Tradotto da
Les maîtres de silat d’origine chinoise, contribution à l’histoire des arts martiaux dans l’Archipel, di Denys Lombard, in Archipel Année 1977 14 pp. 33-41
Le arti marziali asiatiche, in particolare cinesi, giapponesi e vietnamite, catturano l’attenzione di un numero sempre maggiore di occidentali. Il personaggio di Bruce Lee è diventato un mito e sono numerose le riviste illustrate e le trasmissioni televisive che lo sfruttano. Sebbene ci sia a Parigi una piccola scuola di pencak sïlat, ci vorrà ancora molto tempo affinché le arti marziali indonesiane ottengano lo stesso successo. A questo proposito1 sono state scritte poche cose serie, comparate ad esempio con tutta la letteratura concernente il wayang. Questo accostamento al wayang non è in realtà solo formale; si tratta per noi di fenomeni di importanza comparabile; in un caso come nell’altro, si tratta all’origine di rituali, che esigono l’acquisizione di una scienza (ïlmu) e divenuti poi in parte spettacoli; in un caso come nell’altro, alla rappresentazione propriamente detta si trova legato un immaginario estremamente ricco che serve da repertorio e da sistema di riferimento. Qui si ferma la comparazione. L’universo del Silat non è fatto, come quello del wayang, di gerarchie, di raffinamento e d’accettazione.È un universo di lotta dove si trovano esaltate le tecniche di auto-difesa; è a volte un universo di contestazione, dove i raddrizzatori di torti, i giustizieri, pendekar e jago, prendono la difesa del debole e dell’oppresso e anche un universo di compensazione, dove i disequilibri evidenti della società Reale si trovano come per miracolo corretti. Universi marginali, universi inquietanti, universi “popolari” – che spiega probabilmente che da tempo ci siamo allontanati a favore della “grande tradizione ” Giavanese, ma che ci dovrebbe incitare oggi a moltiplicare gli studi su di essa2. Si tratta del resto di un inchiesta difficile perché gli antichi documenti sono rari e le ricerche attuali limitate a delle descrizioni più o meno precise dei gesti difensivi3; Ora ciò che dovrebbe essere ricostituito è l’ideologia di questi gruppi più o meno contestatari, costituitisi a Java come altrove dalle scuole di sïlat. Le loro origini sono particolarmente oscure; la ricerca futura potrebbe ricondurre alle prime comunità religiose del periodo indo-giavanese , raggruppate ‘nel deserto” attorno alla personalità di un resistente dal potere superumano, come ai collegi (pesantrén) musulmani a cui ne sono in parte derivati e dove l’insegnamento del sïlat continua ad essere regolarmente fatto. Fatto rimarchevole e che noi tratteremo qui, è l’intervento, in un periodo relativamente recente, di una certa influenza cinese. A livello dell’immaginario, la cosa è incontestabile ed è già stata segnalata4. Se l’archetipo del “cavaliere errante” (In Giavanese: satria lelana), che persegue instancabilmente la sua ricerca eterna, è attestata nell’alta epoca (pensiamo ai personnaggi di Bima, di Paîiji, e più recentemente, di Syeikh Amongrogo, gli eroi della Serat Centini), è chiaro che i romanzi “di cappa e spada” cinesi (wu-xia xiao- shuo) tradotti in malese a partire dagli ultimi decenni del diciannovesimo secolo, hanno largamente contributo a rimodellare il carattere ideale del pewdékar. Queste traduzioni, si sa, sono state l’origine della nascita dei tjerita sïlat e i film dei Fratelli Shaw (e di altri produttori di Hong Kong e Singapore) ne sono venuti a prendere la staffetta. È al livello delle tecniche stesse che noi ci situeremo questa volta ricordando qualche fatto che dimostra come le arti marziali cinesi sono state a più riprese praticate e insegnate nell’arcipelago. Un passaggio interessante della Descrizione di Amboina da parte di Valentyn (Oud en Nieuw Oost-Indien, tome II, p. 264) riporta come i Cinesi avevano ” un modo pericoloso di battersi” e come le autorità olandesi si sforzarono di prescrivere questi usi, a partire dalla fine del diciassettesimo secolo. “Non sono per nulla abituati, ci dice il testo, a battersi con coltelli, spade, kriss o pistole, ma provano a portare all’altro, prima che questi non potesse fare lo stesso, uno o due colpi dei loro pugni chiusi, applicati con tutta la forza sotto le piccole costole; La vittima comincia a sputare sangue e se essa non muore, ne soffre per lunghissimo tempo.” I colpevoli, quando sono presi, dovevano pagare una grossa ammenda e perfino essere puniti ancora più severamente; Valentyn cita il caso di una certa vedova cinese che, al tempo di Landvoogd Padbrugge (1683-1687), tentò di salvare suo figlio condannato a morte per aver così ucciso il suo avversario, proponendo il suo peso in oro(zo veel goud dis hy swaar woeg…); la