tesi mediante bacchette di nocciolo conficcate nel terreno.
• I combattenti combattono a piedi.
• I combattenti combattono con le spade.
• Ai combattenti è consentito un determinato numero di scudi ciascuno.
• Il combattimento continua finché l’uno o l’altro dei combattenti viene ferito.
• Il combattente il cui sangue tocca per primo i mantelli viene dichiarato perdente.

Cavaliere errante della dinastia Qing

Sebbene i primi combattimenti coinvolgessero i querelanti che dovevano combattere per la propria rappresentanza nel duello giuridico, in seguito viene registrato che un “campione” poteva essere nominato per rappresentare i propri interessi nel combattimento. Sia la fonte giuridica tedesca Sachenspiegel che il Deutchenspeigel riportano che poteva essere nominato un “campione giudiziario” (kempfe), ma che poi veniva riconosciuto come poco più che un rehtelos (“bastardo”, Kellet, 2008, 14; Hils 1985, 329; Schaer 1901, 98-100) fino al successivo Alto Medioevo quando venne riconosciuto giuridicamente.
Bongert (1949) ha riassunto le sanzioni e le convenzioni religiose evidenti nei combattimenti della Francia:


• L’accusato deve giurare la sua innocenza ed entrambi i combattenti giureranno davanti a Dio e ai Santi che la loro causa era giusta,
• il magistrato assegnava loro la data e l’ora del combattimento, poi entrambi si comunicavano e talvolta facevano offerte alla Chiesa, il terreno veniva recintato all’antica (per impedire l’intervento)
• Il combattimento sarebbe continuato fino a quando un combattente non avesse dichiarato la sconfitta o non potesse più continuare.

Sebbene queste fossero le convenzioni dei combattimenti di corte, rimaneva una sottocultura di combattimenti giudiziari “più comuni”, in cui le soluzioni di controversie sulla proprietà, rapina, omicidio, adulterio e tradimento venivano tutte trattate alla maniera di ciò a cui si riferiva lo Zwickauer Rechtsbuch (1348). come fustis et scutis (con mazza e scudo, quella che Talhoffer chiama la “tradizione franca” (Rector, 2000, tav. 104; Faulkner, 1495, 65v) – ma in seguito acquisì il ‘diritto’ di combattere con le spade.


Al tempo dei “Duelli d’Onore” – a causa della distinzione fornita dall’istituzione sociale del duello – era comune per gli uomini “assumere l’onore” sulla base del coinvolgimento nel duello, piuttosto che avendo effettivamente un comportamento onorevole. Spesso era un dispositivo attraverso il quale gli uomini potevano acquisire onore. Questo sgradevole particolare fece sì che il Duello fosse visto senza grande distinzione tra i combattenti. Nella Boxiana (1829, 11), sebbene la trattazione riguardasse particolarmente la pratica del duello con le pistole, se l’opera riflette il giudizio della confraternita pugilistica sulla pratica del Duello, non fu certamente positivo. Il duello viene definito un “sistema signorile” – un “modo onorevole e corretto… di risolvere le differenze…” considerato tale “dai PILASTRI CORINZI DELLO STATO” come un processo utilizzato “… quando le leggi non vengono applicate per risarcimento”. L’autore afferma che, sebbene “…la codardia debba essere disprezzata…”, egli esorta “… che nessun uomo dovrebbe sopportare pusillanimamente un insulto grossolano o un’offesa non provocata. Le leggi d’onore, senza dubbio, sono di una struttura così fine e delicata…” che ci sono “appelli ridicoli… in troppi casi, a quelle sacre leggi, richiamano con la forza alla memoria “un’usanza più onorata nella violazione che nell’osservanza ‘”. Evidentemente, sebbene il duello fosse considerato un modo sanzionato per difendere la propria virilità, divenne certamente un’istituzione che sanzionava coloro che avevano un carattere poco onorevole ma li riconosceva come tali semplicemente a causa del successo nel duello. L’autore sottolinea infine la tragedia di queste vicende, che molte di esse sono “così ridicole all’inizio, ma così straordinariamente serie nella loro conclusione, da precludere qualsiasi ulteriore commento”. Detto questo, prosegue:

“….I pignoli, non abbiamo dubbi, sorrideranno alla frase – RIFLESSIONE; ma quanta miseria e povertà avrebbero potuto essere risparmiate da quella riflessione, sulle terribili conseguenze che avrebbero potuto derivare dal DUELLO – nel rendere le loro mogli vedove premature e prive di mezzi; i loro figli orfani e angosciati; e loro stessi strappati via in un attimo «con tutte le loro imperfezioni sul capo», e la riconciliazione messa fuori discussione. Se fosse possibile sbirciare nei penetralia di coloro che escono a decidere le liti secondo questo modo garbato, capiremmo piuttosto che, nel decidere con verità, si potrebbe percepire in fondo qualcosa come la paura, se onnipotente l’onore non le ha impedito di avere un luogo di riposo”

Possiamo trovare esempi di combattimenti istigati per difendere il proprio onore in accordo con il precedente suggerimento di Brookman secondo cui il combattimento si basa su un impulso basato sulla mascolinità. La funzione di “controllare il comportamento degli altri”, di “proteggere e affermare lo status e il potere maschile” può essere rintracciata negli esempi storici di duelli cavallereschi. Evidentemente i nostri esempi storici della mascolinità nel cuore dei combattimenti cavallereschi e giudiziari sono anche al centro dei combattimenti moderni in cui usiamo i termini come “rispetto” piuttosto che “onore”, “mancanza di rispetto” anziché “disonorare”, tuttavia il principio dietro di loro è lo stesso. Nella maggior parte dei casi si tratta di eventi pianificati che coinvolgono quanto segue:

– Un orario specificato e concordato,
– Un luogo determinato e concordato,
– Un insieme di regole specificato e concordato (lista di soppressione),
– Una forma specifica e concordata di potenziamento (armi),
– Nessun intervento consentito.

A causa di queste condizioni, il formato del combattimento spesso ha le seguenti qualità:

– Preparazione anticipata.
– Poiché i combattenti sono preparati in anticipo per il combattimento, il combattimento inizia dal modello “en-guard” e spesso omette rituali pre-combattimento guidati biologicamente.
– Inizia a distanza e richiede metodi di approccio.
– A causa dell’“en-guard”, il comportamento in combattimento è “assediato”, il che significa che l’ingresso in combattimento è più difficile, quindi si può osservare un aumento significativo della necessità di comportamenti ingannevoli.
– A causa dei tentativi di entrambe le parti di esercitare una forza decisiva, il combattimento di solito comporta un “circolo” (a causa di reciproci tentativi di entrare nei limiti del raggio biomeccanico dell’avversario, o negli “angoli esterni”)
– Pressione per conformarsi alle regole (o affrontare l’ostracismo sociale), nonché percezione della mascolinità (per “onore”, per “salvare la faccia”)
– Impossibilità di utilizzare espedienti vantaggiosi quali sorpresa preventiva o armi occultate.

Molto spesso, a causa di queste differenze intrinseche osservabili tra Rissa e Duello, possiamo anche suggerire che il Sistema di Combattimento progettato per affrontare uno o entrambi o entrambi debba conformarsi alle caratteristiche e alle pressioni specifiche di quell’evento.
Poiché le persone moderne ignorano continuamente la necessità biologica di sistemi di combattimento salvavita, tendono anche a ignorare che tutti i sistemi di combattimento esistono a causa della necessità stessa di migliorare le proprie possibilità di sopravvivenza pre-pianificando e progettando i sistemi.

Note

[11] Risposta o reazione allo stress di sopravvivenza.
[12]“aggredire o minacciare, soprattutto con l’intenzione di derubare”.
[13] Brookman suggerisce che gli atti di violenza da parte degli uomini contro le donne siano in gran parte una questione di controllo, come suggerito negli studi di Dobash e Dobash, 1979; Barnard et al., 1982; Wallace, 1986; e Polk, 1994.
[14] Wolfgang (1958) fece uno studio sull’aggressività in cui notò che nella maggior parte dei casi, la lotta nasceva da “…un alterco di origine relativamente banale; insulti, imprecazioni, spintoni, ecc.
[15] Lo Hagakure (Libro 3.6) dichiara, logicamente, che “In guerra non esiste Legge. Vincere sul nemico è la legge militare”.
[16] Styers (1974) afferma: “Ovviamente, l’uomo che lotta per la propria vita utilizzerà ogni mezzo, giusto e ingiusto, per salvarla”, o ciò che Lorenz (1979) ha definito “reazione critica”, utilizzando tutti i mezzi per avere successo e sopravvivere. Come dice il proverbio Shaolin “Evita di combattere a tutti i costi; tuttavia, quando non è disponibile altra scelta; ferire piuttosto che essere ferito, mutilare piuttosto che essere mutilato; uccidere piuttosto che essere ucciso”. (McCarthy, 1999, 99)
[17] Si tratta di un riferimento alla sottosezione 1 del Criminal Law Act del 1967 che prevede che: “Una persona può usare la forza quanto è ragionevole date le circostanze nella prevenzione del crimine”, e afferma inoltre che esiste un “dovere di ritirarsi” e usare solo la forza necessaria. MacYoung (sul suo sito web, nononsenseselfdefense.com) afferma realisticamente che se l’avversario ha un coltello, allora l’uso della forza letale è giustificato.
[18] In Inghilterra, il combattimento a premi era un modo comune di sfruttare le proprie abilità nel combattere per guadagnarsi da vivere; Era comune anche in Giappone tra i bushi.

Prima Parte

Seconda Parte

Terza Parte

Quinta Parte

Tipologie di Combattimento: Scale Definite dal rischio

Contesti di violenza: Una classificazione del combattimento come predicato per una tipologia di arte marziale (Terza parte)

Prosegue da Seconda Parte

Come ho già suggerito, per indagare sui Sistemi di Combattimento bisogna prima indagare il fenomeno da cui traggono slancio. Dove ho descritto le “motivazioni”, ho già delineato alcuni dei tipi di combattimento che ne risultano. Ora è necessario definire come possiamo classificare questi combattimenti.