sua richiesta fu rifiutata ed il figlio decapitato… La testimonianza successiva è molto più recente ma più dettagliata. Si tratta della biografia di un maestro di sïlat cinese, originario del Fujian e venuto a stabilirsi a Giava per praticare la sua arte. Nato nel 1854 a Hai-ting, emigrati a Singapore, poi a Giava centrale, Louw Djeng Tie è morto in odore di santità a Parakan nel 1921, dopo aver insegnato la sua scienza a svariati indirizzi ed in scuole (Boe-koan) da lui fondate. Conosciamo la sua storia per due libri comparsi poco dopo la sua morte, il primo scritto nel 1930 da Tjioe Khing Soei ed intitolato: “Storia di Louw Djeng Tie, il capostipite divino d’oro della scuola di Shaolin” (Hikajat Louw Djeng Tie atawa garoeda mas dari tjabang Siao Liem), apparso a Semarang presso Ho Kim Yoe ; Il secondo, riscritto cinque anni più tardi da Liok An Djien ed intitolato: “Due maestri di Silat di Giava”(Doea djago silat di Java), apparso presso lo stesso editore, con un complemento, la biografia di un altro Jago sïlat cinese particolarmente famoso circa nella stessa epoca a Semarang : Be Kang Pien. Anche se un po’ romanzate, queste due opere ci permettono di seguire da vicino la storia di due “maestri” emigrati dalla Cina e integrati nella società Giavanese. La prima parte della biografia di Louw Djeng Tie è particolarmente interessante. Orfano molto presto, cominciò ad apprendere il mestiere con suo fratello maggiore. In seguito questi lo inviò a perfezionare la sua formazione al famoso tempio di Shao-lin (Siauw Lim Sie) nella provincia di Henan dove studiò sei anni, poi a Gu-shan (nel Fujian). Dopo ciò Djeng Tie aprì una scuola a Fuzhou. Andò tutto bene fino al giorno in cui le autorità militari aprirono un concorso per reclutare degli istruttori qualificati; Djeng Tie si presentò e a causa di una perdita di controllo momentanea uccise il suo avversario utilizzando una presa mortale… /Questa è chiaramente una storia agiografica/ Arrivò a fuggire e a scappare dalla polizia, ma dovette esiliarsi. Si imbarcò a Amoy per Singapore. Accolto dalla comunità Hokkien della grande città, trovò un impiego in un negozio cinese e insegnò il sïlat agli impiegati… Dei mercanti venuti da Giava gli parlano allora della prosperità dell’isola e dei grandi Cinesi che ci avevano fatto fortuna. Egli decise di trasferirsi a Batavia e dopo qualche tempo in un negozio di Toko Tiga, si sperimentò nella vendita (berdagang dengen djoeal barang koeUlingan). Dopo un primo fallimento, va a Semarang, poi a Kendal dove vende pesce salato. Secondo fallimento che lo persuade che non è fatto per il commercio; decide quindi di aprire una scuola a Ambarawa e di insegnarvi l’arte marziale, in segreto tuttavia perché ciò è proibito ufficialmente dalla polizia; I suoi primi discepoli sono dei venditori ambulanti cinesi che desiderano potersi difendere dagli attacchi dei banditi ( teroetama marika jangf sering djoealan ka desa2, itoe kepandean ada perloe oentoek mendjaga diri). È allora che ritrova un vecchio fratello giurato che aveva conosciuto al tempio Shaolin, il maestro d’arme Be Kang Pien, lui stesso al servizio del Major cinese di Semarang; L’incarico principale di Be Kang Pien consisteva a scortare la auto incaricata di riscuotere le entrate del monopolio dell’oppio…(pakerdjaannja ini goeroe silat adalah boeat anterken madat dari Semarang ka tempat2 yacht ketjil). Le biografie si soffermano lungamente sulle imprese di Louw Djeng Tie, sul modo in cui mette la sua scienza al servizio del bene e sulla morale con cui forma una pleiade di discepoli; Verso la fine della sua vita, si istalla a Wonosobo, poi a Parakan dove morì nel 1921. Quanto a Be Kang Pien, rientrò a finire i suoi giorni in Cina, dopo che il monopolio dell’oppio fu soppresso.5

Altri segni della presenza cinese di questi maestri d’arme cinesi nell’arcipelago, le pubblicità che alcuni tra loro fecero passare sulla stampa contemporanea; di questo tipo l’annuncio pubblicato dal maestro Khoe Leong Hin 邱龙兴, anche lui vecchio allievo del tempio di Shaolin, nel numero di dicembre 1932 della rivista Moestika Romans6: “Avendo appreso che gli Hoakiao di Batavia si interessano alla scienza del Silat cinese, mi sono detto che dovevo venire qui a proporre le mie linee guida e dimostrare la vera scienza della scuola di Shaolin… Ho già passato otto anni a Medan-Deli e sono felice di poter dire che vi ho ottenuto risultati eccellenti, guarendo e rinvigorendo un buon numero dei miei clienti; ho la speranza di ottenere degli altrettanto buoni risultati in questa città…Tutti coloro che studieranno sotto la mia direzione possono essere sicuri che io mi faccio garante della loro salute; se il buon equilibrio dell’uno con l’altro verranno a trovarsi disturbati, i medicamenti e i trattamenti adeguati saranno forniti gratis…” Segue un elenco di tutte le malattie o gli organi suscettibili di essere guariti dal maestro Khoe Leong Hin, cosa che dimostra che la scienza del Silat va di pari passo con certe conoscenze anatomiche e medicali…