L’imposizione è molto spesso lo strumento di chi ha poco e cerca di acquisirlo da un altro, nel qual caso è riconoscibile come miglioramento delle proprie risorse. Archer (1994, p2-18) dimostra che esiste una correlazione tra Resource Holding Power (RHP, cioè Potere di detenzione delle risorse) e Resource Value (cioè Valore delle risorse). All’inizio di un combattimento, entrambi i componenti assumono un “ruolo di valutazione” (Parker & Rubenstein, 1981) in cui ciascuno valuta il proprio RHP rispetto al proprio avversario e il potenziale guadagno diviso per il costo di tale guadagno. Laddove il RHP di un componente è elevato, allora anche il costo potenziale di combattere un componente avversario sarà elevato, e quindi la propensione a combattere sarà bassa. Laddove il RHP di un componente è basso, il costo potenziale di contendersi contro di lui potrebbe valere il rischio. Spesso vediamo questo processo decisionale tra i maschi inferiori che lottano contro un maschio alfa tra i mammiferi. Questo “ruolo di valutatore”, utilizzando il modello di valutazione semplice [9], è stato osservato tra tritoni, colibrì e ragni (Archer, 1994 11) osservando che i costituenti intensificavano i combattimenti quando il valore delle risorse era alto.

Queste risorse non sono sempre tangibili, ma a volte sono componenti metafisiche apprezzate da un membro della società (come il “rispetto” o la “reputazione”, o anche il “controllo”). La protezione, d’altro canto, è spesso basata sull’avere RHP, e il tentativo di mantenere quella “proprietà” implica la necessità di proteggerla – da qui il detto “più si ha, più si ha paura di perderla”. Potremmo quindi diventare testimoni di una lotta continua tra chi ha e chi non ha. Man mano che i mezzi per attaccare (come armi e metodi di inganno) diventano più sofisticati, lo stesso vale per i mezzi per proteggere. Quindi, le motivazioni dei costituenti, la valutazione e il guadagno contribuiscono a definire il tipo di combattimento (Wallhausen, 2009, 72). Analizzando la varietà delle interazioni, possiamo testimoniare la logica sottostante all’opera.

Prima di poter affrontare il problema delle Arti Marziali come Sistemi di conoscenza, dobbiamo prima considerare i tipi di combattimenti che esistono, poiché è da essi che tutti i Sistemi di Combattimento trarranno la loro radice. È a causa loro (come fenomeni naturali) che i sistemi sono stati creati dall’uomo.

Seriosità e Gioco: la “scala di intensità” del combattimento

Armstrong (Hoplos, 1993) definisce due categorizzazioni del combattimento, facendo una considerazione che, pur non essendo conclusiva, ben si integra con la mia teoria. Armstrong suggerisce che esistono due tipi di combattimento; Mortale e non mortale: quindi si avventura a offrire i fattori di denominazione coinvolti in ciascuno di essi [10]. Evidentemente questo serve a rendere conto dell’esistenza di fenomeni di battaglia e di combattimento singolo, ma dove dovremmo considerare i combattimenti in cui è coinvolto il rischio di morte, ma non avviene? Ad esempio, se venissimo aggrediti da un aggressore armato di coltello, c’è il rischio di essere accoltellati, ma c’è anche la probabilità che non lo siamo. In effetti, l’aggressione è stata “in teoria” una lotta mortale, ma non ha posto fine alla mia mortalità e quindi in realtà non possiamo vederla come una lotta mortale. Usando la definizione di Armstrong, qualsiasi combattimento che non porti alla morte è un combattimento non mortale.

图为1953年,天津全国民族形式体育表演竞赛大会上,表演刺剑。新中国成立之后,社会的稳定让中国武术慢慢剥离了实战性。


Un altro studioso, Thompson, che ha lavorato come buttafuori in un nightclub, offre un tentativo simile di definire i tipi di combattimento che ha delineati in termini di tempistica e numero di agenti coinvolti (1998, p11). I suggerimenti di Thompson (combattimento di tre secondi, combattimento di torneo, combattimento di imboscata) si basano sull’osservazione dei combattimenti. Naturalmente, Thompson non mira a inventare una categorizzazione conclusiva o universale poiché sta discutendo i tipi di combattimenti che coinvolgono due o più Agenti in aggressioni civili. A differenza di Armstrong che spiegava le formazioni militari e le tattiche sul campo di battaglia dell’antica falange greca, non troviamo alcun uso di questo tipo delle categorizzazioni nella teoria di Thompson – ma perché dovremmo? L’intenzione di Thompson è quella di descrivere il tipo di combattimenti a cui ha assistito o vissuto e classificarli di conseguenza. Thompson descrive il tipo di combattimenti che si riscontrano nelle circostanze urbane. In tal caso, potremmo aspettarci che la teoria di Thompson applichi la sostanza alla teoria di Armstrong, e in una certa misura lo fa. Sebbene le sue esperienze (e testimonianze) di questo tipo di combattimento si aggiungano alla sua definizione, sono in realtà affermazioni singolari. Da questi possiamo costruire una teoria universale, ma utilizzando solo osservanze singolari isolate; non possono prevedere tutti i tipi di eventi. Ma ci sono chiari indizi sulla loro adatta applicazione ai nostri scopi.


Il combattimento di tre secondi allude al tipo di combattimenti seri suggeriti nei commenti medievali sui combattimenti associati a Johannes Liechtenauer (HS3227a, 1389), che a sua volta è simile a quello delineato da Armstrong nella sua considerazione del combattimento mortale. Inoltre, possiamo tracciare somiglianze tra lo Schulefechtens di Liechtenauer e il Match Fighting di Thompson con il combattimento individuale non mortale di Armstong. Quindi, ci sono già stati offerti alcuni passi importanti verso una teoria universale, e senza dubbio qualsiasi futura teoria trarrà inevitabilmente aspetti da queste precedenti definizioni.


Forse un’altra tipologia supplementare di combattimento si presenta sotto forma di Antagonistic and Agonistic Combats di Amberger (1996, 121-127). Le ipotesi di Amberger dipendono dalla considerazione dell’intento o della motivazione, nonché del rischio percepito che l’avversario pone, in modo molto simile al mio suggerimento (Wallhausen, 2009, 73-74). Anche l’effetto di tali condizioni lo preoccupa, delineando il livello di stress coinvolto e le potenziali implicazioni sociali più ampie. Le categorie di Amberger sono:

Combattimento antagonista
a) Dominio/sopravvivenza assoluta
b) Commento (dal commento francese “by the rule”)
Combattimento agonistico
a) Combattimento competitivo
b) Combattimento teatrale (collaborativo).

Con questi suggerimenti, possiamo vedere il tipo di combattimenti utilizzati sul campo di battaglia nel “Combattimento Antagonistico di Tipo A”, e possiamo considerare il “Combattimento Antagonistico di Tipo B” come il tipo di combattimenti che vediamo nell’istituzione storica del “duello”. Ma dove collocare adeguatamente il tipo di lotta competitiva ma seria tra i maschi per strada? Come teniamo conto dei combattimenti guidati dalla biologia, e anche come teniamo conto dei tipi di combattimenti predatori che richiedono una risposta di “autodifesa”? Un attacco gratuito contro una donna potrebbe essere definito “dominio/sopravvivenza assoluto”, ma la definizione di Amberger non corrisponde pienamente alla descrizione di questi combattimenti offerta da altri studiosi. Inoltre, un duello nel XVI secolo era sia “commento” che “dominio/sopravvivenza assoluta”, quindi in cosa viene classificato? Le definizioni di Amberger sono, secondo la sua stessa introduzione, progettate per descrivere il tipo di combattimenti che utilizzano armi da taglio (ibid, 121). Pertanto, ci aspetteremmo che le sue definizioni omettano questi altri tipi di combattimenti che abbiamo suggerito.


Come dovremmo aspettarci, come oplologo, le considerazioni di Armstrong vanno molto oltre le definizioni di Amberger e Thompson. Tuttavia, abbiamo già visto che si possono rintracciare somiglianze tra tutti e quattro e quindi, sebbene le loro descrizioni siano diverse (in termini di tassonomia), mantengono tutti uno scopo e un’intenzione simili. In effetti, è forse solo la definizione semantica a dividere le loro categorizzazioni? Potremmo utilizzare le categorizzazioni di Armstrong per gettare le basi e utilizzare sia le categorizzazioni di Amberger che quelle di Thompson per aggiungere peso a postulazioni specifiche. Pertanto, la mia teoria cerca di unificare i temi sottostanti, di fare un passo avanti rispetto alle descrizioni linguistiche incidentali e di rivelare quindi le verità sottostanti a tutte queste.
Prima di farlo, tuttavia, vorrei rivolgere la mia attenzione al combattimento tra animali, poiché credo che per definire il combattimento nel senso più ampio possibile, una categorizzazione dovrebbe applicarsi sia ai combattimenti tra animali che a quelli umani. In tal caso, quando si valuta la tipologia dei combattimenti tra animali, si assiste alle stesse tipologie: lotta per la sopravvivenza e lotta per gioco.


Lo scopo del “gioco di combattimento” tra animali giovani è quello di prepararli al vero combattimento. È stato dimostrato che sia gli esseri umani che gli animali prendono parte a questo tipo di combattimenti attenuati (de Waal & Aureli, 2000). Molte specie di animali dimostrano atti di combattimento da giovani per conoscere il mondo che li circonda e l’uso accettabile del proprio corpo nel combattimento e nell’interazione con altri animali. Non solo quando sono giovani, ma anche quando sono maturi, gli animali mostrano un combattimento attenuato, e questo è osservabile più spesso negli atti di combattimento tra membri della stessa specie.


I lupi maschi adulti potrebbero competere tra loro per affermare il proprio status, ma non con alcuna intenzione di uccidere. Sebbene i loro combattimenti sembrino aggressivi, i loro morsi potrebbero facilmente provocare la morte se lo desiderano. Aldis (1975) ha dimostrato che molti di questi combattimenti terminano con una sottomissione ritualizzata e posso dipendere dall’uso di determinate tecniche dirette verso particolari bersagli corporei. Questi combattimenti non sono quindi combattimenti letali ma combattimenti attenuati in cui viene trattenuta tutta la loro forza. Ciò significa che le forme di attenuazione attraverso la regolamentazione e le regole non sono un fenomeno puramente umano. Pellis & Pellis (1998a) hanno dimostrato che molti animali possono avere un sottoinsieme di regole legate al gioco di combattimento. Il comportamento nel combattimento di gioco dipendeva da una regola generale che ci siano 50:50 tra tecniche di attacco e tecniche difensive (Aldis 1975; Altmann, 1962), mentre l’uso di tecniche puramente offensive aumentava in un incontro serio (Pellis & Pellis, 1998a).