Ancora più ravvicinato a noi, è possibile citare le opere del maestro Liem Yoe Kiong, che negli anni 60 terrà un corso ufficiale di sïlat nel quadro dell’Università Pajajaran di Bandung, del suo Saoling Toanta, Intisari llmu Silat Saoling Pay ovvero “essenziale di sïlat della scuola Shaolin”, e soprattutto del suo llmu sïlat, Sedjarah Théorie dan Practyk7 che comporta un interessante parte storica. Il maestro Liem distingue quattro “scuole” differenti a cui da curiosamente il nome di mazhab (che nell’Islam designa il “rito” o piuttosto la “scuola giuridica”). La scuola più antica che egli battezza mazhab Conservatore, pensa sia stata rappresentata dai primi maestri cinesi arrivati nell’arcipelago; certi vendevano dei rimedi, altri mostravano a loro volta dei trucchi di prestigio, ma la maggior parte scortava dei convogli; dopo un primo periodo itinerante, la maggior parte di loro si insediarono autonomamente e aprirono una scuola (perguruan silat). Questo tipo di scuole era: Caratterizzato per l’uso del segreto e interdiceva tutte le rappresentazioni pubbliche (tidak boleh pâmer); L’insegnamento era molto lungo e strettamente progressivo;Ogni nuova presa era insegnata gradualmente ed in maniera misurata ed i debuttanti non potevano assistere all’allenamento dei loro avanzati. Dal punto di vista della tecnica, il controllo delle gambe era considerato essenziale; Si apprendeva innanzitutto a “radicarsi” e a resistere a tutti i colpi (kuda- kuda o tecniche dei membri infériori) e si passava agli arti superiori solo in un secondo tempo. Da questa epoca si effettuò una certa fusione in certi punti tra le tecniche propriamente indonesiane del pencak ed il maestro Liem cita il caso di Indramayu, dove un certo Mustara aveva assimilato alcune tecniche cinesi che aveva appreso da un maestro di origine Hakka ed aveva sviluppato uno stile originale (c. 1910)8. A partire dagli anni 20, questo stile tradizionale entrò in concorrenza con uno stile nuovo considerato più avanzato (mazhab progressivo); questa tendenza moderna fu importata da un gruppo di nuovi maestri riuniti attorno alla figura di Chi Hsio Foo. Tutti avevano studiato presso il Hua-shan (nello Shan-xi) e formavano probabilmente una sorta di confraternita. Al contrario dei loro predecessori, essi pensavano che il segreto non era necessario; moltiplicarono le dimostrazioni pubbliche cosa che non mancò di attirargli più numerosi clienti e resero più facile l’accesso alla loro scienza. L’insegnamento fu semplificato e accelerato; la durata media fu riportata a tre anni, parecchi movimenti furono insegnati nello stesso tempo e i kuda- kudanon furono più privilegi esclusivi a discapito dei kem- bangan o movimenti di braccio. In generale, la scienza del Silat era considerata non solo come un arte marziale ma anche come uno sport suscettibile di sviluppare l’armonia del corpo. Questo nuovo stile non mancò di suscitare l’opposizione dei sostenitori dello stile antico ed il conflitto durò fino alla vigilia della Guerra del Pacifico. L’occupazione giapponese favorirà un certo sviluppo del sïlat; la tendenza era in effetti al tempo stesso verso lo sviluppo dei comportamenti marziali ed al ritorno ad antiche forme d’arti asiatiche. Due nuovi mazhab videro allora il giorno: il mazhab liberale et le mazhab razionale. L’uno e l’altro si caratterizzavano per una tendenza al sincretismo: fusione delle tecniche importate dai maestri della Hua-shan con il pencak locale, il jiu-jitsu di importazione giapponese, ed anche il pugilato. La tendenza all’esoterismo, manifestata già dai sostenitori del mazhab progressivo non fece che specificarsi maggiormente; Il mazhab liberale ridusse l’insegnamento di base a qualche mese, il mazhab razionale che si inginocchiava al ricorso ad una interpretazione scientifica lo limitò a un anno e mezzo. Secondo il maestro Liem9, il mazhab conservativo stava perdendo vitalità e il mazhab razionale che stava facendo il suo ingresso ufficiale tra i corsi della Università di Pajajaran, era al contrario destinato all’avvenire più brillante. In mancanza di documenti precisi, è difficile fare il punto oggi10; il sincretismo, in corso dopo l’epoca giapponese, senza dubbio si è intensificato e le “tecniche” portate precedentemente da Louw Djeng Tie o Chi Hsio Foo si trovano probabilmente integrate nel sapere collettivo di questa o quell’altra scuola indonesiana.