La dinamica del combattimento serio richiede di agire con Dovuta Diligenza, il che significa che un animale attaccherà con un metodo simultaneo per limitare le ritorsioni da parte dell’avversario. Ciò significa che quasi tutti gli attacchi effettuati in un combattimento senza Restrizioni sono stati effettuati con una difesa simultanea (Pellis, 1997). Ciò facilita anche la capacità dell’aggressore di effettuare ulteriori attacchi in relativa sicurezza. Con il combattimento che ha restrizioni, le azioni di attacco e di difesa sono procedure separate, per cui le difese dell’una potrebbero consentire l’attacco riuscito dell’altro. Poiché il rischio è molto inferiore, gli animali spesso lasciano scoperte alcune parti del corpo. Questo tipo di noncuranza nel combattimento per gioco sottolinea il tono del combattimento con restrizioni tra animali e viene utilizzato come mezzo sociale per comunicare fiducia. Ciò è in netto contrasto con i combattimenti senza Limiti in cui un attaccante non impone alcuna restrizione alla sua azione, sferrando un attacco letale nel caso in cui l’avversario lasci esposto un bersaglio (Blanchard, Blanchard, Takashi & Kelly, 1977; Geist, 1971; Pellis & Pellis, 1992).

Tabella 1 – Un esempio di combattimenti tra animali (adattato da Bekoff & Byers, p.128). Ciò dimostra le principali differenze nelle prestazioni tattiche tra gli animali in un evento di combattimento sportivo o serio. Questa precisazione ci permette anche di riconoscere una differenza tra un’arte marziale sportiva e un’arte marziale di autodifesa. Il primo ha attacchi e difese sequenziali, con una difesa sporadica, mentre i metodi di autodifesa tenteranno di prevenire tutti i rischi e includeranno attacco e difesa simultanei.

Queste definizioni aiutano nella nostra considerazione del combattimento antropomorfo, per cui possiamo combinare i loro temi per generare un modello biologico. Potremmo definire “competitivi” i combattimenti che coinvolgono due attaccanti (che si vogliono imporre), mentre potremmo definire “predativi” i combattimenti che coinvolgono un attaccante (che si vuole imporre) e un difensore. Entrambi questi combattimenti presentano un rischio elevato e nella loro forma più naturale potrebbero essere definiti Senza restrizioni. Implicano tentativi intenzionali di provocare lesioni e potrebbero anche essere definiti “ad alta intensità”. Più in basso nella scala di intensità troviamo combattimenti a bassa intensità, come quelli dei combattimenti tra fratelli, e combattimenti competitivi tra maschi giovani. Questi tipi di combattimenti sono ampiamente utilizzati come campo di addestramento per i comportamenti che potrebbero essere applicati nei combattimenti seri e ad alta intensità.

Utilizzando le descrizioni offerte dagli etologi, possiamo considerare le due forme di combattimento esibite tra gli animali:


1. Il modello predatorio serio – Uno combatte con l’intenzione di nuocere, l’altro si difende e non ha l’intenzione di istigare un combattimento.
2. Il modello competitivo serio – Entrambi combattono sul serio, spesso tra uomini.
a. A guida biologica si chiama Brawling (rissa) o Scrapping (annientamento)
3. Il modello competitivo del gioco – Entrambi hanno intenzione di combattere, ma nel gioco
a. A guida biologica si chiama Tussling (rissa o litigio)

È su questa solida base che possiamo cominciare a mettere insieme i tipi di combattimenti riscontrati tra gli esseri umani.

Continua… Quarta Parte

Che cos’è un arte marziale e Tipologie di Combattimento

Contesti di violenza: Una classificazione del combattimento come predicato per una tipologia di arte marziale (seconda parte)

Continua da Prima Parte

Articolo che illustra il duello tra Ungaretti e Bontempelli, presso Biblioteca nazionale centrale di Roma

Che cos’è un arte marziale?

Con una gamma così diversificata di fattori da considerare, dobbiamo prima iniziare definendo, nei termini più chiari, cos’è un’arte marziale. Armstrong (1988) è già riuscito in qualche modo a definire cosa sia un sistema di combattimento, cioè:

“Un insieme di azioni, tecniche, comportamenti e atteggiamenti organizzati, codificati e ripetibili, la cui funzione primaria prevista e la cui progettazione pianificata devono essere utilizzati in, o come preparazione per, applicazioni di combattimento”.

Questa definizione falsificabile è anche ampiamente citata dagli studiosi, in particolare da Rosenbaum (2004, 16) e Amberger (1996, 69). Tuttavia, laddove Armstrong afferma che questi sono “applicazioni combattive”, non li collega al tipo di combattimenti con cui dovrebbero necessariamente affrontare. Quindi questa definizione dipende da un concetto che non è stato chiarito, all’interno di questa definizione. Nella terminologia di Popper, si tratta di una “definizione ostensiva”. Sembra che ci sia un deficit ricorrente nella definizione delle arti marziali: cos’è il combattimento e quale potrebbe essere il contesto combattivo in cui potrebbero verificarsi queste applicazioni? Dovremmo iniziare il nostro tentativo di Tipologia definendo innanzitutto le circostanze di combattimento delle quali le arti marziali non sono altro che derivati pre-pianificati.

Tipologie di Combattimento

Effettuando un’indagine ponderata sui tipi di combattimenti esistenti, possiamo estrapolare il tipo di sistemi di combattimento che si svilupperebbero da essi. Per ribadire, un sistema è un insieme ideato di soluzioni e applicazioni progettate per un problema specifico (spesso che presenta variabili ad alto rischio). In tal caso, è progettato per aumentare le proprie possibilità e, per quanto riguarda il rischio di combattimento, (come ha affermato Sun Tzu) “mettersi oltre la possibilità di sconfitta”. In tal caso, qualsiasi teoria deve basarsi sull’identificazione dei problemi.

Nella nostra prima sezione, abbiamo identificato due tipi di combattimento, competitivo e predatorio, e da essi abbiamo scoperto una scala che funziona in due direzioni: serietà e gioco sulla “scala di intensità”, e “biologicamente guidata” e “socialmente sanzionata” sulla “scala sanzione/ antropica”. Ciò significa che esistono effettivamente cinque tipi di combattimento:

1. Combattimenti predatori (combattimenti gravi, ruolo di istigatore: con selezione di un avversario a “basso rischio”, ruolo di mitigatore: per superare le circostanze schiaccianti imposte a causa della selezione da parte di un istigatore come “a basso rischio”)

2. Duello (combattimenti seri socialmente sanzionati)

3. Risse (combattimenti seri guidati biologicamente)

4. Sparring (combattimenti di gioco socialmente sanzionati)

5. Risse (combattimenti di gioco guidati biologicamente)

Usando una logica semplice, possiamo dedurre che ciascuno di questi combattimenti potrebbe aver portato all’invenzione di un sistema di combattimento ideato appositamente per far fronte ai problemi e alle circostanze unici di questi combattimenti. Poiché molte società feudali esibiscono duelli istituzionalizzati, possiamo aspettarci sistemi di combattimento ideati per seri combattimenti consensuali tra uomini e, a causa dell’addestramento necessario per tali eventi, potremmo anche trovare questi sistemi utilizzati in eventi ricreativi (come il “corpo a corpo” medievale). ”, “lotta alle barriere” ecc.).

Dall’esistenza di questi tipi di combattimenti, potremmo trovare istituzionalizzazioni di entrambi. Sono stati fatti molti tentativi moderni per classificare le Arti Marziali in determinati gruppi tipologici, i quali hanno tutti ignorato questo scopo della loro esistenza, e utilizzando la loro Eskirmologia come misura della loro rilevanza come Arte Marziale. Ciò evidenzia effettivamente l’esistenza di quella che chiamo “scala di rischio”. Questa scala consiste in combattimenti Ristretti ad un estremo e Combattimenti Illimitati all’altro estremo.

Il combattimento serio porta alla creazione di sistemi di combattimento funzionali progettati per far fronte ai rischi e alle pressioni tipici del combattimento serio. La corsa agli armamenti evolutiva porta alla necessità di potenziamenti sotto forma di armi, nonché di metodi di addestramento per supportare tali obiettivi. Di conseguenza, esistono due tipi di sistema di combattimento funzionale:

• Armato

• Disarmato

Il Play Fighting (combattimento giocato), cioè l’attenuazione del combattimento serio, è stato codificato nei sistemi di combattimento ricreativo. Questi tipi sono spesso storicamente ricondotti a un originale realistico e logico, ma hanno introdotto mezzi per attenuare azioni particolari come risultato della necessità di allenarsi in sicurezza.

Possiamo anche considerare la performance artistica di questi due tipi che io chiamo sequenze “astratte” (Tipo 2 Agonistico). Di per sé non rappresentano sistemi, ma a causa della loro crescente prevalenza nella nostra moderna società postindustriale, devo delineare brevemente anche loro. Faremo un’astrazione pedagogica (come “sequenza-sparring”) il cui focus sarà mostrato a tempo debito.
Utilizzando la nostra tipologia, potremmo quindi considerare le linee temporali sociologiche delle società “primitive”, “preindustriali” e “industriali” al posto di ciò che sappiamo sulla Tipologia. Applicando la tipologia ai periodi storici, possiamo iniziare a riconoscere pressioni distinte in diversi contesti sociali che portano a distinzioni simili nell’enfasi sui sistemi di combattimento funzionali e ricreativi. Permettetemi di illustrarli brevemente di seguito:


1. Funzionale (ideato per il combattimento serio)
A. Armato
B. Disarmato
2. Ricreativo (un risultato dell’addestramento al combattimento serio, nel combattimento giocoso)
A. Armato
B. Disarmato


Le società industrializzate hanno una struttura di classe diversa, ma in definitiva gli stessi componenti. In una società preindustriale troviamo una borghesia ereditaria, il cui ruolo è il controllo della terra, del capitale e la gestione delle classi inferiori. Il loro unico scopo e dovere è acquisire, accumulare, controllare e proteggere le risorse attraverso la guerra. Nella società industrializzata esiste ancora una sottocultura militare, ma tale sottocultura si è espansa democraticamente fino a comprendere chiunque si offra volontario per arruolarsi, e l’ammissione non è più basata sul diritto di nascita o sullo status ereditario. [7]


Gli studiosi moderni hanno compiuto sforzi significativi per spiegare i cambiamenti intervenuti nelle Arti Marziali asiatiche durante il loro periodo di trasformazione in una società industrializzata.