NOTE
1Th Pigeaud gli dedica qualche breve sviluppo nella sua opera classica: Javaanse Volksvertoningen, Batavia, Volkslectuur, 1938 ; cf index s.v. silat.
2M. Bonneff ha fatto un eccellente analisi della mitologia del Silat come appare a livello dei fumetti (vedi il suo studio Fumetti Indonesiani, Paris, Puyraimond, 1976); è il punto di partenza che ci deve portare a spingere l’analisi più avanti.
3Esistono un numero piuttosto grande di fascicoli indonesiani, tutti progettati come manuali più o meno complicati. Tra le opere che cominciano a comparire sulla questione, citiamo: H. Alexander, Q. Chambers & D.F. Draeger, Pentiak-Silat The Indonesian Fighting Art, Kodansha International, Tokyo, New York & San Francisco, 14S p. ( Molto superficiale e senza considerazioni storiche).
4Vedere Cl. e D. Lombard-Salmon, “Les traductions de romans chinois en malais (1880-1930)” in Lafont & Lombard éd. Littératures contemporaines d’Asie du Sud-est, Paris, Asiathèque, 1974, p. 189-190 ; vedere anche il nostro articolo “De la signification du film silat”, Archipel 5, 1973, pp. 213-230.
5 La letteratura sino-malese di questo periodo comprende qualche altra opera dove si fa allusione a dei maestri d’arme cinesi operanti nell’arcipelago; citiamo per esempio Badjak toewa dari Bengawan Solo “Le vieux pirate du B.S.” par Tjoe-Kat Liang (Boelan Poernama n° 23, april 1931, Bandung). Ma si tratta di romanzi.
6la rivista Moestika Panorama fu fondata dal grande scrittore Kwee Tek Hoay nel 1930 e prese il nome Moestika Romam nel 1932 ; la pubblicità concernente Khoe Leong Hin si trova alla pag. 28 del numero in questione.
7Sh. (abbreviazione di Shi-fu “maestro”) Liem Yoe Kiong, docente FKIP Universitas Padjadjaran, llmu Silat, Sedjarah Théorie dan Praktyk, Malang Penjedar, 1960 ; 236 p. Noi abbiamo consultato la copia della Fondation Idayu de Jakarta-
8op. cit. p. 57 : “Disamping itu ada pula penduduk pribumi jang menaruh per- hatian akan ilmu silat ini, misalnya Moestara dari Indramaju jang mewarisi ilmu pendjaga diri ini dari seorang Chunghua totok; berasal dari Chungkuo selatan, seorang Khe Ren. Pada setengah abad berselang Moestara telah mengadjar ilmu silat jang diperolehnja itu dan ditjampur dengan pentjak silat jang telah difaham- kan terlebih dulu. Terdjadilah acculturatie procès jang hasiloja dapat dinikmati oleh segenap peminat2nja dikota tersebut”.
9op. cit. p. 63: “Mazhab Conservatief makin lama makin mundur…”
10nel 1974 si apprende dalla stampa che lo scrittore Giavanese W.S. Rendra, lui stesso “maestro” di un piccolo gruppo di intellettuali e artisti marginali, seguiva a Bogor gli insegnamenti di un maestro di origine cinese, con il nome indonesiano di Subur Rahardja ; la scuola era designata con il nome di Persatuan Gerak Badan Bangau Putih o “Associazione di movimenti ginnici della Gru Bianca”.