Principalmente, Green e Svinth (2003) hanno offerto uno sguardo alla cultura fisica emergente della Cina (con l’aiuto di Henning, ibid, 13-36) considerando l’impatto e i cambiamenti coinvolti nel passaggio dei sistemi di combattimento preindustriali in una società in via di industrializzazione. Svinth considera anche l’introduzione della boxe occidentale nel Giappone imperialista (ibid, 37-46). Orlando (1997) guardando l’altro lato della medaglia, suggerendo i modi in cui una società già industrializzata, costruita sull’analisi e sullo sviluppo scientifico, può incontrare sistemi di combattimento asiatici basati sulla selezione funzionale pre-scientifica. Il risultato di questa “occidentalizzazione”, come la definisce Lowry (2002), è che alcuni elementi vengono liquidati come arcaici o non scientifici.

Considereremo tutti questi fattori, ma a questo punto dovrebbe essere sufficiente dire che la traduzione dei sistemi orientali in Occidente e dei sistemi occidentali in Oriente evidenzia le differenze principalmente tra le culture nonché gli approcci ai problemi del combattimento. E l’utilizzo di entrambi può solo servire a favorire l’approccio moderno alla comprensione della Logica di Lotta.

Esibizione di Pugilato della Scimmia a Shanghai


È solo dopo aver identificato questo tipo di tipologia dei sistemi di combattimento e averlo applicato a un resoconto storico di come questi tipi di sistemi di combattimento si sono sviluppati in contesti sociologici, che possiamo iniziare a vedere la tipologia della “motivazione” di Bolleli nel suo contesto più appropriato. . Ripensando alla tipologia di Bolleli potremmo quindi affermare che i praticanti dei Sistemi di Combattimento all’interno di una Società Industrializzata e Post-Industrializzata praticano per le seguenti ragioni tipologiche (nel rispetto dei parametri iniziali di Bolleli):


Protezione – apprendere la necessità di autodifesa.
Trascendentalismo – apprendere ai fini del condizionamento biochimico spirituale e mentale
Ricreazione – imparare per l’esperienza competitiva e ricreativa.
Anacronismo/Nostalgia – l’esperienza di pratiche antiquate o fuori moda (in relazione a tecnologie, come le armi), spesso collegate a,
Inculturazione – l’apprendimento di una cultura, o forse l’esperienza di un’altra cultura (cioè una cultura straniera).


All’interno di una società industrializzata, possiamo vedere che il valore di un Sistema di Combattimento non è più vincolato ai valori originali da cui deriva il Sistema. I sistemi di combattimento concepiti per una funzione sono ora definiti più dal loro significato e dai loro benefici che dalla logica della loro invenzione.


La mia considerazione dei Sistemi di Combattimento – essi stessi un’entità composta da un insieme di comportamenti per il combattimento – rimuove le considerazioni sociologiche come classi e gruppi sociali. Questo aspetto sociale è un campo ampiamente esplorato nella ricerca oplologica. Draeger (citato in Donohue e Taylor, 1994, 22) suggerisce una tipologia basata sui gruppi sociali che utilizzano questi particolari sistemi di combattimento. In effetti, non fornisce una vera definizione della tipologia dei Sistemi di Combattimento, ma piuttosto degli aggiustamenti sociali apportati dai due gruppi sociali in base alle loro particolari esigenze per quel Sistema. Sebbene Buckler, Castle, Peters (2009) si rendano conto della “pulizia” di questa tipologia, non riescono a rendersi conto che la sua rilevanza sociale non si presta a una tipologia di sistemi di combattimento. Hanno riferito:


“Draeger ha osservato che entrambi i sistemi coesisteranno nelle culture in cui esiste una classe guerriera ereditaria e una classe civile disarmata”.


Ma ci rimane la domanda; se definiamo Sistemi di Combattimento basati esclusivamente su un dettato sociale, cosa ci resta nelle società che a) sono antecedenti a qualsiasi forma di divisione sociale in questo modo (storicamente parlando), oppure b) quelle società che ancora non presentano forme di divisione sociale? polarizzazione della guerra e dei ruoli civili (ad esempio le tribù dell’Amazzonia o dell’isola di Vanuatu)? Pertanto, qualsiasi tipologia universale non deve basarsi su costrutti sociologici, ma piuttosto sulla sua base funzionale. [8]


Detto ciò, questo aspetto sociale è importante da utilizzare per inquadrare il Sistema di Combattimento nel suo contesto di sviluppo, ma fa poco per informarci sulla tipologia qualitativa del Sistema stesso. Infatti, questo aspetto sociale (oltre che temporale) è importante per riconoscere la differenza tra l’Hoplologismo e lo stesso Sistema di Combattimento.


Poiché Draeger era il moderno progenitore del movimento Hoplologico, è stato descritto come basato esclusivamente su una struttura antropologica. Forse è per questo motivo che basa la sua visione su una visione culturale e sociale essenziale, riconoscendo i Sistemi di Combattimento attraverso le culture che li hanno creati. In altre parole, l’indagine viene effettuata attraverso prospettive antropologiche/sociologiche piuttosto che funzionali.


Il mio approccio, invece, stabilisce un metodo inverso. Esamina i sistemi di combattimento basati su principi filogenici e cibernetici, tentando di identificare se sono conformi ai principi funzionali.

Quando si scopre che elementi del sistema non sono funzionali (o non conformi alla logica del combattimento), si ricorre a fonti sociali e culturali per comprendere il motivo per cui tali decisioni sono state prese e giudicare se tali decisioni fossero basate su principi sociali. piuttosto che dettami funzionali (vale a dire un “modello di rischio”). Possiamo quindi apprezzare che, sebbene l’antropologia sia importante per comprendere le Arti Marziali, essa è incidentale rispetto al Sistema di Combattimento stesso e non ha alcun impatto sull’efficacia di quel sistema come insieme di comportamenti e principi combattivi.


In effetti, le differenze sociali hanno un impatto sulla manifestazione del tipo di sistema di combattimento utilizzato: una classe militare, come il Cavaliere o il Samurai, avrà un accesso significativo ad armi e armature a differenza delle classi inferiori. In tal caso, la Tabella 3 consente alcune importanti differenze, ma queste differenze non definiscono il Sistema di Combattimento, ma piuttosto i vincoli di una classe sociale nella creazione di un Sistema di Combattimento entro la (nei limiti della) propria scala economica.


La posizione sociale e i suoi limiti o vantaggi unici sono un’altra considerazione necessaria di un Sistema di Combattimento. Le persone che creano un Sistema di Combattimento lo genereranno sempre basandosi su:


1. Lo stato del progresso tecnologico nel potenziamento combattivo in quel momento
2. Accesso a tali risorse tecnologiche


Non dovrebbe sorprendere che un gruppo borghese abbia un maggiore accesso alle conquiste tecnologiche in armi e armature e, al contrario, non dovrebbe sorprendere nemmeno che anche il gruppo proletariato abbia un accesso limitato o nullo a tali armi e armature tecnologiche. . Il risultato è che la borghesia dispone spesso di armi e armature create a scopo bellico, sotto forma di spade, lance e armature specializzate. Il proletariato, d’altro canto, crea e pratica anche sistemi di combattimento, ma il loro potenziamento assume la forma di strumenti prontamente disponibili – spesso sotto forma di comuni strumenti agricoli o utensili domestici (a volte modificati). La maggior parte dei gruppi proletari di tutto il mondo esibiscono combattimenti con strumenti non creati per la guerra, ma piuttosto principalmente per l’agricoltura – supportando ulteriormente l’ipotesi che fossero “uomini di lavoro”. Anche strumenti comuni come panche, flauti, ventagli ecc. – tutti gli strumenti con la capacità di essere utilizzati per colpire – sono stati utilizzati nei combattimenti.


Sebbene la posizione sociale abbia rilevanza per l’aspetto del Sistema di Combattimento, può influenzare, ma non direttamente, le complesse decisioni prese nella composizione di un Sistema di Combattimento. Anche la posizione temporale, relativa allo stato di progresso della tecnologia, è una considerazione necessaria nello studio dei sistemi di combattimento. Sapendo che, verso la fine del XIII secolo, l’armatura a piastre complete stava diventando sempre più rilevante sul campo di battaglia europeo causando lo sviluppo di armi più pesanti – e in seguito che la maggiore dipendenza dalle azioni di spinta rispetto a quelle di taglio portò allo sviluppo dello Stocco – significa che possiamo capire qualcosa delle dinamiche richieste ad un Sistema di Combattimento grazie alla forma delle armi utilizzate.


In effetti, esistevano forme ben note e consolidate di esplorazione scientifica delle arti marziali. L’oplologia è forse la più conosciuta. Un pioniere cruciale dell’Oplologia, Don Draeger, perseguì una comprensione attraverso un approccio antropologico. Ha cercato la comprensione attraverso l’osservazione e l’esperienza con le culture che hanno creato i sistemi di combattimento. Draeger lo confermò citando i criteri di F. Parkman e A. Schlesinger (1969, 9). Una comprensione della cultura e della società, tuttavia, non individuerà le variabili di un sistema di combattimento e come tale sistema soddisfi i criteri ambientali (di combattimento) immediati per i quali viene proposto come soluzione adeguata. Contribuirà, tuttavia, a spiegare il motivo per cui sono state selezionate quelle particolari soluzioni.

Continua… Terza Parte

Note

[7] Draeger (1981) e successivamente Armstrong (1986) hanno ricavato quella che io chiamo “tipologia di stratificazione sociale” come tipologia adatta di sistemi di combattimento all’interno della società. Una tale categorizzazione, come quella di Bolleli, non definisce ancora i comportamenti presenti in un Sistema di Combattimento, ma piuttosto rileva le componenti sociali e l’impulso che portano allo sviluppo di particolari Sistemi di Combattimento. Discuteremo queste tipologie nella loro sede pertinente più avanti.


[8] Draeger, e di conseguenza l’Hoplology, persegue una comprensione dei combattimenti umani attraverso un approccio antropologico. Cerca la comprensione attraverso l’osservazione e l’esperienza con le culture che hanno creato i sistemi di combattimento. Draeger lo confermò citando i criteri di F. Parkman e A. Schlesinger (1969, 9). La comprensione della cultura e della società, tuttavia, non individuerà le variabili di un Sistema di Combattimento e come tale sistema soddisfi i criteri ai quali viene proposto come soluzione adeguata. Contribuirà, tuttavia, a spiegare il motivo per cui sono state selezionate quelle particolari soluzioni.